ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  7,  comma  6,
 ultimo   periodo,  limitatamente  alle  parole  "o  gruppi  di  liste
 collegate", della legge 25 marzo 1993, n. 81  (Elezione  diretta  del
 sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del
 consiglio  provinciale),  promosso  con  ordinanza emessa il 6 maggio
 1994 dal Consiglio di  Stato  sul  ricorso  proposto  da  Licia  Rita
 Morsolin  contro Gian Giuseppe Tomarelli ed altro, iscritta al n. 699
 del registro ordinanze 1994 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto di costituzione di Licia Rita Morsolin nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11  luglio  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
    Uditi  l'avvocato  Luigi  Genovese  per  Licia  Rita  Morsolin   e
 l'avvocato  dello  Stato Enrico Arena per il Presidente del Consiglio
 dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa  il  6  maggio  1994  nel  corso  di  un
 procedimento  di  impugnazione  della  proclamazione  degli eletti al
 consiglio comunale di Monfalcone in esito all'elezione  svoltasi  nei
 giorni  6  e  20  giugno 1993, il Consiglio di Stato ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 1, secondo comma, 48, secondo comma, 49 e  51,
 primo   comma,   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 7, comma 6, ultimo periodo, della  legge  25
 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della
 provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella
 parte  in  cui,  con le parole "o gruppi di liste collegate", prevede
 che per l'assegnazione dei seggi  del  consiglio  comunale  si  tenga
 conto  del  collegamento tra liste anche con un candidato alla carica
 di sindaco risultato non eletto.
    La  disposizione  denunciata,  nel   contesto   della   disciplina
 dell'elezione  del  consiglio  comunale  nei  comuni  con popolazione
 superiore a 15.000 abitanti, prevede che non meno del  60  per  cento
 dei  seggi sia assegnato alla lista o al gruppo di liste collegate al
 candidato  che,  ottenuta al primo o al secondo turno di votazioni la
 maggioranza dei voti, sia stato eletto sindaco. Analogo riferimento a
 liste o gruppi di liste collegate e' enunciato  per  la  ripartizione
 dei restanti seggi, da attribuire alla minoranza. Questo comporta che
 anche  le  liste collegate con un candidato non eletto alla carica di
 sindaco si considerano come una sola ai fini della determinazione dei
 seggi da attribuire, salva  la  successiva  ripartizione  tra  queste
 liste dei seggi ad esse complessivamente assegnati.
    Il giudice rimettente dubita che tale criterio di ripartizione dei
 seggi sia in contrasto con il principio di eguaglianza del voto (art.
 48,  secondo  comma,  della Costituzione), che non solo vieterebbe di
 attribuire un diverso peso al  voto  in  base  a  qualita'  personali
 dell'elettore, ma comporterebbe anche che, nel rispetto del principio
 di   maggioranza,  ritenuto  coincidente  con  quello  di  sovranita'
 popolare (art. 1, secondo comma, della Costituzione), sia eletto  chi
 ha  piu'  voti. L'eguaglianza del voto si atteggerebbe come principio
 di proporzionalita' tra  due  grandezze  misurabili,  tale  che  alla
 variazione  della  prima  corrisponda  una variazione dell'altra. Nei
 sistemi  elettorali  la  proporzionalita'   consisterebbe   nel   far
 corrispondere,  sia  pure  in  modo necessariamente approssimato, una
 unita' dell'organo da eleggere ad  ogni  insieme  di  voti,  pari  al
 quoziente  tra  il numero delle unita' del corpo elettorale che li ha
 espressi ed il numero dei rappresentanti da eleggere.
    Il giudice rimettente ritiene che non vengano  in  discussione  le
 "differenze  di  peso"  dei singoli voti, dovute alle approssimazioni
 inevitabili in qualsiasi sistema proporzionale, basato  sul  voto  di
 lista.  Ne' e' posta in dubbio la legittimita' dei sistemi elettorali
 maggioritari, nei quali il principio di eguaglianza del voto si fonde
 con il principio di maggioranza, sicche' viene  eletto  il  candidato
 che ha ottenuto la maggioranza, relativa o qualificata, dei voti.
    L'ordinanza  di  rimessione  non  pone  neanche  in discussione la
 legittimita' di un premio di maggioranza a favore della lista che  ha
 riportato  la  maggioranza,  relativa  o  qualificata,  dei voti, per
 assicurare   la   stabilita'   di   azione   dell'organo    elettivo.
 L'attribuzione  di  seggi,  piu'  che  proporzionale,  alla  lista di
 maggioranza manterrebbe identita' di segno: la lista che  ottiene  un
 maggior  numero  di seggi rispetto ad un'altra ha sempre riportato un
 maggior numero di voti. In  questo  senso  opererebbe  il  premio  di
 maggioranza, previsto dall'art. 7 della legge n. 81 del 1993 a favore
 delle  liste, unitariamente considerate, che si sono collegate con il
 candidato che viene eletto sindaco,  al  quale  viene  garantita  una
 stabile maggioranza nel consiglio comunale.
    Diversa, ad avviso del giudice rimettente, e' la situazione per le
 liste  collegate  a  candidati  alla carica di sindaco, risultati non
 eletti. La disposizione denunciata, inserita in un sistema che rimane
 proporzionale a liste concorrenti,  consente  ad  una  lista  che  ha
 riportato   meno   voti  di  ottenere  piu'  seggi  per  effetto  del
 collegamento con altre liste,  senza  che  questo  risultato  dipenda
 dalle   inevitabili   approssimazioni   del   sistema   elettorale  o
 corrisponda ad una specifica finalita', quale  quella  di  assicurare
 una  stabile maggioranza o di evitare l'eccessivo frazionamento nella
 composizione dell'organo. Nel caso esaminato dal  giudice  rimettente
 il numero di partiti presenti in consiglio comunale resterebbe sempre
 lo  stesso,  ma potrebbe mutare il destinatario di uno dei seggi, che
 e' stato attribuito ad un partito per effetto  del  collegamento  tra
 liste  rimaste  in  minoranza,  mentre  sarebbe assegnato ad un altro
 partito se non si tenesse conto del collegamento.
    Il dubbio di legittimita' costituzionale viene  prospettato  anche
 in relazione al diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche
 elettive  in  condizioni  di eguaglianza (art. 51, primo comma, della
 Costituzione); diritto che costituirebbe il risvolto dei principi  di
 maggioranza e di eguaglianza del voto. Secondo il giudice rimettente,
 il  pari  trattamento dei candidati potrebbe essere limitato solo per
 realizzare interessi costituzionali fondamentali e  generali,  sempre
 che la diversita' di trattamento si ispiri a criteri di razionalita'.
    Viene   anche   denunciato   il  contrasto  con  l'art.  49  della
 Costituzione, desumendo da questa disposizione  una  regola  di  pari
 trattamento  delle  liste  elettorali  e  considerando  queste come i
 partiti politici nel momento elettorale.
    La questione di legittimita' costituzionale e' ritenuta  rilevante
 nel  giudizio  principale  in quanto, attribuiti 12 seggi (pari al 60
 per cento di quelli del consiglio comunale di Monfalcone) alle  liste
 collegate  con  il  candidato  eletto  alla  carica  di  sindaco, per
 l'assegnazione dei  restanti  8  seggi  le  liste  dei  Popolari  per
 Monfalcone  e  del Partito socialista democratico italiano sono state
 considerate unitariamente dall'Ufficio elettorale centrale  comunale,
 che  ha sommato la cifra elettorale di ciascuna di esse ai fini della
 determinazione dei quozienti. In tal modo sono stati  assegnati  alle
 liste  collegate  due  seggi,  ripartiti  poi uno per ciascuna lista.
 Nessun seggio e'  stato  invece  assegnato  alla  lista  Rifondazione
 comunista,  nella  quale  era  candidata  la  ricorrente  Licia  Rita
 Morsolin, la cui cifra elettorale e' superiore alla cifra  elettorale
 del   Partito   socialista   democratico  italiano,  se  isolatamente
 considerato. La ricorrente otterrebbe l'assegnazione del seggio se la
 disposizione denunciata, che consente il calcolo  unitario  dei  voti
 delle  liste  collegate  ai  fini della determinazione dei quozienti,
 fosse dichiarata costituzionalmente illegittima.
    2. - Si e' costituita in giudizio Licia Rita Morsolin per chiedere
 che la questione  di  legittimita'  costituzionale  sia  accolta,  ma
 prospettando  anche  una  diversa  interpretazione della disposizione
 denunciata.  L'espressione  "ciascun  gruppo  di   liste   collegate"
 potrebbe  essere riferita solo al collegamento con il sindaco eletto,
 quindi esclusivamente per il  raggruppamento  di  maggioranza  e  non
 anche  per le altre liste, collegate con un candidato sindaco rimasto
 in minoranza.
    La difesa della parte privata osserva che se  la  finalita'  della
 disposizione  fosse  quella  di evitare l'eccessivo frazionamento nel
 consiglio comunale, riducendo il numero  dei  partiti  rappresentati,
 non   si   risponderebbe   ad   alcun  interesse  costituzionale  che
 giustifichi limitazioni ai principi di  maggioranza,  di  eguaglianza
 del   voto  e  di  pari  trattamento  dei  candidati  e  delle  liste
 elettorali.  La  riduzione  del  numero  delle  formazioni  politiche
 rappresentate   in   consiglio   comunale  limiterebbe,  inoltre,  la
 possibilita' per i partiti di concorrere a  determinare  la  politica
 nazionale, in violazione dell'art. 49 della Costituzione.
    La   parte   privata   prospetta,   quale   ulteriore  profilo  di
 illegittimita' costituzionale, l'irragionevolezza della disposizione,
 che, mediante il collegamento di due liste, consente ad una  di  esse
 di  ottenere  un seggio grazie ai voti espressi in favore dell'altra,
 in contrasto  con  la  volonta'  dell'elettore,  che  potrebbe  avere
 attribuito un voto di lista diverso rispetto a quello manifestato per
 il candidato alla carica di sindaco.
    3.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione.
    In   prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  ha  depositato  una
 memoria, osservando che la legge n. 81 del 1993 tende  ad  assicurare
 la  governabilita'  mediante  strumenti diretti a garantire agli enti
 locali  una  sufficiente  stabilita'.  Il  meccanismo   maggioritario
 premierebbe  la  forza  politica  egemone  e  determinerebbe le altre
 formazioni politiche alla ricerca ed alla strutturazione di  alleanze
 o  di  collegamenti, che danno luogo a soggetti politici nuovi, sulle
 cui strategie complessive gli elettori sono chiamati a  pronunciarsi.
 Il  sistema  maggioritario,  semplificando  il  quadro politico, mira
 anche  a  coagulare  le   forze   politiche   attorno   a   programmi
 predeterminati, da sottoporre al giudizio del corpo elettorale.
    Ad avviso dell'Avvocatura questa normativa tende ad incentivare ed
 a  favorire l'aggregazione delle forze politiche, considerandole come
 un'unica entita' collegata con il candidato alla carica  di  sindaco,
 risulti  questo poi eletto o meno. La disposizione denunciata sarebbe
 in sintonia con la necessita' di assicurare la governabilita'  ed  il
 buon  andamento dell'amministrazione. Ne' si puo' ritenere che solo i
 sistemi  proporzionali  assicurino  l'eguaglianza  del  voto  ed   il
 rispetto  della  volonta'  popolare,  la  quale invece, attraverso le
 procedure referendarie, si e'  espressa  in  maniera  favorevole  nei
 confronti  dei  sistemi  basati  su  metodi  di  riparto  di  valenza
 maggioritaria, o proporzionali ma  con  effetti  tipici  del  sistema
 maggioritario.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale concerne la
 disposizione che, nel contesto della disciplina dell'elezione diretta
 del  sindaco,  stabilisce  i  criteri  di  ripartizione   dei   seggi
 nell'elezione  del  consiglio  comunale  per i comuni con popolazione
 superiore a 15.000 abitanti. L'art. 7, comma 6, della legge 25  marzo
 1993,  n.  81  (Elezione  diretta  del  sindaco, del presidente della
 provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale),  dopo
 avere  disposto  che  alla  lista  o  al gruppo di liste collegate al
 candidato eletto alla carica di sindaco e' assegnato il 60 per  cento
 dei seggi del consiglio, prevede, nell'ultimo periodo, che i restanti
 seggi  sono  assegnati alle altre liste "o gruppi di liste collegate"
 con  candidati  non  eletti  alla  carica  di  sindaco.  Quest'ultima
 disposizione,  relativa  ai  criteri di ripartizione dei seggi tra le
 liste rimaste in minoranza, e' sospettata di essere in contrasto  con
 la  Costituzione,  nella parte in cui prevede, facendo riferimento ai
 "gruppi di liste collegate",  che  le  loro  cifre  elettorali  siano
 considerate  unitariamente ai fini della determinazione dei quozienti
 elettorali per l'assegnazione dei seggi, da ripartire poi nell'ambito
 delle liste collegate in base ai quozienti piu' alti di  ciascuna  di
 esse.
    Il  Consiglio  di  Stato  dubita  che il calcolo dei quozienti per
 l'assegnazione dei seggi in base alla  cifra  elettorale  complessiva
 delle   liste   collegate  sia  in  contrasto  con  il  principio  di
 eguaglianza del voto (art. 48, secondo  comma,  della  Costituzione),
 inteso  non  solo come divieto di accordare un peso diverso al voto a
 seconda  delle  qualita'  personali  dell'elettore,  ma  anche   come
 rispetto  della  sovranita'  popolare  (art.  1, secondo comma, della
 Costituzione), che comprenderebbe un principio  di  proporzionalita',
 secondo il quale e' eletto chi ha piu' voti.
    In  un sistema proporzionale a liste contrapposte, quale e' quello
 attuale, il principio di eguaglianza del voto, connesso con quello di
 sovranita' popolare,  sarebbe  alterato  dalla  determinazione  della
 cifra   elettorale  delle  liste  collegate,  rimaste  in  minoranza,
 attraverso la somma delle  cifre  elettorali  di  ciascuna  di  esse.
 Questo criterio di calcolo consentirebbe ad una lista che ha ottenuto
 meno voti di conseguire, grazie al collegamento, piu' seggi di quella
 presentatasi  senza collegamenti, per la quale la cifra elettorale e'
 determinata esclusivamente in base ai propri voti.
    Considerando il principio di eguaglianza del voto corrispondente a
 quello di pari trattamento dei candidati, sarebbe  violato  anche  il
 diritto  di  accedere  in  condizioni  di  eguaglianza  alle  cariche
 elettive (art. 51, primo comma, della Costituzione).
    Inoltre posto che le liste  non  sarebbero  altro  che  i  partiti
 politici  nel momento elettorale, il diverso trattamento delle stesse
 determinerebbe anche la violazione dell'art. 49 della Costituzione.
    2. - La questione di legittimita' costituzionale, che va esaminata
 nei termini fissati dall'ordinanza di  rimessione  senza  considerare
 ulteriori profili proposti dalle memorie di parte, non e' fondata.
    L'eguaglianza  del  voto  che  la persona e' chiamata ad esprimere
 nell'elezione di organi politici riflette l'eguale dignita' di  tutti
 i  cittadini e rappresenta una particolare applicazione del principio
 fondamentale di eguaglianza, sancito dall'art. 3  della  Costituzione
 (sentenza  n. 96 del 1968). L'eguaglianza del voto concorre inoltre a
 connotare come compiutamente corrispondente alla sovranita'  popolare
 l'investitura  di chi e' direttamente chiamato dal corpo elettorale a
 rivestire cariche pubbliche rappresentative.
    L'art. 48 della Costituzione, stabilendo che il  voto,  oltre  che
 personale  e  segreto,  deve  essere  eguale,  assicura la parita' di
 condizione dei cittadini nel momento in cui essi,  con  l'espressione
 del voto, danno concreto contenuto alla sovranita' popolare (sentenza
 n.  39  del 1973). Non sono, dunque, ammesse forme di voto multiplo o
 plurimo,  dovendo  essere  assicurati  sempre   la   pari   capacita'
 elettorale  e  l'eguale  valore  numerico  di  ciascun  voto.  Ma  il
 principio di eguaglianza  del  voto  non  si  estende  "al  risultato
 concreto  della  manifestazione  di volonta' dell'elettore. Risultato
 che dipende, invece, esclusivamente dal  sistema  elettorale  che  il
 legislatore   ordinario,  non  avendo  la  Costituzione  disposto  al
 riguardo, ha adottato per le elezioni politiche e amministrative,  in
 relazione   alle   mutevoli   esigenze   che   si   ricollegano  alle
 consultazioni  popolari"  (sentenza  n.   43   del   1961).   Difatti
 l'Assemblea  costituente,  pur manifestando, con l'approvazione di un
 ordine  del  giorno,  il  favore   per   il   sistema   proporzionale
 nell'elezione  dei  membri  della  Camera  dei  deputati,  non intese
 irrigidire questa materia sul  piano  normativo  costituzionalizzando
 una  scelta  proporzionalista  o  disponendo formalmente in ordine ai
 sistemi  elettorali,  la configurazione dei quali resta affidata alla
 legge ordinaria.
    La legge n. 81 del 1993 disciplina l'elezione diretta del  sindaco
 con  la  maggioranza assoluta dei voti validi e prevede, per i comuni
 con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il  ballottaggio  in  un
 secondo turno elettorale tra i due candidati che al primo turno hanno
 ottenuto  il  maggior  numero  di voti. La stessa legge stabilisce un
 collegamento tra  l'elezione  del  sindaco  e  quella  del  consiglio
 comunale,  per  assicurare  al  sindaco  eletto, nella normalita' dei
 casi, una consistente  maggioranza  nell'organo  di  indirizzo  e  di
 controllo politico-amministrativo del comune.
    Il  collegamento  di  piu'  liste  ad  un candidato alla carica di
 sindaco  presuppone  l'omogeneita'  del  programma  politico  che  si
 intende  realizzare  e prefigura, nell'ambito del consiglio comunale,
 una coalizione che rispecchi il raggruppamento dichiarato prima della
 votazione per l'elezione del sindaco. L'aggregazione e' destinata  ad
 operare  tanto  per  la  maggioranza che per le minoranze. Difatti il
 candidato alla carica di sindaco che non risulti eletto e'  il  primo
 proclamato eletto alla carica di consigliere, se il gruppo di liste a
 lui collegate ha ottenuto almeno un seggio.
    I gruppi di liste collegate manifestano dunque aggregazioni che si
 presentano  come stabili. Sommare i voti ottenuti dalle singole liste
 collegate per comporre la cifra elettorale complessiva dei gruppi sia
 della maggioranza che delle minoranze ai fini della assegnazione  dei
 seggi  rispecchia  questa  realta'  e  non  costituisce un arbitrario
 trasferimento  di  voti  da  una  lista  ad  un'altra.   Ne'   altera
 l'espressione   del   voto   incentivare,  riducendo  la  dispersione
 nell'utilizzazione dei voti, la libera aggregazione di liste diverse,
 le  quali,  pur  mantenendo  la  propria  identita',  concorrono  nel
 proporre al corpo elettorale programmi politici convergenti.
    3.  -  La  disposizione  denunciata  non  incide  sulla parita' di
 condizione dei candidati alla carica di consigliere comunale.
    L'art. 51, primo comma,  della  Costituzione,  in  rispondenza  al
 principio  generale  di  eguaglianza, si riferisce eminentemente alla
 capacita' di accedere agli uffici pubblici ed alle cariche  elettive,
 in base a requisiti che, fissati dalla legge, rispettino il principio
 di  parita'.  Ma  non  si  vede  come  possa ledere tale principio un
 criterio di ripartizione e di assegnazione dei  seggi  oggettivamente
 predeterminato,  che  opera  in  modo  eguale  per tutti i candidati,
 attribuendo  rilievo  a  collegamenti  liberamente  stabiliti   dalle
 singole liste e sottoposti alla valutazione degli elettori.
    4.  -  Non si configura neppure la sospettata lesione dell'art. 49
 della Costituzione.
    La liberta' di associarsi in partiti politici, per concorrere  con
 metodo  democratico  a  determinare  la politica nazionale, trova nel
 momento elettorale, con il  quale  si  costituiscono  gli  organi  di
 rappresentanza  politica,  un efficace strumento di partecipazione al
 governo  della  cosa  pubblica.  Ma  ammesso  il  rapporto,  che   il
 legislatore  puo'  stabilire,  tra  partiti e liste elettorali, dando
 alle formazioni politiche la facolta' di presentare proprie liste  di
 candidati  (sentenza n. 203 del 1975), non ne segue l'identificazione
 tra  liste  elettorali  e  partiti,  prefigurata  dall'ordinanza   di
 rimessione.
    In ogni caso il rilievo riconosciuto, nell'attribuzione dei seggi,
 al collegamento tra liste non limita in alcun modo la possibilita' di
 concorrere democraticamente a determinare la composizione e la scelta
 degli   organi   politici  rappresentativi.  Il  collegamento  stesso
 rappresenta   una   libera   opzione   delle   formazioni   politiche
 interessate, che partecipano alle scelte politiche presentandosi alla
 competizione    elettorale   con   l'enunciazione   di   un'affinita'
 programmatica. Il criterio di determinazione della  cifra  elettorale
 consente  anche,  con  tale  collegamento  ed  in ragione di esso, di
 attribuire talvolta alle formazioni minori una propria rappresentanza
 in un organo dal quale, altrimenti, potrebbero rimanere escluse.