ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2043, 2051, e
 1227,  primo  comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa
 il 7 aprile  1994  dal  Pretore  di  Lecce  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  Gigante  Anna,  in  proprio e nella qualita' di legale
 rappresentante della figlia minore Melcarne Sara, e l'Amministrazione
 provinciale di Lecce, iscritta al n. 353 del registro ordinanze  1994
 e  pubblicata  nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 26, prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 7 aprile 1994 il  Pretore  di
 Lecce  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3, 24 e 97 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2043
 c.c., "ove interpretato nel senso che l'inerzia  colposa  della  p.a.
 atta  a creare o non rimuovere situazioni di pericolo non e' causa di
 responsabilita' della stessa, nel caso in cui non si sia in  presenza
 di  una  situazione di pericolo insidiosa"; dell'art. 2051 c.c., "ove
 interpretato nel senso che non sia applicabile anche alla P.A. per  i
 beni demaniali soggetti ad uso ordinario, generale e diretto da parte
 dei   cittadini";   e   dell'art.   1227,  primo  comma,  c.c.,  "ove
 interpretato nel senso di escludere, in presenza  di  un'insidia,  un
 accertamento   del   concorso   di   colpa   del  danneggiato  e  del
 responsabile";
      che,   secondo   il    giudice    a    quo,    l'interpretazione
 giurisprudenzialeche esclude la responsabilita' della p.a. in caso di
 insidia   visibile   e   prevedibile  potrebbe  fornire  un  supporto
 all'inerzia di  quest'ultima  in  violazione  del  precetto  di  buon
 andamento;
      che,  inoltre,  non  sarebbe  richiesta  alla  p.a.  neppure  la
 dimostrazione che all'origine del pericolo vi siano state circostanze
 non  tempestivamente  evitabili  e/o  segnalabili,  con   conseguenti
 difficolta'   processuali   per  il  danneggiato,  tenuto  a  provare
 l'imprevedibilita' dell'insidia, mentre, per  converso,  quest'ultimo
 non   sarebbe   mai   riconosciuto   come   concorrente  nella  colpa
 eventualmente accertata a carico della p.a.;
      che, infine, ad avviso del Pretore remittente, i proprietari  di
 strade private sarebbero gravati da una piu' marcata responsabilita',
 in quanto chiamati a rispondere a titolo di custodia;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per l'inammissibilita' o comunque per l'infondatezza della questione.
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  dubita  della  legittimita'
 costituzionale,    non     delle     denunziate     norme,     bensi'
 dell'interpretazione che di esse verrebbe data in giurisprudenza;
      che  tale  interpretazione egli non fa propria ma, al contrario,
 la considera come effetto di deviazione da un  corretto  procedimento
 ermeneutico,  comportante  la  "pratica  .. disapplicazione di alcune
 norme fondamentali sulla disciplina dell'illecito extracontrattuale",
 e non manca poi di osservare - ricordando quanto questa Corte ha piu'
 volte avuto occasione di precisare -  che  "tra  due  interpretazioni
 d'un  testo  di  legge,  l'una conforme e l'altra contrastante con la
 Costituzione, deve sempre preferirsi la prima";
      che pertanto la prospettazione, essenzialmente ipotetica, appare
 articolata come un quesito interpretativo e  legata  ad  una  lettura
 incompleta della giurisprudenza;
      che   il   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  non  puo'
 conseguentemente essere ammesso;
    Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953,  n.  87  e  9  delle
 norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;