ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 11, ultimo
 comma, della legge della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52 (Norme
 per l'esercizio dei poteri di controllo dell'attivita' urbanistica ed
 edilizia,  sanzioni  amministrative  e  delega  alle  Province  delle
 relative  funzioni),  promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 1994
 dal Giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di
 Lanciano  negli  atti relativi agli accertamenti sulla regolarita' di
 un fabbricato in  corso  di  costruzione,  iscritta  al  n.  564  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito nella camera di consiglio del  17  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Lanciano,  richiesto  dell'archiviazione del procedimento relativo ad
 alcune violazioni edilizie, premesso che a  carico  dei  responsabili
 emergevano   talune  difformita'  non  ricomprese  nella  concessione
 edilizia in sanatoria e che, dunque, avrebbe  dovuto  restituire  gli
 atti  al  Pubblico  ministero  per  la  formulazione dell'imputazione
 relativamente al reato di cui all'art. 20, lettera a), della legge 28
 febbraio 1985, n. 47, ma  che,  alla  stregua  dell'art.  11,  ultimo
 comma,  della  legge  della  Regione  Abruzzo  13 luglio 1989, n. 52,
 "l'integrale corresponsione della  sanzione  pecuniaria  produce  gli
 effetti  dell'art. 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n.
 47", ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 25, 70 e  117  della
 Costituzione, l'illegittimita' della detta norma regionale.
    In  punto  di  rilevanza, osserva il giudice a quo che, avendo gli
 interessati provveduto al pagamento della somma dovuta  a  titolo  di
 sanzione  pecuniaria,  sarebbe  tenuto  a dichiarare l'estinzione del
 reato.
    In punto di non manifesta infondatezza, che gli artt. 25, 70 e 117
 della Costituzione  risulterebbero  violati  disciplinandosi  con  la
 legge  regionale  "la materia penale riservata alle leggi dello Stato
 ed esclusa  dalle  potesta'  legislative  attribuite  alle  regioni";
 sarebbe,  altresi',  vulnerato  il  principio  di  eguaglianza,  "per
 l'ingiustificato diverso trattamento che  riserva,  in  sede  penale,
 agli abusi commessi nella regione Abruzzo".
    2.  -  Nel giudizio non si sono costituite le parti private ne' ha
 spiegato intervento il Presidente della Regione Abruzzo.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso la  Pretura  di
 Lanciano  dubita,  in  riferimento  agli  artt. 3, 25, 70 e 117 della
 Costituzione, della legittimita' dell'art. 11,  ultimo  comma,  della
 legge  della Regione Abruzzo 13 luglio 1989, n. 52, a norma del quale
 "L'integrale  corresponsione  della  sanzione   pecuniaria   irrogata
 produce  gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma, della legge
 28 febbraio 1985, n. 47".
    Piu' in particolare, di fronte ad una richiesta  di  archiviazione
 del  pubblico  ministero  relativa  ad  abusi  edilizi  commessi  nel
 territorio di Lanciano, il giudice a quo, constatato che uno di  essi
 non  era stato compreso nella concessione in sanatoria e che, dunque,
 avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti al titolare dell'azione  penale
 per  la  formulazione  dell'imputazione  in  ordine  al  reato di cui
 all'art. 20, lettera a), della legge n. 47 del 1985,  per  avere  gli
 imputati,  nella  rispettiva  qualita' di proprietario titolare della
 concessione, di costruttore e di direttore dei lavori,  costruito  un
 edificio  in  parziale difformita' della concessione edilizia, ma che
 una tale  procedura  risulta  preclusa  dalla  norma  denunciata,  ha
 sollevato   l'indicata   questione   di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 11, ultimo comma, della legge della Regione Abruzzo  n.  52
 del  1989, "perche' disciplina la materia penale riservata alle leggi
 dello Stato ed esclusa dalla potesta' legislativa  delle  Regioni"  e
 "per  l'ingiustificato  diverso  trattamento  che  riserva,  in  sede
 penale, agli abusi commessi nella regione Abruzzo".
    2. - La questione e' fondata.
    Sotto  la  rubrica   "Repressione   degli   abusi   in   'parziale
 difformita''",  l'art.  11  della  legge  regionale  n.  52  del 1989
 stabilisce che nelle ipotesi  in  cui  venga  accertata  la  parziale
 difformita'  delle  opere dal progetto approvato, il sindaco ingiunge
 ai  responsabili  la  demolizione  delle  opere  abusive  fissando un
 termine congruo, comunque non  superiore  a  120  giorni,  decorrente
 dalla  notifica  del  provvedimento, da effettuarsi nelle forme degli
 atti  di  citazione,  e  che  se  dall'accertamento  e'   riscontrata
 l'inottemperanza  all'ingiunzione,  le  opere  stesse sono demolite a
 cura del comune ed a spese dei responsabili dell'abuso (terzo comma).
 Ove poi, come  nell'ipotesi  di  specie,  la  demolizione  non  possa
 avvenire   senza   pregiudizio  della  parte  di  opera  eseguita  in
 conformita', il quarto comma dell'art. 11 della detta legge regionale
 (riproducendo alla lettera l'art. 12, secondo comma, della  legge  28
 febbraio  1985,  n. 47) prescrive che il sindaco applica una sanzione
 pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla  legge
 27  luglio  1978,  n.  392,  della  parte  dell'opera  realizzata  in
 difformita' della concessione, se ad  uso  residenziale,  e  pari  al
 doppio  del  valore  venale,  determinato a cura dell'ufficio tecnico
 erariale, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
 L'art. 11, ultimo comma, della legge regionale  n.  52  del  1989  fa
 infine conseguire dal pagamento dell'integrale importo della sanzione
 pecuniaria irrogata "gli effetti previsti dall'art. 22, ultimo comma,
 della  legge 28 febbraio 1985, n. 47", a norma del quale "Il rilascio
 della concessione in sanatoria delle  concessioni  estingue  i  reati
 contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti".
    Dunque,  poiche' l'effetto previsto dalla disposizione della legge
 statale e', appunto, l'estinzione dei  reati  contravvenzionali,  fra
 cui  quello  contemplato  dall'art. 20, lettera a), della legge n. 47
 del 1985, l'art. 11, ultimo comma, della  legge  regionale  ha  fatto
 scaturire    come    conseguenza   del   pagamento   della   sanzione
 amministrativa un effetto estintivo  del  reato  non  previsto  dalla
 legislazione  statale  che  subordina,  invece,  il  detto effetto al
 rilascio della concessione in sanatoria.
    3. - La norma denunciata,  pur  non  modificando  direttamente  il
 sistema delle sanzioni penali delineato dalla legge statale, ha pero'
 introdotto  una regolamentazione del procedimento amministrativo piu'
 favorevole per il soggetto privato rispetto a quanto  previsto  dagli
 artt.  12  e  13  della legge n. 47 del 1985, cosi' da incidere sulla
 disciplina penalistica.  Essa  consente,  infatti,  l'estinzione  dei
 reati contravvenzionali urbanistici anche in mancanza della sanatoria
 delle  opere  abusive  e,  quindi,  nonostante  la  non  "conformita'
 dell'opera con gli  strumenti  urbanistici  vigenti  all'epoca  della
 costruzione  dell'opera  stessa" (v. sentenza n. 231 del 1993); cosi'
 da  prescindere   dall'accertamento   dell'inesistenza   del   "danno
 urbanistico", da cui soltanto puo' derivare l'estinzione del reato in
 forza della corresponsione della sanzione amministrativa inflitta per
 la violazione.
    4.  -  Ne  consegue che l'art. 11, quinto comma, della legge della
 Regione   Abruzzo   13   luglio   1989,   n.   52,   con   l'incidere
 sull'applicabilita'  delle cause di estinzione del reato interferisce
 "nella  'materia  penale',  relativamente  alla  quale,  secondo   la
 costante   giurisprudenza  di  questa  Corte,  'vale  la  riserva  di
 disciplina a favore dello Stato, che si configura come  un  principio
 di  rango  costituzionale'"  (v.  sentenze n. 231 del 1993, n. 18 del
 1991, n. 487 del 1989 e n. 179 del  1986),  cosicche'  il  legiferare
 nella  suddetta  materia  in deroga alla legislazione statale implica
 violazione degli artt. 25 e 117 della Costituzione.
    5.  - Restano, in tal modo, assorbite, le censure incentrate sugli
 ulteriori parametri costituzionali invocati dal giudice a quo.