ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 445, comma 1, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1994 dal Pretore di Modena nei procedimenti riuniti a carico di F. A., iscritta al n. 513 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1994; Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Pretore di Modena, prima ancora di aprire il dibattimento a carico di persona imputata di falso nonche' di plurime ricettazioni e truffe, ha, di fronte alla concorde richiesta delle parti di applicazione della pena a norma dell'art. 444 e seguenti del codice di procedura penale, con ordinanza del 3 giugno 1994, denunciato l'illegittimita' dell'art. 445, comma 1, del codice di procedura penale, "nella parte in cui, con le parole "e delle misure di sicurezza", dispone la non applicazione delle medesime nei casi previsti dall'art. 219" del codice penale; che il giudice a quo, dopo aver premesso che l'accordo fra le parti si era formato determinando la pena in anno uno, mesi otto di reclusione e lire un milione di multa, a se'guito dell'applicazione della continuazione, delle circostanze attenuanti generiche, della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, oltre che della diminuzione prescritta per la scelta del rito e che tale assetto, "formalmente corretto e sostanzialmente equo ed adeguato", pure in relazione alla circostanza attenuante del vizio parziale di mente (si era, infatti, accertato uno stato di infermita' mentale - "in rapporto criminogenetico rispetto ai reati in giudizio - tale da compromettere grandemente la capacita' di intendere e di volere al momento dei fatti"), gli precluderebbe, nonostante la persistente pericolosita' sociale dell'imputato di rigettare la richiesta per la necessita' di applicare una misura di sicurezza con il conseguente ineluttabile dovere di pronunciare sentenza di applicazione della pena richiesta; che la norma denunciata contrasterebbe, anzitutto, con l'art. 25, terzo comma, della Costituzione, perche' la previsione di una diversificazione cosi' accentuata dal regime ordinario, quale si riscontra in una disciplina che fa derivare esclusivamente da una norma processuale l'impossibilita' di applicare in ogni caso la misura di sicurezza potrebbe rivelarsi in contrasto con i princip/' di legalita' e tassativita'; che risulterebbe vulnerato pure l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del rispetto del principio di ragionevolezza, considerando che, mentre nel caso di proscioglimento per vizio totale di mente, il giudice dovrebbe applicare - ricorrendone i presupposti - la misura di sicurezza, nel caso di condanna con riconoscimento del vizio parziale di mente deve rinunciare - per effetto della sola disciplina processuale - a "quell'aspetto del trattamento sanzionatorio prettamente rieducativo, terapeutico e socialpreventivo"; che sarebbe, infine, compromessa anche l'osservanza dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione, da ritenere applicabile (nonostante i decisa delle sentenze costituzionali n. 68 del 1967, n. 106 del 1972, n. 139 del 1982, di cui richiede il riesame) alle misure di sicurezza; che nel giudizio non si e' costituita la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri; Considerato che - alla stregua del vigente assetto normativo per questa parte non attinto dalla sentenza n. 313 del 1990 - non puo' escludersi che una situazione di pericolosita' sociale in atto possa proiettare i suoi riverberi, non soltanto sulla prestazione del consenso del pubblico ministero, ma anche sulla verifica che il giudice e' tenuto a compiere a norma dell'art. 444 e seguenti del codice di procedura penale e che attiene, in via esclusiva, alla valutazione del programma complessivo predisposto da ciascuna delle parti ai fini dell'applicazione della pena su richiesta; che il giudice a quo richiede a questa Corte una statuizione solo apparentemente di tipo demolitorio, ma in realta' diretta ad introdurre, in relazione al regime dell'applicazione della pena su richiesta, una disciplina che consenta di adottare una misura di sicurezza oltre i limiti segnati dall'art. 445, comma 1, del codice di procedura penale; che, come gia' statuito con riguardo ad altra questione avente ad oggetto l'applicazione di misure di sicurezza al di fuori dell'ipotesi prevista dall'art. 240, secondo comma, del codice penale, appositamente richiamato dall'art. 445, comma 1, del codice di procedura penale, la realizzazione del petitum che il giudice a quo tende a conseguire resta preclusa a questa Corte, "spettando interventi additivi di tal genere al solo legislatore che, nella sfera della sua discrezionalita', puo' operare scelte anche derogatorie rispetto a quelle previste in via generale in relazione alla sentenza di patteggiamento" (v. ordinanza n. 334 del 1994); che la questione e', dunque, manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;