ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  quinto
 comma,  del  d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello
 Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso
 della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini
 con la  pubblica  amministrazione  e  nei  procedimenti  giudiziari),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  4  novembre 1993 dal Pretore di
 Bolzano nel procedimento penale a carico di Oberrauch Anton, iscritta
 al n. 174 del registro ordinanze 1994  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  15,  prima serie speciale dell'anno
 1994;
    Visti gli atti di intervento di Coran Francesco e della  Provincia
 di Bolzano, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
 dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice
 relatore Enzo Cheli.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del  procedimento  penale  a  carico  di  Oberrauch
 Anton,   imputato   del   reato   di   scarico   oltre  i  limiti  di
 accettabilita', il Pretore di Bolzano, con ordinanza adottata in data
 4 novembre 1993 (R.O. n. 174 del 1994),  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 15, quinto comma,
 del  d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello Statuto
 speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di  uso  della
 lingua  tedesca  e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con
 la  pubblica  amministrazione  e  nei  procedimenti  giudiziari), per
 violazione degli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  dal  momento  che
 tale  norma  consente  ai  soli difensori di fiducia - e non anche ai
 difensori d'ufficio - di madrelingua diversa da quella  del  processo
 di  svolgere  nella  propria  lingua  gli  interventi  orali  per  la
 risoluzione di questioni pregiudiziali e  per  l'illustrazione  della
 difesa, con verbalizzazione nella lingua del processo.
    Risulta   dall'ordinanza   che   il   processo,  nella  contumacia
 dell'imputato, si svolgeva in lingua tedesca, quale  lingua  presunta
 dell'imputato  individuata  in  base  alla notoria appartenenza dello
 stesso  al  gruppo  linguistico  tedesco,  secondo  quanto   previsto
 dall'art.  15,  primo  comma,  del  d.P.R.  n. 574 del 1988, e che il
 difensore   d'ufficio,   avv.   Francesco   Coran,   aveva   eccepito
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  quinto  comma,  del
 d.P.R. n. 574 del 1988, senza procedere alla illustrazione del merito
 della difesa.
    Il Pretore - dopo aver rilevato che  la  norma  impugnata  non  e'
 suscettibile  di  applicazione analogica ai difensori d'ufficio, data
 la sua natura eccezionale rispetto alla regola  generale  secondo  la
 quale  tutti gli atti processuali devono essere posti in essere nella
 lingua del processo -  ha  ritenuto  la  questione  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata,  dal  momento che l'art. 15, quinto comma,
 del d.P.R. n. 574 del 1988 prevederebbe, senza alcuna giustificazione
 razionale, un trattamento  differenziato  per  situazioni  identiche,
 quali  quella del difensore di fiducia e del difensore d'ufficio, di-
 verse solo per la fonte del "potere difensivo", cosi' violando l'art.
 3 della Costituzione. Risulterebbe, inoltre, violato l'art. 24  della
 Costituzione  essendo  imposto  al  difensore  di ufficio l'uso della
 lingua del processo senza consentirgli  quella  scelta  conferita  al
 difensore   di   fiducia   proprio  per  garantire  l'effettivita'  e
 l'efficacia dell'intervento difensivo.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per l'infondatezza della questione.
    Dopo aver messo in risalto che nel  d.P.R.  n.  574  del  1988  la
 lingua  del  processo e' individuata in relazione alla lingua materna
 dichiarata o  presunta  dell'imputato,  l'Avvocatura  rileva  che  le
 situazioni del difensore di fiducia e d'ufficio non possono ritenersi
 comparabili.
    Secondo  la  difesa  dello Stato la norma impugnata assicurerebbe,
 infatti, l'effettivita' del diritto di difesa sotto il profilo  della
 liberta'  dell'imputato  di scegliere il difensore anche in un gruppo
 linguistico diverso dal proprio, mentre non potrebbe essere  invocata
 a  favore  del difensore d'ufficio, la scelta del quale puo' avvenire
 con modalita' tali da garantire  la  nomina  di  un  difensore  della
 stessa   madrelingua  dell'imputato.  A  tal  proposito  l'Avvocatura
 prospetta l'applicabilita' alla fattispecie in  esame  dell'art.  26,
 secondo  comma,  delle  norme di attuazione del c.p.p. (approvate con
 d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271) in base al quale, nei procedimenti nei
 confronti di  appartenenti  a  minoranze  linguistiche  riconosciute,
 l'autorita'  giudiziaria,  nell'individuare  il difensore d'ufficio o
 nel designare il sostituto del difensore a norma dell'art. 97, quarto
 comma c.p.p., tiene conto, al fine di assicurare l'effettivita' della
 difesa, dell'appartenenza etnica o linguistica dell'imputato.
    3.  -  E'  intervenuto  anche  l'avv.  Francesco  Coran, difensore
 d'ufficio  nel  giudizio  a  quo,  chiedendo   l'accoglimento   della
 questione di legittimita' costituzionale.
    Nella memoria, depositata in prossimita' dell'udienza, si sostiene
 che  nel  concetto  di "parte" andrebbe ricompreso anche il difensore
 dell'imputato e che, nella specie, si discute della costituzionalita'
 di una norma che riguarda specificamente il difensore.
    Quanto al merito, nella memoria sono sviluppate le  censure  rela-
 tive  agli  artt.  3  e  24  della Costituzione e vengono prospettati
 ulteriori profili di illegittimita' con riferimento agli artt. 2 e  4
 della Costituzione.
    4.  - In data 9 novembre 1994, la Provincia autonoma di Bolzano ha
 depositato  un  atto  di  intervento,  chiedendo  di  respingere   la
 questione di costituzionalita'.
    Dopo  aver  affermato  l'ammissibilita' del proprio intervento, in
 relazione alla natura della norma impugnata - che  ha  concorso  alla
 definizione   dell'autonomia   regionale  e  provinciale  -  ed  aver
 giustificato la  tardivita'  dello  stesso  quale  conseguenza  della
 mancata  notifica  della ordinanza di rimessione, la Provincia rileva
 che la norma impugnata  e'  stata  posta  a  favore  dell'indagato  e
 dell'imputato   e   non  del  difensore  di  ufficio  e  che  proprio
 l'estensione a quest'ultimo della facolta' prevista per il  difensore
 di fiducia verrebbe a integrare una violazione del diritto di difesa,
 consentendo  la  nomina di difensori di ufficio non in grado di usare
 la lingua del processo. Ad avviso  della  Provincia  tale  estensione
 verrebbe  anche  a  determinare  una  violazione  dell'art.  6  della
 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
 liberta' fondamentali.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Bolzano dubita, in relazione agli artt. 3 e  24
 della  Costituzione,  della legittimita' costituzionale dell'art. 15,
 quinto comma, del d.P.R. 15 luglio  1988,  n.  574,  in  quanto  tale
 disposizione  consente  ai soli difensori di fiducia - e non anche ai
 difensori d'ufficio - di madrelingua diversa da quella del  processo,
 di  svolgere  nella  propria  lingua  gli  interventi  orali  per  la
 risoluzione di questioni pregiudiziali e  per  l'illustrazione  della
 difesa, con verbalizzazione nella lingua del processo.
    2.  -  Deve  preliminarmente  essere  dichiarata l'irricevibilita'
 dell'atto di intervento della Provincia autonoma di Bolzano in quanto
 depositato oltre il termine previsto dagli artt. 25  della  legge  11
 marzo  1953, n. 87, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale. Ne' la tardivita' potrebbe essere  sanata,
 come la Provincia richiede, tenendo conto della mancata notifica alla
 stessa Provincia dell'ordinanza di rimessione, dal momento che, nella
 specie,   non   essendo  in  questione  una  legge  provinciale,  non
 sussisteva, ai sensi dell'art. 23 della legge  n.  87  del  1953,  un
 obbligo  di  notifica  di  tale  ordinanza al Presidente della Giunta
 provinciale.
    Deve,  inoltre,  essere  dichiarato   inammissibile   l'intervento
 dell'avv.  Francesco  Coran,  difensore  d'ufficio  dell'imputato nel
 giudizio  principale,  dal  momento  che  il  difensore  si  viene  a
 qualificare  come  rappresentante  della parte e non come parte dello
 stesso giudizio.
    3. - La questione non e' fondata.
    L'ordinanza  di  rimessione muove dal presupposto che, nelle norme
 di attuazione dello Statuto speciale  per  la  Regione  Trentino-Alto
 Adige  in materia di uso della lingua nei procedimenti giudiziari, le
 posizioni del difensore di fiducia e del  difensore  d'ufficio  siano
 identiche.  Su  tale premessa il giudice a quo fonda la censura della
 norma impugnata, dal  momento  che  la  stessa  consentirebbe,  senza
 alcuna  giustificazione  razionale,  un  trattamento differenziato di
 situazioni   identiche,   non   garantendo    altresi'    l'efficacia
 dell'intervento del difensore d'ufficio.
    Tale premessa non puo' essere condivisa per due ordini di ragioni:
 in  primo  luogo,  perche'  non tiene conto della ratio dell'art. 15,
 quinto comma, del d.P.R. n. 574 del 1988, quale si desume dall'intero
 contesto della disciplina speciale; in  secondo  luogo,  perche'  non
 attribuisce  adeguato  rilievo alle norme successivamente introdotte,
 in tema di lingua degli atti del processo penale, dal nuovo codice di
 procedura penale (d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447) e dalle  relative
 disposizioni di attuazione (d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271).
    4.  -  Il  d.P.R.  n.  574  del 1988, nel disciplinare l'uso della
 lingua nel processo penale da parte  dei  cittadini  appartenenti  al
 gruppo  linguistico tedesco, ha posto al centro del sistema la tutela
 dell'imputato. Infatti, la lingua da usare per gli  atti  processuali
 e'   quella   materna,  che  puo'  essere  dichiarata  dalla  persona
 inquisita, ovvero individuata in via presuntiva in base alla  notoria
 appartenenza al gruppo linguistico e ad altri elementi gia' acquisiti
 al  processo  (artt. 14 e 15 d.P.R. n. 574). L'imputato puo' inoltre,
 nei casi e modi disciplinati,  "decidere  che  il  processo  prosegua
 nell'altra lingua" (art. 17 d.P.R. n. 574).
    La  disciplina  descritta,  non  imponendo  agli appartenenti alla
 minoranza linguistica di usare nel processo  una  lingua  diversa  da
 quella  materna,  attua  nel processo penale la tutela del patrimonio
 culturale della stessa minoranza,  tutela  riconosciuta  dall'art.  6
 della Costituzione, nonche' dall'art. 100, primo comma, dello Statuto
 speciale del Trentino-Alto Adige.
    La  facolta'  di  scelta  della  lingua  del  processo come lingua
 diversa da quella materna, attribuita all'imputato dall'art.  17  del
 d.P.R. n. 574 a chiusura della disciplina generale, raccorda, d'altro
 canto,  la  tutela  dell'imputato,  quale appartenente alla minoranza
 linguistica, alla tutela connessa alla garanzia,  prevista  dall'art.
 24 Cost., del diritto di difesa anche come difesa tecnica. Attraverso
 la disciplina posta con il d.P.R. n. 574 risulta, infatti, assicurata
 all'imputato la liberta' di scegliere il proprio avvocato anche in un
 gruppo  linguistico  diverso  da  quello  di appartenenza, potendo la
 scelta della lingua del  processo  essere  fatta  in  funzione  delle
 esigenze della difesa tecnica.
    Allo  stesso  modo  la  norma  impugnata  -  consentendo  solo  al
 difensore di fiducia di madrelingua diversa da quella del processo di
 svolgere interventi orali nella propria lingua,  con  verbalizzazione
 nella  lingua  del  processo  -  collega  il  complesso  di norme che
 individuano la lingua del processo  nella  madrelingua  dell'imputato
 con   la  tutela  costituzionale  del  diritto  di  difesa,  rendendo
 possibile la scelta del difensore in un gruppo linguistico diverso da
 quello di appartenenza anche quando, nella  ponderazione  dei  propri
 interessi,  l'imputato  ritenga  di  non  esercitare  la  piu'  ampia
 facolta' di variazione della lingua del processo di cui  all'art.  17
 citato.
    Resta,   peraltro,  innegabile  che  l'effettivita'  della  difesa
 tecnica puo' conseguire la sua realizzazione migliore ove  la  lingua
 del  processo  venga a coincidere sia con la lingua dell'imputato che
 con quella del difensore. Tale principio, nella  speciale  disciplina
 posta dal d.P.R. n. 574 a tutela della minoranza tedesca, puo' essere
 derogato,  ma  solo  in  relazione  all'esigenza  di  garantire  piu'
 intensamente il diritto di difesa,  consentendo  all'interessato  una
 piu'  ampia  liberta'  nella  scelta  del proprio difensore. Ipotesi,
 questa, che non ricorre ove  la  scelta  manchi  e  si  proceda  alla
 designazione di un difensore di ufficio.
    5.  -  A  questo  va  aggiunto che l'art. 26, secondo comma, delle
 norme di attuazione del nuovo codice di procedura penale  (d.P.R.  n.
 271   del  1989)  prevede  che  nei  procedimenti  nei  confronti  di
 appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute  di  cui  all'art.
 109,  secondo  comma,  dello  stesso  codice, l'autorita' giudiziaria
 debba tener conto, nell'individuare  il  difensore  d'ufficio  o  nel
 designare  il  sostituto  del  difensore a norma dell'art. 97, quarto
 comma c.p.p., dell'appartenenza etnica  o  linguistica  dell'imputato
 quando cio' serva ad assicurare l'effettivita' della difesa.
    Tale  disposizione,  posta  per  garantire  a  tutti  i  cittadini
 appartenenti a minoranze linguistiche riconosciute  l'effettivita'  e
 l'efficacia  della difesa tecnica, quando la scelta del difensore non
 sia stata effettuata dalla parte interessata,  non  puo'  non  valere
 anche  per  i  cittadini  appartenenti  al gruppo linguistico tedesco
 della Provincia di Bolzano (v., in questo senso la sent. n.  271  del
 1994,  che  ha  riconosciuto  l'applicabilita' ai cittadini di lingua
 tedesca della Provincia di Bolzano, dell'art.   109,  secondo  comma,
 del nuovo codice di procedura penale).
    Con   riferimento  alla  fattispecie  in  esame  occorre,  dunque,
 riconoscere  che  anche  nel  caso  di  appartenenti  alla  minoranza
 linguistica  tedesca,  l'autorita'  giudiziaria,  quando si tratti di
 garantire l'effettivita' della difesa, e' tenuta a nominare, ai sensi
 dell'art. 26 del d.P.R. n. 271 del  1989,  un  difensore  di  ufficio
 della stessa madrelingua dell'imputato.