ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 22
 giugno 1988, n. 221  (provvedimenti  a  favore  del  personale  delle
 cancellerie e segreterie giudiziarie), come interpretato dall'art. 3,
 sessantunesimo   comma,   della   legge  24  dicembre  1993,  n.  537
 (interventi  correttivi  di  finanza  pubblica),  promossi  con   due
 ordinanze  emesse  il  13  luglio  e il 2 febbraio 1994 dal Tribunale
 amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi proposti  da  Giuseppa
 Abatini  ed  altri contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed
 altri e da Carlo Santella ed altri contro il Ministero  di  grazia  e
 giustizia  ed  altri,  iscritte  rispettivamente ai nn. 656 e 701 del
 registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica nn. 46 e 49, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  dell'8  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
    Ritenuto  che,  nel  corso di altrettanti procedimenti promossi da
 dipendenti del  Ministero  di  grazia  e  giustizia  e  da  personale
 amministrativo    in   servizio   presso   organi   della   giustizia
 amministrativa, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio,  con
 due  distinte  ordinanze di identico contenuto emesse il 13 luglio ed
 il 2 febbraio 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  36
 della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 1 della legge 22  giugno  1988,  n.  221  (provvedimenti  a
 favore  del  personale  delle  cancellerie e segreterie giudiziarie),
 come interpretato dall'art. 3, sessantunesimo comma, della  legge  24
 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica);
      che l'art. 3, sessantunesimo comma, della legge n. 537 del 1993,
 autoqualificandosi    come    norma   interpretativa,   prevede   che
 l'indennita'  concessa  dalla  legge  19  febbraio  1981,  n.  27  ai
 magistrati  ed  attribuita dall'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n.
 221 al personale delle cancellerie  e  delle  segreterie  giudiziarie
 (successivamente    estesa    al   personale   amministrativo   delle
 magistrature speciali dalla legge  15  febbraio  1989,  n.  51),  sia
 corrisposta  al  personale  amministrativo  giudiziario  nella misura
 vigente al 1 gennaio 1988, senza l'adeguamento  automatico  triennale
 stabilito per i magistrati;
      che    le    ordinanze   di   rimessione,   nel   rilevare   che
 l'interpretazione autentica dettata dalla norma impugnata si discosta
 dalla costante lettura giurisprudenziale, prospettano  il  dubbio  di
 legittimita'  costituzionale  in quanto l'esclusione dell'adeguamento
 triennale sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza  (art.
 3 della Costituzione), determinando una non ragionevole disparita' di
 trattamento  tra  magistrati  e personale di cancelleria e segreteria
 nei meccanismi di calcolo di una analoga indennita'. Inoltre  sarebbe
 leso   il   principio   di   adeguatezza   e  proporzionalita'  della
 retribuzione (art. 36 della Costituzione), giacche'  l'indennita'  e'
 da  tempo  componente  del trattamento economico del personale che ne
 beneficia;
      che in entrambi i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, che ha concluso per la  manifesta  infondatezza
 delle questioni;
    Considerato  che  le  ordinanze di rimessione hanno per oggetto la
 stessa  norma  e  prospettano  i  medesimi  profili  di  legittimita'
 costituzionale, sicche' i giudizi vanno riuniti per essere decisi con
 unica pronuncia;
      che identiche questioni di legittimita' costituzionale sono gia'
 state  esaminate  e  dichiarate non fondate con la sentenza n. 15 del
 1995, che ha ritenuto non  irragionevole  la  mancata  estensione  al
 personale  amministrativo  del  meccanismo  di adeguamento automatico
 previsto per i magistrati, data la mancanza di omogeneita' tra le due
 categorie di dipendenti e le diverse modalita' di determinazione  del
 loro    trattamento    retributivo,   basato,   per   i   magistrati,
 sull'aggiornamento periodico nella misura percentuale pari alla media
 degli incrementi realizzati  dai  pubblici  dipendenti  e  non  sulle
 regole  comuni  del  pubblico  impiego,  che  si  applicano invece al
 personale   amministrativo   giudiziario.  Inoltre  il  principio  di
 proporzionalita'  e  sufficienza  della  retribuzione   non   implica
 l'indicizzazione  della  retribuzione,  che  deve essere in ogni caso
 valutata nel  suo  complesso  e  non  con  riferimento  ad  una  sola
 indennita', che concorre a comporre il trattamento retributivo;
      che le ordinanze introduttive del presente giudizio non adducono
 motivazioni  diverse  ed  ulteriori  rispetto a quelle gia' esaminate
 dalla Corte;
      che,   conseguentemente,   le    questioni    di    legittimita'
 costituzionale devono essere dichiarate manifestamente infondate;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.