ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 56  della  legge
 regionale   della  Lombardia  26  ottobre  1981,  n.  64  (Norme  per
 l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e  sanita'  pubblica,
 per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l'organizzazione
 ed  il funzionamento dei servizi veterinari e dei presidi multizonali
 di igiene e prevenzione), come sostituito  dall'art.  7  della  legge
 regionale  della  Lombardia  30  novembre  1984,  n. 61 (Modifiche ed
 integrazioni alle Leggi Regionali 26 ottobre  1981  n.  64  e  n.  65
 concernenti  "Norme  per  l'esercizio  delle  funzioni  in materia di
 igiene e sanita' pubblica, per la tutela della salute nei  luoghi  di
 lavoro,   per   l'organizzazione  ed  il  funzionamento  dei  servizi
 veterinari e dei  presidi  multizonali  di  igiene  e  prevenzione"),
 promossi  con  tre ordinanze emesse il 9 marzo, il 9 febbraio e il 23
 marzo 1994 dalla Corte d'appello di Brescia, rispettivamente iscritte
 ai nn. 411, 412 e 668 del registro ordinanze 1994 e pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  28  e  47,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di intervento della Regione Lombardia;
    Udito nella camera di  consiglio  dell'8  marzo  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di tre giudizi promossi, rispettivamente, dalle
 societa' Ampex, Fratelli Miragoli, Ronzoni e Perego in opposizione ad
 altrettanti decreti di ingiunzione -  ottenuti  nei  confronti  delle
 prime  due societa' dall'Unita' socio sanitaria locale n. 53 di Crema
 e nei confronti della terza dall'Unita'  socio  sanitaria  n.  34  di
 Chieri  - per il pagamento di "diritti veterinari a tariffa" relativi
 a visite sanitarie di animali da macellare ed  alla  segnatura  delle
 carni,  la  Corte  d'appello  di  Brescia  ha sollevato, con distinte
 ordinanze   di   analogo   contenuto,   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 56 della legge regionale della Lombardia 26
 ottobre 1981, n. 64 (Norme per l'esercizio delle funzioni in  materia
 di  igiene  e sanita' pubblica, per la tutela della salute nei luoghi
 di lavoro, per  l'organizzazione  ed  il  funzionamento  dei  servizi
 veterinari  e  dei presidi multizonali di igiene e prevenzione), come
 sostituito  dall'art.  7  della  legge  regionale  della Lombardia 30
 novembre 1984, n. 61 (Modifiche ed integrazioni alle Leggi  Regionali
 26  ottobre  1981  n.  64  e n. 65 concernenti "Norme per l'esercizio
 delle funzioni in materia di igiene e sanita' pubblica, per la tutela
 della salute  nei  luoghi  di  lavoro,  per  l'organizzazione  ed  il
 funzionamento  dei  servizi  veterinari  e dei presidi multizonali di
 igiene e prevenzione"). Il dubbio di legittimita'  costituzionale  e'
 prospettato in riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione.
    La  disposizione  denunciata  stabilisce  le modalita' di adozione
 delle tariffe per gli accertamenti e le indagini in materia di igiene
 e sanita' pubblica e di medicina veterinaria, "ivi inclusi i compensi
 per le prestazioni effettuate nell'interesse dei privati".  La  Corte
 d'appello  di  Brescia ritiene che questa disposizione, non limitando
 il pagamento delle prestazioni sanitarie  solo  a  quelle  effettuate
 nell'interesse  dei  privati,  costituisca  il fondamento legislativo
 della pretesa, basata sulla tariffa adottata in forza della legge, di
 un compenso per la visita sanitaria degli animali da  macello  e  per
 l'ispezione   delle   carni  nei  mattatoi.  Ad  avviso  della  Corte
 d'appello, con la previsione del pagamento  per  il  controllo  delle
 carni  sulla base di una tariffa imposta si sarebbe in presenza di un
 prelievo di natura tributaria e, in mancanza di una legge statale che
 attribuisca  alla  regione  tale  tributo,  non  si  sarebbe   potuta
 esplicare, nel rispetto dell'art. 119 della Costituzione, l'autonomia
 regionale in materia.
    La  Corte  d'appello  ritiene,  inoltre,  che  vi sia un principio
 fondamentale di  gratuita'  delle  prestazioni  veterinarie  compiute
 nell'interesse  collettivo  stabilito  dall'art.  61  del testo unico
 delle leggi sanitarie, che prevede il pagamento per le certificazioni
 rese non nell'esclusivo interesse privato. Il "diritto veterinario  a
 tariffa" si riferirebbe ad un controllo effettuato nell'interesse non
 dell'operatore economico tenuto al pagamento, ma della collettivita',
 essendo  il  controllo  diretto  ad  assicurare l'igiene e la sanita'
 delle  carni.  Il  mancato  rispetto  del  principio   di   gratuita'
 determinerebbe la lesione dell'art. 117 della Costituzione.
    La soluzione del dubbio di legittimita' costituzionale e' ritenuta
 dalla  Corte  d'appello rilevante nel giudizio principale, perche' se
 l'atto di approvazione della tariffa e' legittimo, in quanto  emanato
 in  base  alla legge e secondo i criteri dalla stessa stabiliti, esso
 non puo' essere disapplicato, con la  conseguenza  che  il  pagamento
 delle somme pretese dall'Unita' socio sanitaria sarebbe dovuto.
    2. - Nei giudizi promossi dalle societa' Ampex e Fratelli Miragoli
 e' intervenuta la Regione Lombardia, chiedendo che le questioni siano
 dichiarate inammissibili o infondate.
    La  Regione,  ricostruendo  il  quadro  normativo della disciplina
 dell'attivita' di vigilanza e di ispezione sanitaria  (regio  decreto
 20 dicembre 1928, n. 3298; d.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264; d.P.R. 30
 dicembre  1965,  n.  1701),  afferma  che  i  compensi  per le visite
 veterinarie degli animali da macello non  costituiscono  un  "tributo
 proprio"  della  Regione, ma un corrispettivo per il servizio reso in
 una materia  di  competenza  della  Regione,  che  puo'  disporre  la
 partecipazione degli utenti al costo dei servizi.
    Inoltre  la  legislazione  statale non enuncerebbe un principio di
 gratuita' delle prestazioni  in  questione.  Le  certificazioni  sono
 sempre  richieste  in  vista  di un interesse pubblico: l'art. 61 del
 testo  unico   delle   leggi   sanitarie,   quando   fa   riferimento
 all'esclusivo  interesse  privato  per  stabilire  l'onerosita' delle
 certificazioni, indicherebbe proprio quelle  richieste  dal  privato,
 sia  pure  come  onere  imposto  dalla legge per un'attivita' da esso
 svolta, quale appunto la  macellazione  e  commercializzazione  delle
 carni.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla
 Corte d'appello di Brescia riguardano tutte la disposizione di  legge
 regionale  della  Lombardia  che,  disciplinando  le  tariffe per gli
 accertamenti e le indagini in materia di igiene e sanita' pubblica  e
 di  medicina  veterinaria, "ivi inclusi i compensi per le prestazioni
 effettuate nell'interesse dei privati", stabilisce i criteri  per  la
 loro determinazione (art. 56 della legge regionale della Lombardia 26
 ottobre  1981,  n.  64,  come  sostituito  dall'art.  7  della  legge
 regionale 30 novembre 1984, n. 61). Risulterebbero cosi'  soggette  a
 pagamento   anche   le   prestazioni  eseguite  nell'interesse  della
 collettivita' e non dei privati che ne fanno richiesta, come  appunto
 nel   caso   della   visita  veterinaria  di  animali  da  macello  e
 dell'ispezione  sanitaria   delle   carni,   soggette   ad   apposita
 certificazione.
    Il  compenso  disposto con apposita tariffa per queste prestazioni
 avrebbe, ad avviso del  giudice  rimettente,  natura  tributaria.  In
 assenza  di  una  legge  statale  che attribuisca alla regione questo
 tributo, non sarebbe consentito al legislatore regionale di  imporlo,
 rispettando i limiti dell'art. 119 della Costituzione. Inoltre l'art.
 61  del  testo  unico  delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio
 1934, n. 1265) enuncerebbe un principio fondamentale di gratuita' del
 rilascio delle certificazioni veterinarie  che  non  siano  richieste
 nell'esclusivo   interesse   privato.   La   disposizione   regionale
 denunciata, non conformandosi a questo principio,  violerebbe  l'art.
 117 della Costituzione.
    2.  -  I  giudizi  hanno  ad  oggetto questioni identiche; possono
 essere pertanto riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    3.   -   I   dubbi   di   legittimita'   costituzionale   poggiano
 essenzialmente  sul  presupposto che vi sia un principio fondamentale
 della legislazione statale di gratuita' delle certificazioni relative
 a prestazioni demandate al  veterinario  comunale,  salvo  che  siano
 richieste  nell'esclusivo interesse privato. Implicano inoltre che le
 visite  sanitarie,  cui  devono  essere  sottoposti  gli  animali  da
 macello,  non  rispondano  ad  un  interesse  di  chi le richiede, ma
 esclusivamente all'interesse collettivo dell'igiene e  della  sanita'
 delle carni.
    Questo presupposto interpretativo non puo' essere condiviso. Dalla
 disciplina  di  settore  in  materia  di  vigilanza  sanitaria  sugli
 alimenti di origine animale e di ispezione delle  carni  nei  macelli
 non  e'  dato  ricavare un principio di gratuita' delle prestazioni e
 delle  certificazioni  veterinarie,  richieste   in   ragione   della
 commercializzazione e della destinazione al consumo delle carni. Anzi
 talvolta e' espressamente previsto che gli oneri che questi controlli
 comportano  siano  interamente posti a carico dei privati, quando sia
 richiesta una  visita  collegiale  (art.  20  del  regio  decreto  20
 dicembre 1928, n. 3298), ovvero quando veterinari comunali incaricati
 operino  in  macelli  privati (art. 6 del d.P.R. 11 febbraio 1961, n.
 264).
    La  previsione  di  onerosita'  per  il  privato  richiedente  non
 costituisce eccezione rispetto ad una regola di gratuita'. Lo  stesso
 art.   61   del   testo   unico   delle   leggi  sanitarie,  indicato
 dall'ordinanza di rimessione come  fonte  di  questo  principio,  non
 consente,  in  aderenza  ad  una  diffusa  lettura giurisprudenziale,
 questa interpretazione. Esso esclude, secondo la Corte di cassazione,
 che  a  carico  degli  operatori  economici  possano  essere  imposte
 contribuzioni   in  aggiunta  ai  diritti  percepiti  per  le  visite
 veterinarie. La stessa disposizione consente, secondo il Consiglio di
 Stato, che si determinino  le  tariffe  per  gli  accertamenti  e  le
 indagini  sanitarie  richiesti  dai  privati  al  fine di ottenere le
 autorizzazioni previste dalle leggi e necessarie per  lo  svolgimento
 dell'attivita'    imprenditoriale.    Si    tratta   di   prestazioni
 nell'interesse del privato che le richiede, anche se  coinvolgono  un
 interesse  pubblico  al rispetto delle prescrizioni previste da norme
 igienico-sanitarie. Del  resto  il  principio  del  pagamento  di  un
 contributo,  non superiore al costo globale effettivo delle ispezioni
 e dei controlli sanitari, continua ad  essere  previsto  dal  decreto
 legislativo 15 gennaio 1992, n. 51.
    La  disposizione  denunciata non contrasta, quindi, con l'art. 117
 della Costituzione, non essendo violati i criteri generali  ai  quali
 si ispira la disciplina statale.
    Ne'  puo' essere invocato l'art. 119 della Costituzione, in quanto
 non configura un tributo regionale la percezione di un compenso,  sia
 pure  con  la  tariffa  determinata  dall'amministrazione  secondo  i
 criteri fissati dalla legge,  a  parziale  copertura  dei  costi  per
 prestazioni erogate nell'interesse del richiedente.