ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 63 del codice penale militare di pace e 4 della  legge  7
 maggio  1981,  n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare
 di pace), come sostituito dall'art. 2 del  decreto-legge  27  ottobre
 1986,  n.  700 (Norme urgenti in materia di ordinamento penitenziario
 militare), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23  dicembre
 1986,  n.  897,  promosso  con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 dal
 Tribunale militare di sorveglianza nel procedimento penale  a  carico
 di  Tonello Giampaolo, iscritta al n. 379 del registro ordinanze 1994
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  27,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di  consiglio  dell'8  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre.
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Il  Tribunale  militare di sorveglianza, nel decidere sulla
 domanda di affidamento in prova  presentata,  ai  sensi  dell'art.  1
 della legge 29 aprile 1983, n. 167, da Giampaolo Tonello, militare in
 servizio  permanente,  detenuto nel carcere militare di Peschiera del
 Garda in espiazione della pena a tre anni e otto mesi di  reclusione,
 inflittagli  dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale di Monza per il reato di  detenzione  di  stupefacenti,  ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, per violazione
 dell'art. 103, terzo comma, della  Costituzione,  nei  confronti  del
 combinato  disposto formato dall'art. 63 c.p.m.p. e dall'art. 4 della
 legge 7 maggio 1981, n. 180  (Modifiche  all'ordinamento  giudiziario
 militare  di  pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27
 ottobre 1986,  n.  700  (Norme  urgenti  in  materia  di  ordinamento
 penitenziario  militare),  convertito, con modificazioni, dalla legge
 23 dicembre 1986, n. 897.
    Dopo  aver  premesso  che  l'istante  per  il   provvedimento   di
 affidamento  in  prova  si trova ristretto in un carcere militare, in
 conseguenza del provvedimento con il quale il Giudice per le indagini
 preliminari  competente  per  l'esecuzione,  quale  giudice  che   ha
 pronunciato  la  condanna, ha sostituito la pena della reclusione con
 la reclusione militare per eguale durata, in  applicazione  dell'art.
 63  c.p.m.p.,  in  quanto  il  detenuto  risulta militare in servizio
 permanente e la condanna  non  importa  l'interdizione  perpetua  dai
 pubblici  uffici, il giudice a quo rileva che l'art. 4 della legge 29
 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del  condannato  militare),
 che assegna al Tribunale militare di sorveglianza la competenza sulle
 domande   di  affidamento  in  prova  del  condannato  dall'autorita'
 giudiziaria militare e che, pertanto, non regola il  caso  in  esame,
 relativo   all'espiazione   di   una   pena  conseguente  a  condanna
 pronunciata dall'autorita' giudiziaria ordinaria,  non  esaurisce  la
 disciplina  della  competenza del Tribunale militare di sorveglianza,
 che ricomprenderebbe, al ricorrere di determinati presupposti,  anche
 l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale previsto dall'art. 47
 della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
 penitenziario  e  sull'esecuzione delle misure privative e limitative
 della liberta').
    Tale ampliamento si verificherebbe per effetto dell'art.  4  della
 ricordata  legge  n.  180  del  1981, come sostituito dall'art. 2 del
 decreto-legge n. 700 del 1986, il cui terzo comma stabilisce che "per
 le funzioni e i provvedimenti del Tribunale militare di sorveglianza"
 si osservano "in quanto applicabili"  le  disposizioni  dell'art.  70
 della  legge  n. 354 del 1975, relativo al Tribunale di sorveglianza.
 Il giudice rimettente  interpreta  questa  norma  nel  senso  che  la
 competenza   del   Tribunale   militare   di   sorveglianza   sarebbe
 "corrispondente"  alla  competenza  del  Tribunale  di   sorveglianza
 ordinario,  in  relazione alla "materia" demandata alla vigilanza del
 giudice militare di  sorveglianza,  la  quale,  secondo  una  lettura
 sistematica  dell'art.  61  c.p.m.p., coinciderebbe con la reclusione
 militare. Tale interpretazione avrebbe, ad avviso del giudice a  quo,
 il  pregio di rendere intellegibile l'inciso "in quanto applicabili",
 che, salva la  regola  della  corrispondenza  tra  le  funzioni  e  i
 provvedimenti  del  Tribunale  militare  di  sorveglianza rispetto al
 Tribunale di sorveglianza ordinario, non consentirebbe, tuttavia,  di
 estendere  alla  reclusione  militare  tutti  gli istituti della pena
 detentiva   comune,  concordemente  con  l'insegnamento  della  Corte
 costituzionale, espresso, da ultimo, con la sentenza n. 414 del 1991.
    Sulla base di questo ragionamento, il giudice rimettente  osserva,
 quindi,  che  il  sistema normativo cosi' ricostruito, completato con
 l'art. 63 c.p.m.p., che  disciplina  i  casi  di  sostituzione  della
 reclusione  con  la  reclusione  militare, attribuirebbe al Tribunale
 militare di sorveglianza la competenza a decidere  sulla  domanda  di
 affidamento  del  sottoposto a reclusione militare, anche nel caso in
 cui quest'ultimo stesse espiando una pena inflitta con  una  sentenza
 di  condanna  emessa  dall'autorita'  giudiziaria ordinaria, come nel
 caso in esame. Questa interpretazione, tuttavia, non sarebbe conforme
 ai principi dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, in quanto
 non  sarebbero  ugualmente  rispettati  i  requisiti  richiesti   dal
 disposto   costituzionale   per  giustificare  la  giurisdizione  dei
 Tribunali militari in tempo di pace. Infatti, pur essendo soddisfatto
 il requisito soggettivo, trattandosi dell'istanza di  affidamento  in
 prova   presentata   da   militare   in   servizio   permanente,  non
 sussisterebbe, nel caso, il requisito oggettivo, egualmente richiesto
 dalla norma costituzionale, vale a dire la natura militare del reato.
    Conclusivamente, il giudice a quo chiede che il combinato disposto
 delle  norme  che  lo  indicherebbero  come  competente  a   decidere
 sull'istanza  di affidamento in prova avanzata dal detenuto ristretto
 in un carcere militare, benche' condannato dall'autorita' giudiziaria
 ordinaria,  sia   dichiarato   costituzionalmente   illegittimo   per
 contrasto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione.
    2.  - Il Presidente del Consiglio dei Ministri si e' costituito in
 giudizio per chiedere che la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata dal Tribunale militare di sorveglianza sia  dichiarata  non
 fondata.
    A  tal  fine  la difesa erariale sostiene che l'interpretazione da
 cui prende le mosse la questione di legittimita' in  oggetto  sarebbe
 errata,  poiche' la norma, invalicabile, che stabilisce la competenza
 del Tribunale militare di sorveglianza in materia di  affidamento  in
 prova  sarebbe  esclusivamente  quella,  citata anche nell'ordinanza,
 contenuta nell'art. 4 della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento
 in prova del condannato militare), che limita  tale  competenza  alle
 domande   proposte   da   chi  sia  stato  condannato  dall'autorita'
 giudiziaria militare.
    Ne' l'impugnato art. 4 della legge n. 180 del 1981 disciplinerebbe
 la competenza del Tribunale militare di sorveglianza, consistendo  in
 un  rinvio  limitato alle disposizioni dell'ordinamento riguardanti i
 provvedimenti e le funzioni del Tribunale militare di sorveglianza.
    La questione di  legittimita'  costituzionale  sarebbe,  pertanto,
 infondata, poiche', nel caso, non essendo stata impartita la condanna
 dalla  magistratura  militare,  verrebbero  meno  i presupposti della
 competenza di quest'ultima, anche in tema di  provvedimenti  relativi
 all'esecuzione della pena.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  - Il Tribunale militare di sorveglianza ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art.  103,  terzo
 comma,  della  Costituzione,  nei  confronti  del  combinato disposto
 formato dall'art. 63 c.p.m.p. e dall'art.  4  della  legge  7  maggio
 1981,  n.  180  (Modifiche  all'ordinamento  giudiziario  militare di
 pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27 ottobre 1986,
 n.  700  (Norme  urgenti  in  materia  di  ordinamento  penitenziario
 militare), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23  dicembre
 1986, n. 897, nella parte in cui prevede che il Tribunale militare di
 sorveglianza  decida in ordine alla domanda di affidamento in prova o
 ad altri benefici applicabili alla reclusione militare in relazione a
 condanne pronunziate dal giudice ordinario per reati comuni.
    2. - La questione non e' fondata nei sensi di cui in motivazione.
    Il giudice rimettente, nell'affermare  la  propria  competenza  in
 ordine al procedimento instaurato da un recluso militare, muove dalla
 considerazione  secondo  la  quale, pur non potendosi applicare nella
 specie  l'istituto  dell'affidamento  in  prova  militare  ai   sensi
 dell'art.  4  della legge 29 aprile 1983, n. 167 (la cui applicazione
 e' delimitata dall'art. 1  della  stessa  legge  ai  soli  condannati
 dall'autorita'  giudiziaria  militare), quest'ultima disposizione non
 esaurirebbe "la sfera di competenza  del  Tribunale  di  sorveglianza
 militare  in  ordine  ad  altra  tipologia  di  affidamento in prova,
 segnatamente quella di cui all'art. 47 della legge n. 354 del  1975".
 A  questa  conclusione  il  giudice  a  quo  perviene  attraverso una
 particolare interpretazione dell'impugnato art. 4, terzo comma, della
 legge n. 180 del 1981, il quale, nel prevedere, fra l'altro, che  per
 le  funzioni e i provvedimenti del Tribunale militare di sorveglianza
 si  osservano  "in  quanto  applicabili"  le  disposizioni  contenute
 nell'art.  70  della  legge  26 luglio 1975, n. 354, individua fra le
 materie attribuite alla  competenza  del  Tribunale  di  sorveglianza
 anche   i   provvedimenti   relativi  alle  misure  alternative  alla
 detenzione. E, continua il medesimo giudice, poiche' in base all'art.
 61, primo comma, c.p.m.p. "l'esecuzione della pena militare detentiva
 e' vigilata dal giudice", ne deriverebbe che deve esser affermata  la
 giurisdizione del Tribunale militare di sorveglianza a conoscere, tra
 le  altre,  delle  domande  di  affidamento  in  prova,  oltre che in
 riferimento a condanne inflitte dall'autorita' giudiziaria  militare,
 in  relazione  a condanne emesse dall'autorita' giudiziaria ordinaria
 comunque  comportanti  l'espiazione  della  reclusione  militare   e,
 dunque,  anche  in  relazione  a ipotesi, come quella in esame, nelle
 quali la pena della reclusione e' stata sostituita  da  quella  della
 reclusione  militare,  ai sensi dell'art. 63, primo comma, numero 3),
 c.p.m.p.
    Va, innanzitutto, osservato che l'ipotesi  interpretativa  da  cui
 muove  il  giudice  a  quo si basa su elementi di scarsa consistenza,
 poiche'  criteri  di  definizione  dell'ambito  della   giurisdizione
 militare   rispetto  a  quella  ordinaria  non  sono  desumibili  ne'
 dall'art. 70 della legge sull'ordinamento  penitenziario,  richiamato
 dall'impugnato  art.  4  della  legge n. 180 del 1981 (art. 70 che si
 limita a  istituire  un  tribunale  di  sorveglianza  competente  per
 l'affidamento  in  prova  al servizio sociale in ciascun distretto di
 corte d'appello e in ciascuna circoscrizione territoriale di  sezione
 distaccata  di corte d'appello), ne' dall'art. 61 c.p.m.p. (il quale,
 non diversamente da  quanto  prevedeva  l'abrogato  art.  144,  primo
 comma,  c.p.  e  da quanto prevede il vigente art. 69, secondo comma,
 della  legge  n.  354  del  1975,  stabilisce  soltanto  la  garanzia
 giurisdizionale  in  relazione  all'esecuzione  della  pena detentiva
 militare). Ne' un significato diverso puo' essere  conferito  a  tali
 disposizioni  in  conseguenza  del  loro  collegamento  con l'art. 63
 c.p.m.p., il quale, nel disciplinare le modalita' di esecuzione delle
 pene comuni inflitte ai militari, prevede, fra l'altro, i casi in cui
 alla pena della reclusione e' sostituita la reclusione militare.
    In  realta',  come hanno riconosciuto anche recenti sentenze della
 Corte  di  cassazione,  non  si  puo'  sfuggire  al  rilievo  che  la
 distinzione  fra  l'ambito  di  giurisdizione  proprio dell'autorita'
 giudiziaria ordinaria e quello proprio dei tribunali militari e'  per
 ogni  suo  aspetto  fissata  direttamente dall'art. 103, terzo comma,
 della  Costituzione,  il  quale,  nella  sua   ultima   proposizione,
 stabilisce   che  i  predetti  tribunali  "in  tempo  di  pace  hanno
 giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da  appartenenti
 alle  Forze  armate".  In altri termini, poiche' tanto l'attivita' di
 cognizione  dell'autorita'  giudiziaria   militare,   quanto   quella
 concernente   l'esecuzione   delle  pene  militari  rappresentano  le
 componenti   essenziali   della   giurisdizione    penale    militare
 unitariamente  considerata  come  un  identico  sistema  i cui limiti
 esterni sono tracciati  dal  ricordato  art.  103,  terzo  comma,  ne
 consegue che la giurisdizione del magistrato militare di sorveglianza
 coincide  necessariamente  con quella propria dei tribunali militari,
 come definita dalla ricordata norma costituzionale.
    Pertanto, poiche' nella specie si tratta  dell'esecuzione  di  una
 condanna pronunziata dall'autorita' giudiziaria ordinaria, competente
 a  provvedere in ordine all'applicazione dell'affidamento in prova al
 servizio sociale e,  in  genere,  dei  benefici  penitenziari  e'  il
 Tribunale  di  sorveglianza  ordinario,  a  nulla rilevando la natura
 della pena in espiazione e, quindi, nonostante che,  in  applicazione
 dell'art.  63  c.p.m.p.,  la  pena  della reclusione comune sia stata
 sostituita, nel caso in esame, con la reclusione militare.