ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 2126 e 2129
 del codice civile e dell'art. 29 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n.  761
 (Stato  giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), quale
 integrato interpretativamente con gli artt. 36 della  Costituzione  e
 2126  del  codice  civile,  promossi  con  due  ordinanze emesse il 4
 novembre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo  -
 Sezione  distaccata  di  Pescara  sui  ricorsi  proposti  da  Ciofani
 Florindo contro la USL n. 12 di Popoli e da Perenich  Giorgio  contro
 la  USL  di  Ortona  iscritte ai nn. 587 e 588 del registro ordinanze
 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  41,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto di costituzione di Ciofani Florindo nonche' gli atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1995 il  Giudice  relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  l'avv.  Antonio  Funari  per  Ciofani Florindo e l'Avvocato
 dello Stato Giuseppe O. Russo per il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.1.  -  Nel  corso  di  un giudizio promosso da Florindo Ciofani,
 coadiutore sanitario, contro la U.S.L.  di  Popoli  per  ottenere  la
 differenza  di  trattamento  economico  spettantegli in ragione delle
 mansioni superiori di dirigente sanitario svolte dal 7 aprile 1981 al
 17 dicembre 1987, e di responsabile del servizio  veterinario  dal  7
 agosto  1987  al  17  marzo  1988,  il  TAR  per  l'Abruzzo - Sezione
 distaccata di Pescara, con ordinanza del 4 novembre  1993  (pervenuta
 alla  Corte  costituzionale  l'8  settembre  1994)  ha  sollevato, in
 riferimento   all'art.   97   Cost.,   questione   di    legittimita'
 costituzionale   degli   artt.   2126   e   2129   c.c.  "considerati
 singolarmente e/o nella loro interazione" in quanto applicabili anche
 all'impiego pubblico, nella parte  in  cui  non  prevedono  per  tale
 settore limiti di operativita' temporale.
    Pur  non  ignorando le ordinanze nn. 337 del 1993 e 12 del 1994 di
 questa Corte, che hanno affrontato la medesima questione, il  giudice
 remittente ripropone i sospetti di incostituzionalita' alimentati, in
 particolare,  dalle possibilita' di abusi connesse all'art. 2126 c.c.
 nel settore del  pubblico  impiego.  Non  valgono  a  dissipare  tali
 sospetti  la  considerazione  che  gli  abusi  sono  sanzionati dalla
 responsabilita' (disciplinare e patrimoniale) del dirigente  preposto
 all'organizzazione  del lavoro, ne' l'inapplicabilita' dell'art. 2126
 quando sia dimostrata la partecipazione del dipendente  all'illecito.
 L'art.   97   Cost.   esige  che  la  disciplina  dell'organizzazione
 dell'Amministrazione  assicuri,  nei   limiti   del   possibile,   la
 correttezza  ed  imparzialita'  dell'azione  gia'  in via preventiva.
 D'altra parte  la  conformita'  all'art.  97  Cost.  va  saggiata  in
 astratto,  indipendentemente  dai  dati  della  fattispecie concreta,
 sicche'   "se   una   norma   non   ha   diritto   di    cittadinanza
 nell'ordinamento,  deve essere espunta dallo stesso e quindi non puo'
 trovare applicazione in futuro nei  casi  concreti,  ancorche'  negli
 stessi non ricorrano effettivamente le ragioni dell'espunzione".
    In quanto non prevedono condizioni e limiti di applicabilita', gli
 artt.  2126  e  2129  favoriscono  pratiche nepotistiche, e comunque,
 eludendo  il  controllo  del  pubblico   concorso,   non   assicurano
 l'adeguata  professionalita'  di  coloro  che  vengono  trasferiti  a
 mansioni superiori.
    1.2.   -   Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato
 dall'Avvocatura   dello   Stato,   chiedendo  che  la  questione  sia
 dichiarata  inammissibile  per  difetto  di  rilevanza.  Invero,  nel
 giudizio  a  quo non e' risultato che l'assegnazione del dipendente a
 funzioni superiori sia dipesa da meri interessi  personali,  ne'  che
 sia  stato  frutto  di  un  abuso, sicche' la lite puo' essere decisa
 indipendentemente dalla pronuncia  di  questa  Corte.  Del  resto  il
 giudice  remittente,  ha ammesso l'astrattezza della questione, ma ha
 ritenuto ugualmente di promuovere lo scrutinio di  costituzionalita'.
 La questione e' comunque infondata poiche' le disposizioni denunciate
 sono  del  tutto  conformi  all'art. 36 Cost., come gia' affermato da
 questa Corte in precedenti decisioni.
    1.3. - Si e' costituito il ricorrente chiedendo che  la  questione
 sia  dichiarata inammissibile, in quanto gia' decisa con ordinanza n.
 908 del 1988 e con le sentenze nn. 57 del 1989 e  296  del  1990.  In
 subordine invoca la declaratoria di infondatezza.
    2.1. - Con altra ordinanza del 4 novembre 1993 (pervenuta a questa
 Corte  l'8  settembre 1994), emessa nel corso di un giudizio promosso
 da Giorgio Perenich, collaboratore amministrativo, contro  la  U.S.L.
 di  Ortona,  per  ottenere  la  differenza  di  trattamento economico
 spettantegli in ragione delle mansioni superiori di economo e di vice
 responsabile dell'Ufficio bilancio  e  ragioneria  (dal  12  novembre
 1981)  e  quindi di direttore amministrativo (dal 18 maggio 1987), lo
 stesso TAR dell'Abruzzo - Sezione distaccata di Pescara ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 29 del d.P.R. 20
 dicembre 1979, n. 761, quale integrato  interpretativamente  con  gli
 artt. 36 Cost. e 2126 c.c., in quanto contrastante sia con l'espresso
 divieto   legislativo  di  assegnazione  del  dipendente  a  mansioni
 superiori, sia con i principi costituzionali di cui all'art. 97 Cost.
    A sostegno della questione sono addotte argomentazioni analoghe  a
 quelle svolte nell'ordinanza n. 587 del 1994.
    2.2.  -  E'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, con difese  e  conclusioni
 analoghe a quelle assunte in ordine alla precedente ordinanza.
                        Considerato in diritto
    1.  - Con le due ordinanze in epigrafe il Tribunale amministrativo
 regionale per l'Abruzzo - Sezione distaccata di Pescara ha sollevato,
 in  riferimento  all'art.  97  Cost.,   questione   di   legittimita'
 costituzionale:
       a)  degli artt. 2126 e 2129 c.c. "considerati singolarmente e/o
 nella loro  interazione"  in  quanto  applicabili  anche  all'impiego
 pubblico, nella parte in cui non prevedono per tale settore limiti di
 operativita' temporale;
       b)  dell'art.  29  del  d.P.R.  20 dicembre 1979, n. 761, quale
 integrato interpretativamente con gli artt. 36 Cost. e 2126 c.c.,  in
 quanto   contrastante  sia  con  l'espresso  divieto  legislativo  di
 assegnazione del dipendente a mansioni superiori, sia con i  principi
 costituzionali di cui all'art. 97 Cost.
    2.  - I giudizi introdotti dalle ordinanze hanno oggetto analogo e
 pertanto possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
    3. - La prima questione non e' fondata.
    L'impugnato art. 2126 cod. civ. - nell'ambito del quale il giudice
 a quo definisce la  pretesa  del  ricorrente  alla  retribuzione  per
 mansioni superiori - insieme con l'art. 2103, e' un'applicazione ante
 litteram  del  principio, sancito dall'art. 36 Cost., che attribuisce
 al  lavoratore  il  diritto  a  una  retribuzione  proporzionale alla
 quantita' e qualita' del  lavoro  prestato,  indipendentemente  dalla
 validita'   del  contratto  di  assunzione  o,  rispettivamente,  del
 provvedimento di  assegnazione  a  mansioni  superiori  a  quelle  di
 assunzione,  esclusi i casi di nullita' per illiceita' dell'oggetto o
 della causa.
    Tali  norme  sono  applicabili  anche  ai  prestatori  di   lavoro
 dipendenti  da  enti  pubblici  (art.  2129 cod. civ.), "salvo che il
 rapporto sia diversamente regolato dalla legge". Dalle leggi speciali
 per questo settore, e anzitutto  dall'art.  97  Cost.,  derivano  due
 limiti di applicabilita':
       a)  le mansioni di assunzione o quelle superiori, alle quali il
 lavoratore sia temporaneamente trasferito per esigenze  straordinarie
 di  servizio,  devono  inerire  a  un  posto  di  lavoro  previsto in
 organico. Come precisa l'art. 57, comma  1,  del  d.lgs.  3  febbraio
 1993,  n. 29, modificato dall'art. 25 del d.lgs. 23 dicembre 1993, n.
 546,  il  prestatore  di  lavoro  puo'  essere  adibito  a   mansioni
 immediatamente superiori nel caso di vacanza di posto in organico (in
 attesa  della nomina di un nuovo titolare nei modi indicati dall'art.
 97, comma 3,  Cost.),  oppure  nel  caso  di  sostituzione  di  altro
 dipendente assente con diritto alla conservazione del posto;
       b)  se,  nel primo caso, l'assegnazione alle funzioni piu' ele-
 vate si protrae oltre il termine massimo stabilito  dalla  legge  (in
 generale  tre mesi), e' inapplicabile la regola, introdotta nell'art.
 2103 cod. civ. dall'art. 13 della  legge  20  maggio  1970,  n.  300,
 dell'automatica  acquisizione  definitiva  della qualifica superiore,
 salvo sempre il diritto del lavoratore al trattamento  corrispondente
 alle   mansioni   di   fatto   esercitate   e   "ferma   restando  la
 responsabilita' disciplinare e patrimoniale  del  dirigente"  che  ha
 disposto  l'assegnazione  alle mansioni superiori (art. 57, commi 2 e
 3, del citato d.P.R. n. 546).
    Ad avviso del giudice remittente  questi  limiti  non  bastano  ad
 evitare  che  l'art.  2126  cod. civ., per il tramite dell'art. 2129,
 diventi nel pubblico impiego fonte di abusi e  di  favoritismi  nella
 forma  di  "avanzamenti di carriera di fatto", prestandosi "ad essere
 strumentalizzato  quale  grimaldello  per   stabilire   e/o   indurre
 connivenze  tra chi ha il potere di mantenere l'assegnazione di fatto
 del dipendente a mansioni superiori, con tutti i conseguenti vantaggi
 economici, e  quest'ultimo".  Si  chiede  percio'  una  sentenza  che
 dichiari  l'incostituzionalita' dell'art. 2129 cod. civ., nella parte
 in cui  prevede  l'applicabilita'  dell'art.  2126  nel  settore  del
 pubblico impiego, o almeno una sentenza che limiti al periodo massimo
 previsto  dalla  legge  il diritto del lavoratore, adibito a funzioni
 superiori, al trattamento economico piu' favorevole.
    La Corte non puo' che ripetere quanto ha  gia'  avuto  piu'  volte
 occasione  di  precisare  in  merito a tale annosa controversia (cfr.
 sentenze e ordinanze citate infra, n. 4).  Il  potere  attribuito  al
 dirigente   preposto  all'organizzazione  del  lavoro  di  trasferire
 temporaneamente un  dipendente  a  mansioni  superiori  per  esigenze
 straordinarie  di  servizio e' un mezzo indispensabile per assicurare
 il buon andamento dell'amministrazione; la  spettanza  al  lavoratore
 del  trattamento  retributivo  corrispondente  alle funzioni di fatto
 espletate e' un precetto dell'art. 36 Cost.,  la  cui  applicabilita'
 all'impiego  pubblico  non  puo'  essere  messa  in discussione (cfr.
 sentenza n. 236 del 1992). L'astratta possibilita' di abuso  di  tale
 potere e delle sue conseguenze economiche, nella forma di protrazioni
 illegittime   dell'assegnazione   a   funzioni   superiori,   non  e'
 evidentemente un argomento che  possa  giustificare  una  restrizione
 dell'applicabilita' del principio costituzionale di equivalenza della
 retribuzione al lavoro effettivamente prestato.
    Se  fosse  dimostrato  che  nel  caso  concreto l'assegnazione del
 dipendente a mansioni superiori e' avvenuta con abuso d'ufficio e con
 la "connivenza"  del  dipendente,  lo  stesso  art.  2126  cod.  civ.
 imporrebbe al giudice di respingere la pretesa di quest'ultimo.
    4.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 29,
 comma 2, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, nei termini in  cui  e'
 riproposta  dal  TAR  dell'Abruzzo, e' gia' stata esaminata da questa
 Corte, che l'ha ripetutamente dichiarata infondata (sentenze  nn.  57
 del  1989,  296 del 1990; ordinanze nn. 408 del 1990 e 337 del 1993).
 Se ne deve percio' dichiarare la manifesta infondatezza.