ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e
 di  Trento,  notificati,  rispettivamente, il 17 agosto 1994 ed il 16
 settembre 1994 e depositati in cancelleria il  29  agosto  ed  il  28
 settembre  1994,  per  conflitti  di attribuzione sorti a seguito del
 d.P.R. 31 marzo 1994, recante: "Atto di indirizzo e coordinamento  in
 materia  di  attivita'  all'estero  delle  regioni  e  delle province
 autonome", iscritti ai nn. 32 e 35 del registro conflitti 1994;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 4 aprile 1995 il Giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
    Uditi gli avvocati Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano
 e Valerio Onida per la Provincia  autonoma  di  Trento  e  l'avvocato
 dello Stato Gaudenzio Pierantozzi per il Presidente del Consiglio dei
 ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorsi notificati, rispettivamente, il 17 agosto 1994
 (R. Confl. n. 32 del 1994) ed il 16 settembre 1994 (R. Confl.  n.  35
 del  1994),  le  Province  autonome  di  Bolzano  e  di  Trento hanno
 sollevato conflitti di attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in
 relazione  al  decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994,
 recante "Atto di indirizzo e coordinamento in  materia  di  attivita'
 all'estero delle regioni e delle province autonome".
    Le  Province  ricorrenti  denunciano  l'invasione di competenze ad
 esse  attribuite,  in  violazione  dello  statuto  speciale  per   il
 Trentino-Alto  Adige,  approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e
 delle relative norme di attuazione.
    2.  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  sottolinea  anzitutto
 l'esigenza,  che  e'  all'origine  della  sua  stessa istituzione, di
 mantenere  l'identita'  culturale  delle  popolazioni  locali,  anche
 mediante  collegamenti  con  enti  extranazionali  appartenenti  alla
 medesima area  culturale.  Il  decreto  denunciato,  intervenendo  in
 materia  di  attivita'  all'estero  delle  regioni  e  delle province
 autonome, inciderebbe su questa esigenza, ignorando  le  peculiarita'
 che  hanno dato luogo ad un trattamento differenziato della Provincia
 di Bolzano rispetto alle regioni a statuto ordinario.
    Il decreto impugnato sarebbe lesivo di competenze attribuite  alla
 ricorrente dagli artt. 8, 9 e 16, primo comma, dello statuto speciale
 e  dalle  relative  norme  di  attuazione, dettando una disciplina di
 dettaglio, anche a carattere organizzativo,  che  va  oltre  l'ambito
 consentito  dall'art.  3,  comma  2, del decreto legislativo 16 marzo
 1992, n. 266, per gli atti di  indirizzo  e  coordinamento,  i  quali
 possono  vincolare  la Provincia solo al conseguimento di obiettivi o
 risultati.
    La Provincia afferma, in particolare, di avere la piena competenza
 a svolgere attivita' promozionale turistica all'estero per iniziative
 da realizzare nel proprio territorio, con  la  facolta',  e  non  con
 l'obbligo,  di  avvalersi dell'Ente nazionale italiano per il turismo
 (ENIT) (art. 5, numero 3, del d.P.R. 22 marzo 1974,  n.  278),  senza
 dover  sottostare  ad  alcuna procedura limitativa. Anche nelle altre
 materie di competenza provinciale  non  sussisterebbero  limiti  allo
 svolgimento  di  attivita'  promozionali  all'estero,  e  questi  non
 potrebbero essere imposti sotto forma di atti di indirizzo.
    La ricorrente sostiene, inoltre, che non sarebbero state riservate
 all'esclusiva  valutazione  ed attuazione da parte della Provincia le
 attivita' da promuovere  o  gestire  nei  paesi  dell'area  culturale
 tedesca per favorire lo sviluppo economico, sociale e culturale delle
 minoranze tedesca e ladina.
    3.  - Anche la Provincia autonoma di Trento denuncia l'invasivita'
 del d.P.R. 31 marzo 1994 e chiede che si dichiari che non spetta allo
 Stato:  a)  stabilire  che  il   Ministro   delegato,   preposto   al
 dipartimento  per  gli  affari regionali, possa eccepire il contrasto
 delle attivita' di mero  rilievo  internazionale  con  gli  indirizzi
 politici  generali  dello  Stato,  o  la loro esorbitanza dalla sfera
 degli  interessi  regionali,  anziche'  solo  il  contrasto  con  gli
 indirizzi  di politica estera; b) stabilire che la Provincia autonoma
 debba utilizzare, per l'attuazione dei programmi, delle iniziative  e
 delle  altre  attivita',  previsti  dagli  artt. 1 e 2 del decreto in
 questione, i  servizi  degli  organismi  dello  Stato  e  degli  enti
 nazionali operanti all'estero;
  c) prevedere con atto di indirizzo e coordinamento che l'unica forma
 di  presenza  delle  regioni  e  delle  province  autonome  presso le
 istituzioni  delle  Comunita'  europee  ed  il  solo  strumento   per
 mantenere  rapporti  con  gli  uffici  ed  organismi  comunitari  sia
 l'inserimento  di  esperti   regionali   presso   la   Rappresentanza
 permanente d'Italia.
    La  Provincia di Trento sostiene, in particolare, che il d.P.R. 31
 marzo 1994 conterrebbe una disciplina dettagliata delle attivita'  di
 mero  rilievo internazionale delle regioni e delle province autonome,
 priva del necessario fondamento legislativo. Inoltre  la  valutazione
 delle  attivita'  di  mero  rilievo internazionale sarebbe rimessa al
 Governo in un ambito troppo ampio, con il rischio che venga  limitata
 ogni possibile iniziativa all'estero della Provincia.
    Anche la disposizione contenuta nell'art. 3 del decreto impugnato,
 che  prevede  che  le regioni si debbano coordinare, per l'attuazione
 dei programmi, delle iniziative  e  delle  attivita'  indicati  dagli
 artt. 1 e 2 del decreto stesso, con gli organismi dello Stato e degli
 enti nazionali operanti all'estero, utilizzandone di norma i servizi,
 contrasterebbe  con  il  d.P.R.  n. 278 del 1974, che nel settore del
 turismo prevede solo la facolta', e non l'obbligo, della Provincia di
 avvalersi dell'ENIT.
    Infine la previsione dell'art. 4, comma 2, del decreto  impugnato,
 secondo la quale con legge statale sara' prevista l'istituzione di un
 contingente  di esperti regionali presso la Rappresentanza permanente
 d'Italia presso le Comunita' europee, designati dalla Conferenza  dei
 presidenti delle regioni e delle province autonome, non consentirebbe
 di  tener  conto  delle  singole e specifiche realta' provinciali. Se
 precludesse la possibilita' di tenere rapporti con gli  uffici  e  le
 strutture  comunitarie  in forme diverse, la norma contrasterebbe con
 l'art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992,  che  assegna  alle
 province  autonome  il  compito  di  dare  attuazione  agli  atti  di
 indirizzo   e   coordinamento   attraverso    proprie    disposizioni
 organizzative.
    4.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
 entrambi i giudizi ed ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
    L'Avvocatura  osserva  che  il  decreto  oggetto  dei conflitti di
 attribuzione sostituisce le precedenti disposizioni  di  indirizzo  e
 coordinamento per le attivita' promozionali all'estero delle regioni,
 La  Corte  costituzionale  ha  avuto  modo di occuparsi piu' volte di
 questo atto, sempre utilizzato a supporto di  numerose  sentenze.  In
 particolare  nella  sentenza  n. 472 del 1992 la Corte ha considerato
 opportuna,  per  le  attivita'  di   mero   rilievo   internazionale,
 l'emanazione  di un atto di indirizzo e coordinamento integrativo del
 d.P.C.m. 11  marzo  1980,  finalizzato  alla  disciplina  del  previo
 assenso per tale categoria di attivita' regionali.
    L'Avvocatura   ritiene,   inoltre,   che   il  decreto  impugnato,
 riferendosi  alle  attivita'  di  mero  rilievo  internazionale,  non
 disciplini  un  quid  novi,  in quanto gia' il d.P.C.m. 11 marzo 1980
 regolamentava  i  contatti  delle  regioni  con  paesi  esteri,   non
 afferenti  alle  attivita'  promozionali,  sebbene  non li designasse
 formalmente come atti di mero rilievo  internazionale,  essendo  tale
 espressione   enunciata  solo  successivamente  dalla  giurisprudenza
 costituzionale.
    L'Avvocatura esclude che l'atto in questione sia diretto,  in  via
 generale  o  attraverso particolari norme, a vincolare l'azione delle
 province autonome sul piano organizzativo.  Le  singole  disposizioni
 del  d.P.R.  31  marzo  1994  riguarderebbero  soltanto  le procedure
 attraverso le quali si individuano le iniziative da svolgere, perche'
 esse possano essere  valutate  compiutamente,  al  fine  di  ottenere
 l'intesa  governativa  oppure  di  escludere  un  contrasto  con  gli
 indirizzi generali dello Stato  o  l'esorbitanza  dalla  sfera  degli
 interessi   provinciali.  La  necessita'  di  coordinamento  con  gli
 organismi dello Stato e  degli  enti  nazionali  operanti  all'estero
 rappresenterebbe una tenue ricaduta del tuttora persistente carattere
 unitario  della  personalita'  internazionale  dello Stato, laddove a
 livello comunitario viene concesso  alle  regioni  ed  alle  province
 autonome il piu' ampio spazio, ovviamente nei limiti ed in attuazione
 della  politica  comunitaria  determinata dallo Stato. Del resto, non
 sarebbe sufficiente che  determinati  interessi  facciano  capo  alle
 regioni   ed   alle   province   autonome  e  siano  territorialmente
 circoscritti  per   escludere   interferenze   statali.   L'attivita'
 all'estero diretta alla tutela di tali interessi, ponendo problemi di
 relazioni  internazionali, di commercio con l'estero, di bilancia dei
 pagamenti,  coinvolgerebbe  sempre  anche  interessi   di   carattere
 unitario  che  debbono essere ricondotti nell'ambito delle competenze
 istituzionali  degli  organi  centrali.  Le  esigenze  di   carattere
 unitario,  che  sul  piano dei rapporti internazionali coinvolgono le
 competenze degli organi centrali, vanno rispettate quale che  sia  la
 materia  per  la  quale si esplica la potesta' legislativa, esclusiva
 ovvero concorrente, della provincia.
    Quanto  alle  procedure  delineate  nell'atto   di   indirizzo   e
 coordinamento,  esse sarebbero dirette esclusivamente a realizzare il
 coordinamento fra le funzioni ed interessi dello Stato e quelli delle
 province autonome, se e per quanto lo statuto speciale e le  relative
 norme di attuazione non prescrivano specifici procedimenti.
    Nessun  fondamento  avrebbe la censura, mossa in particolare dalla
 Provincia autonoma di Trento, all'art. 3 del d.P.R. 31 marzo 1994. La
 previsione di una forma di coordinamento  attraverso  l'utilizzo,  di
 norma,  dei  servizi  resi  da organi dello Stato operanti all'estero
 cede   di  fronte  alla  disposizione  di  attuazione  dello  statuto
 speciale, che prevede  una  facolta'  della  Provincia  di  avvalersi
 dell'ENIT.  Di  conseguenza, nessuna attivita' provinciale all'estero
 in materia di turismo potra' essere censurata dallo Stato se  venisse
 messa  in  atto senza avvalersi di tale ente. Questa evenienza, oltre
 ad essere confortata  dai  limiti  posti  espressamente  nel  decreto
 impugnato  a  salvaguardia delle regioni a statuto speciale (art. 7),
 troverebbe conferma nella prassi statale, che ha sempre osservato  la
 gerarchia delle fonti legislative.
    5.  - In prossimita' dell'udienza la Provincia autonoma di Bolzano
 ha depositato una memoria nella quale ribadisce quanto sostenuto  nel
 ricorso  ed afferma che l'atto impugnato e' lesivo delle attribuzioni
 provinciali essendo privo di uno specifico fondamento legale, che  in
 particolare   mancherebbe   in   materia  di  attivita'  promozionali
 turistiche, per le quali le norme di attuazione dello  statuto  della
 Regione Trentino-Alto Adige non prevedono alcun potere governativo di
 indirizzo e coordinamento.
                        Considerato in diritto
    1.  - I conflitti di attribuzione proposti dalle Province autonome
 di Bolzano e di  Trento  nei  confronti  dello  Stato  concernono  il
 decreto  del Presidente della Repubblica 31 marzo 1994, adottato come
 "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita' all'estero
 delle regioni e delle province autonome".
    Le  ricorrenti  denunciano  la  lesione  di  competenze  ad   esse
 attribuite   dallo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige,
 approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e dalle  relative  norme
 di attuazione.
    La  Provincia di Bolzano chiede l'annullamento del decreto nel suo
 complesso, ed in particolare degli artt. 1, 2, 3, 4, 5  e  7.  Questo
 atto, difatti, detterebbe prescrizioni specifiche, anche di carattere
 organizzativo,  non sorrette da una fonte legislativa che le preveda;
 disciplinerebbe,  con  statuizioni  di  dettaglio,   l'azione   della
 Provincia,  che  puo'  essere  vincolata  con  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento, in base all'art. 3, comma 2, del  decreto  legislativo
 16  marzo  1992,  n.  266,  solo  al  conseguimento degli obiettivi o
 risultati da tali atti stabiliti.
    In particolare la Provincia  di  Bolzano  afferma  che,  in  campo
 turistico,  l'attivita'  promozionale  all'estero  per  iniziative da
 realizzare  nel  proprio  territorio  e'  rimessa  del   tutto   alla
 competenza  della  Provincia  stessa,  che,  diversamente  da  quanto
 prevede il decreto impugnato, ha la facolta',  in  base  all'art.  5,
 numero  3,  del  d.P.R.  22  marzo  1974, n. 278, ma non l'obbligo di
 avvalersi dell'Ente nazionale italiano  per  il  turismo  (ENIT).  Il
 decreto    impugnato   non   riserverebbe,   inoltre,   all'esclusiva
 valutazione della Provincia le  attivita',  da  promuovere  in  paesi
 dell'area  culturale  tedesca,  dirette  a favorire lo sviluppo delle
 minoranze  linguistiche  tedesca   e   ladina,   conformemente   alle
 caratteristiche specifiche dell'autonomia attribuita alla ricorrente.
    La  Provincia  di  Trento  chiede  l'annullamento  solo  di alcune
 disposizioni del d.P.R. 31 marzo 1994: dell'art. 2,  comma  2,  nella
 parte   in   cui  prevede  che  il  Ministro  delegato,  preposto  al
 dipartimento per gli affari regionali, possa  eccepire  il  contrasto
 delle  attivita'  di  mero  rilievo  internazionale con gli indirizzi
 politici generali dello Stato o la loro esorbitanza dalla sfera degli
 interessi  regionali,  e  non  solo il contrasto con gli indirizzi di
 politica estera dello Stato; dell'art. 3, comma 1, nella parte in cui
 stabilisce che la provincia autonoma deve utilizzare i servizi  degli
 organismi  dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero per
 attuare i programmi, le iniziative ed attivita' indicati dagli  artt.
 1  e 2 dello stesso decreto; dell'art. 4, comma 2, nella parte in cui
 prevede  l'istituzione  di  un  contingente  di   esperti   regionali
 nell'ambito   della  Rappresentanza  permanente  d'Italia  presso  le
 Comunita' europee quale  unica  forma  di  presenza  della  provincia
 presso gli uffici e gli organismi comunitari.
    2.  - I due ricorsi hanno ad oggetto il medesimo atto, prospettano
 censure complementari  ed  in  parte  analoghe,  sicche'  i  giudizi,
 evidentemente connessi, possono essere decisi congiuntamente.
    3.  - Il d.P.R. 31 marzo 1994 intende espressamente "adeguare agli
 sviluppi  anche  giurisprudenziali  dell'ordinamento  italiano  e  di
 quello  comunitario"  il  contenuto  del  d.P.C.m. 11 marzo 1980, che
 dettava disposizioni di indirizzo  e  coordinamento  delle  attivita'
 all'estero delle regioni.
    Il  nuovo  decreto,  che  sostituisce  interamente  il precedente,
 contiene una descrizione  definitoria  delle  attivita'  promozionali
 all'estero  (art.  1), distinguendole dalle attivita' di mero rilievo
 internazionale (art. 2), da tempo  individuate  dalla  giurisprudenza
 costituzionale  (sentenze n. 179 del 1987, nn. 564 e 737 del 1988, n.
 472 del 1992); regola le procedure con  le  quali  gli  organi  dello
 Stato esprimono le valutazioni rimesse alla loro competenza (intesa o
 assenso,  anche  impliciti,  dissenso motivato o eccezioni) in ordine
 alle attivita' che le regioni intendono porre in essere ed  indica  i
 criteri  ai  quali  ispirare  le  valutazioni  statali;  preordina la
 collaborazione dello Stato e degli enti pubblici con le regioni (art.
 3);  prefigura  rapporti  con  la  Comunita'  europea  (art.   4)   e
 regolamenta per piu' aspetti momenti informativi e di collaborazione.
    4.  -  L'autoqualificazione  del  decreto  impugnato  come atto di
 indirizzo  e  coordinamento  non   e'   decisiva   per   determinarne
 l'effettiva  portata  e  la reale natura, dovendosi fare riferimento,
 per  individuarne  le  caratteristiche,  al   contenuto   sostanziale
 dell'atto  piuttosto  che  alla  sua  enunciata  veste formale. Si e'
 difatti in presenza  non  di  un  atto  destinato  ad  indirizzare  e
 coordinare   l'attivita'   amministrativa   di   soggetti  dotati  di
 autonomia, ma  di  un  atto  essenzialmente  diretto  a  disciplinare
 l'esercizio  di  poteri  dello  Stato, sia pure riferiti ad attivita'
 regionali.
    Il d.P.R. 31 marzo 1994 non riguarda in  alcun  modo  i  contenuti
 delle  attivita'  estere  delle regioni, siano essi promozionali o di
 mero rilievo internazionale, attribuite  alla  loro  competenza;  non
 prefissa gli obiettivi che devono essere raggiunti ne' le figure o le
 modalita'  organizzative  che  le regioni possono o debbono adottare.
 Esso  contiene,  oltre  a  ricognizioni  definitorie  da  leggere  in
 coerenza  con  i  principi  che  gia'  disciplinano  l'assetto  delle
 competenze in  materia  di  attivita'  estera  delle  regioni,  norme
 procedurali,  che,  per loro natura, non sono dirette a modificare il
 fondamento ed il regime dei poteri disciplinati (sentenza n. 242  del
 1989).
    Il   provvedimento   impugnato,  nella  sua  sostanziale  portata,
 regolamenta tempi e modi di esercizio di  competenze  gia'  spettanti
 all'amministrazione  statale  in materia di attivita' estera. Difatti
 allo Stato rimangono  sempre  riservati  gli  indirizzi  di  politica
 estera  e la valutazione degli interessi del Paese in questo settore,
 tanto con riferimento  alle  attivita'  promozionali  in  materie  di
 competenza  regionale,  quanto  per  le  attivita'  di  mero  rilievo
 internazionale delle regioni stesse. In conformita' di tale principio
 si e' sempre affermata la necessita' che lo Stato sia messo in  grado
 di  apprezzare,  attraverso gli strumenti dell'intesa o dell'assenso,
 se le iniziative di competenza regionale che toccano la sfera  estera
 siano   o   meno   in   contrasto   con  gli  indirizzi  di  politica
 internazionale, rimessi alla competenza statale (da  ultimo  sentenze
 n. 212 del 1994 e n. 290 del 1993).
    All'esclusiva  competenza,  propria  degli  organi  centrali dello
 Stato, di determinare ed attuare gli indirizzi di politica estera, in
 senso lato,  non  si  sottraggono  le  province  dotate  di  speciale
 autonomia.  Anche  per  esse  le  attivita'  promozionali da svolgere
 all'estero sono consentite previa intesa con il Governo (art.  4  del
 d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616)  e  le  attivita' di mero rilievo
 internazionale richiedono la previa verifica della  conformita'  agli
 indirizzi  di  politica  internazionale,  affinche'  resti escluso il
 pericolo di un pregiudizio per gli interessi del Paese  (sentenza  n.
 564 del 1988).
    Essendo  le competenze e le valutazioni dello Stato, da un lato, e
 delle regioni o delle  province  autonome,  dall'altro,  distinte  ma
 cospiranti, il principio di leale cooperazione comporta l'obbligo per
 queste  ultime  di  comunicare al Governo le iniziative in programma,
 con  tempestivita'  e  completezza  di  informazioni,  in   modo   da
 consentire  una  valutazione  adeguata della conformita' delle stesse
 con gli indirizzi di politica estera dello Stato e con gli  interessi
 nazionali  (sentenze  n.  204  del 1993, n. 472 del 1992 e n. 179 del
 1987).
    A tal fine, in sede di  disciplina  del  procedimento  di  propria
 spettanza,  rientra  nella competenza dello Stato indicare gli organi
 ai quali i programmi delle attivita' ed ogni necessaria comunicazione
 devono essere inviati dalle regioni, precisando  il  contenuto  delle
 relative  informazioni  ed  i  tempi  del  loro  inoltro, perche' sia
 possibile l'effettivo  esame  delle  attivita'  previste;  come  pure
 rientra  nella  medesima  competenza  indicare  i criteri ai quali il
 Ministro competente ispira il proprio apprezzamento,  i  termini  nei
 quali  deve comunicare l'eventuale, motivato dissenso, stabilendo che
 la mancata pronuncia nei termini implichi l'intesa o l'assenso.
    In questa prospettiva e' egualmente riconducibile al principio  di
 leale cooperazione anche la previsione di comunicazioni relative agli
 incontri delle regioni con organi rappresentativi esteri.
    Il  decreto  impugnato muove essenzialmente secondo questa linea e
 tende a disciplinare, per la parte statale,  attivita'  e  procedure,
 iterando, nel resto, enunciazioni dirette agli organi dello Stato per
 indicare   i   criteri   cui  attenersi  nelle  valutazioni  di  loro
 competenza, che devono essere interpretati in coerenza con i principi
 dell'assetto dei rapporti tra attribuzioni  statali  e  regionali  in
 materia di attivita' estera, piu' volte ripetuti dalla giurisprudenza
 costituzionale  (sentenze n. 187 del 1985 e n. 179 del 1987), secondo
 cui le valutazioni dello Stato rimangono  ancorate  all'apprezzamento
 della  compatibilita'  delle  iniziative  regionali con gli indirizzi
 politici generali in materia estera.
    5. - Per quanto piu' specificamente attiene alla  posizione  delle
 ricorrenti,  il  d.P.R. 31 marzo 1994, nel definire il proprio ambito
 di applicazione, comprende anche le Province autonome di Trento e  di
 Bolzano,  ma  salvaguarda espressamente quanto diversamente stabilito
 dallo statuto, dalle norme di attuazione e dalle  altre  disposizioni
 che  ad  esse  si  riferiscono  (art.  7,  comma  1). Rimangono anche
 espressamente intoccati la  disciplina  ed  i  rapporti  correlati  a
 specifici  accordi  o  intese  internazionali, come pure l'attuazione
 delle attivita' in essi prevista (art. 7, comma 2).
    Queste enunciazioni non rappresentano una clausola di  stile,  ne'
 si   esauriscono   in   una   previsione  di  chiusura  o  residuale.
 Costituiscono, anzi, l'espressione di un principio e la delimitazione
 oggettiva dell'ambito di applicazione dell'atto:  entrambe  intese  a
 salvaguardare pienamente la specificita' dell'autonomia provinciale e
 la  prevalenza  delle  disposizioni che la garantiscono, nel contesto
 dello statuto e delle altre norme proprie a tali enti.
    L'art. 7, commi 1 e  2,  del  decreto  impugnato  offre  anche  un
 criterio  interpretativo  delle altre disposizioni del medesimo atto,
 che risultino applicabili alle Province autonome. Queste disposizioni
 devono essere lette in coerenza, e non in  contrasto,  con  le  norme
 delle  diverse  fonti  che  salvaguardano  l'autonomia  speciale e la
 particolare collocazione delle ricorrenti.
    Ne  deriva,  per  quanto  ad   esempio   specificamente   riguarda
 l'attivita'   di  promozione  all'estero  nel  campo  turistico,  che
 continuano a trovare immediata applicazione le  norme  di  attuazione
 dello   statuto   speciale,   invocate  dalle  ricorrenti.  Anche  la
 previsione  di  una   presenza   di   derivazione   regionale   nella
 Rappresentanza  permanente  d'Italia  presso le Comunita' europee, in
 consonanza con la politica regionale comunitaria e con il ruolo delle
 regioni (si veda, in proposito, la risoluzione del Parlamento europeo
 del 17 novembre 1988), non vale a limitare od  escludere  ogni  altro
 rapporto  con  gli  organismi  comunitari, previsto dallo stesso atto
 impugnato o che altre fonti normative consentano.
    Cosi' ricostruiti la qualificazione dell'atto e l'ambito della sua
 applicazione, non sussiste la lamentata lesione di  competenze  delle
 Province autonome, le cui doglianze devono essere pertanto dichiarate
 infondate.