ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 117 del  codice
 di  procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 novembre 1994
 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Padova
 nel procedimento  penale  a  carico  di  Righetto  Sandro  ed  altri,
 iscritta  al  n.  777  del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  3,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  17  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che  il  giudice  per  le indagini preliminari presso il
 Tribunale  di  Padova  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 101,
 secondo comma,  della  Costituzione,  dell'art.  117  del  codice  di
 procedura  penale,  nella  parte in cui "si limita a facultizzare ..,
 anziche' obbligare il pubblico ministero del procedimento  originario
 a  trasmettere  all'ufficio  omologo  le  copie  degli  atti ritenute
 necessarie dal giudice che procede";
      che il giudice remittente premette in sintesi quanto segue:
        a) con missiva 5 gennaio 1994 la Procura della  Repubblica  di
 Venezia - direzione distrettuale antimafia - trasmetteva alla Procura
 della   Repubblica   di   Padova   copia   delle  trascrizioni  delle
 conversazioni  intercettate  nel  corso  di   indagini   relative   a
 procedimento  che  veniva  seguito da quella autorita' giudiziaria, e
 cio' ravvisando nell'autorita' giudiziaria di Padova  la  competenza,
 per materia e territorio, a procedere per i reati configurabili;
        b)  a  seguito  di cio', la Procura della Repubblica di Padova
 esercitava l'azione penale con richiesta di rinvio a  giudizio  degli
 imputati in ordine ai reati di cui agli artt. 1, 2, 4 e 6 della legge
 n. 895 del 1967 e all'art. 648 del codice penale;
        c)  nel corso dell'udienza preliminare, su specifica richiesta
 della  difesa  degli  imputati,  il  giudice  invitava  il   pubblico
 ministero  a trasmettere determinati atti, analiticamente indicati, e
 cio'  perche'  riteneva  che  i  provvedimenti   autorizzativi   alle
 intercettazioni telefoniche ed ambientali del giudice per le indagini
 preliminari  presso  il  Tribunale  di  Venezia  fossero motivati per
 relationem;
        d)  successivamente,  il  pubblico  ministero  produceva   una
 missiva  con la quale la Procura della Repubblica di Venezia - D.d.a.
 - manifestava "di non intendere trasmettere al g.i.p.  del  Tribunale
 di Padova gli atti da questi indicati nell'ordinanza 19 luglio, posto
 che  tali  atti  sono  tuttora coperti da segreto ed ineriscono ad un
 procedimento tuttora in corso relativo ad indagini avviate anche  nei
 confronti  di soggetti diversi da quelli che figurano imputati avanti
 l'Autorita' giudiziaria di Padova";
     che, tutto cio' premesso, il giudice a quo, rilevato che in  tema
 di   necessita'  che  il  pubblico  ministero  trasmetta  al  giudice
 dell'udienza preliminare l'intera documentazione relativa  agli  atti
 compiuti  nel corso delle indagini preliminari aventi rilievo ai fini
 della decisione si e' gia' pronunciata questa Corte con  la  sentenza
 n.  145  del  1991, osserva che, tuttavia, non sembrano esservi norme
 che pongano tale obbligo in  capo  a  tutti  i  rappresentanti  della
 pubblica accusa che in concreto abbiano avuto parte nel procedimento;
      che,   in  conclusione,  ad  avviso  del  remittente,  la  norma
 censurata non appare conforme ai dettami della Carta  costituzionale,
 poiche'  un  concreto  comportamento  tenuto dal rappresentante della
 parte  pubblica  condiziona,  da  un  lato,  in  modo   incisivo   ed
 irragionevole,  l'esercizio  del  diritto di difesa (art. 24, secondo
 comma,  della  Costituzione),  e,  dall'altro,  lo   stesso   momento
 valutativo e di decisione del giudice (art. 101, secondo comma, della
 Costituzione);
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile  o,
 in subordine, infondata;
    Considerato  che  il  giudice a quo lamenta in sostanza che l'art.
 117  del  codice  di  procedura  penale   attribuisce   all'autorita'
 giudiziaria  destinataria  di una richiesta di copie di atti da parte
 di un pubblico  ministero  la  facolta'  di  rigettare  la  richiesta
 medesima,  anziche'  porre  l'obbligo  della trasmissione degli atti,
 cosi' violando, a suo avviso,  gli  artt.  24,  secondo  comma,  (per
 compressione  del  diritto  di  difesa)  e  101,  secondo comma, (per
 soggezione del giudice non alla legge,  ma  ad  un  comportamento  di
 altra autorita' giudiziaria) della Costituzione;
      che  la questione si rivela chiaramente inammissibile, in quanto
 appare evidente la inapplicabilita' della norma denunciata al caso di
 specie;
      che  l'impugnato  art.  117  del  codice  di  procedura   penale
 disciplina  la  richiesta di copie di atti e di informazioni da parte
 del  pubblico  ministero  all'"autorita'   giudiziaria   competente",
 "quando  e'  necessario  per  il  compimento delle proprie indagini":
 occorre, quindi,  da  un  lato,  che  la  richiesta  sia  finalizzata
 all'attivita'  di indagine e, dall'altro, che l'autorita' giudiziaria
 destinataria della richiesta sia quella  competente  (per  materia  e
 territorio)  in  ordine  ad  un  determinato procedimento penale, del
 quale,  appunto,  si  richiedono,  a  fini  conoscitivi,   copie   di
 determinati atti;
      che tutt'altra vicenda processuale si e' verificata nel giudizio
 a  quo,  in  quanto,  come  risulta  dall'ordinanza di rimessione, la
 Procura  della  Repubblica   di   Venezia,   direzione   distrettuale
 antimafia,  trasmise alla Procura della Repubblica di Padova copia di
 atti   (trascrizioni   di   intercettazioni   telefoniche),    avendo
 individuato   nella   stessa  autorita'  giudiziaria  di  Padova  "la
 competenza, per  materia  e  territorio,  a  procedere  per  i  reati
 ravvisabili";
      che,  successivamente,  il  giudice  a  quo,  in sede di udienza
 preliminare,  lamentava   la   incompletezza   della   documentazione
 trasmessa, ai fini dell'adozione delle decisioni a lui spettanti;
      che,  cio'  posto,  e'  indubbio  che  l'art.  117 del codice di
 procedura penale viene dal remittente censurato  fuor  di  proposito,
 sia perche' l'autorita' giudiziaria competente, nella fattispecie, e'
 proprio  quella  di  Padova,  sia  perche'  la richiesta non e' certo
 finalizzata al compimento  delle  indagini,  bensi',  come  detto,  a
 colmare la presunta incompletezza del fascicolo processuale trasmesso
 al giudice dell'udienza preliminare;
      che  e',  comunque,  il  caso di osservare, infine, che, proprio
 perche' nella fattispecie non ricorre l'ipotesi  di  cui  alla  norma
 impugnata,  la  trasmissione  degli  atti  all'autorita'  giudiziaria
 competente non puo' che essere integrale, spettando, poi, al  giudice
 a  quo  individuare  il  rimedio  che  l'ordinamento offre in caso di
 concreta inosservanza di tale obbligo;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.