IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4449 del 1991 proposto dal sig. Nino Livio Romano, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Pistilli Sipio, presso il cui studio ha eletto domicilio in Roma, via Magna grecia, 117; contro l'INAIL, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Rizzi e Lucio Vuoso, presso il cui studio ha eletto domicilio in Roma, via IV Novembre, 144; per l'accertamento del diritto: a) al computo della maggiorazione del 5% dello stipendio, prevista per l'incarico di coordinamento, sul trattamento di fine servizio e su quello previdenziale; b) al computo dell'indennita' integrativa speciale sul trattamento di fine servizio; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione resistente; Viste le memorie depositate dalle parti; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 13 aprile 1994, il relatore cons. Aldo Fera, e i difensori delle parti indicati nel verbale d'udienza; Ritenuto e considerato quanto segue F A T T O Con atto notificato in data 3 dicembre 1991, il ricorrente specificato in rubrica, gia' dipendente INAIL collocato riposo per raggiunti limiti di eta' il 18 agosto 1989, chiede che venga accertato il suo diritto: a) al computo della maggiorazione del 5% dello stipendio, prevista per l'incarico di coordinamento, sul trattamento di fine servizio e su quello previdenziale; b) al computo dell'indennita' integrativa speciale sul trattamento di fine servizio. Resiste al ricorso l'Amministrazione intimata, la quale, con memoria depositata il 1 aprile 1994, quanto al capo di domanda sub b), eccepisce in via pregiudiziale la sopravvenuta improcedibilita' della domanda giudiziale, a causa della legge 29 gennaio 1994, n. 87, recante norme relative al computo dell'indennita' integrativa speciale nella buona uscita dei pubblici dipendenti, che all'art. 4, comma 1, statuisce: "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi per oggetto la riliquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti". Sul punto, il ricorrente, con memoria depositata il 31 marzo 1994, denuncia l'illegittimita' costituzionale della disciplina sopravvenuta, poiche' essa non appare ispirata a canoni di ragionevolezza e contrasta con i principi contenuti negli artt. 3 e 36 della Costituzione. Ed infatti, la nuova regolamentazione, non solo penalizza alcuni settori del pubblico impiego, indicando per essi una percentuale di computo dell'indennita' sensibilmente piu' bassa, ma non ha considerato gli effetti discriminatori che nascono dal trattamento fiscale contenuto nella legge 26 settembre 1985, n. 482, e nella eterogeneita' della base di calcolo. Conclude, quindi chiedendo la sospensione del giudizio e la rimessione della questione alla Corte costituzionale. D I R I T T O 1. - Col capo di domanda sub b), l'ing. Romano, ex dipendente dell'INAIl, chiede che venga accertato il suo diritto al computo dell'indennita' integrativa speciale sul trattamento di fine servizio. Nella pendenza del giudizio sono sopravvenute: a) la sentenza 5-19 maggio 1993, n. 243, con la quale la Corte costituzionale, per quel che qui interessa, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 1, comma 3, lett. b) e c) della legge 27 maggio 1959, n. 324, con gli artt. 13 e 26 della legge 20 marzo 1975, n. 70, nella parte in cui non prevede per i trattamenti di fine rapporto meccanismi legislativi di computo dell'indennita' integrativa speciale; b) la legge 29 gennaio 1994, n. 87, recante "norme relative al computo dell'indennita' integrativa speciale nella buona uscita dei pubblici dipendenti". Questa contiene varie disposizioni incidenti sulla fattispecie. L'art. 1 statuisce che "in attesa della omogenizzazione dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari comparti della pubblica amministrazione e per i lavoratori privati .. l'indennita' integrativa speciale .. viene computata nella base di calcolo dell'indennita' di buona uscita" secondo percentuali variabili per i diversi comparti: per i dipendenti degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, la misura e' fissata nel 30 per cento dell'indennita' integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione del servizio con riferimento agli anni utili ai fini del calcolo dell'indennita' di anzianita'. La nuova disciplina si applica anche ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984 nonche' a quelli per i quali non siano ancora giuridicamente esauriti i rapporti attinenti alla liquidazione dell'indennita' di buonuscita (art. 3, comma 1), con l'onere di presentare apposita domanda all'ente erogatore "nel termine perentorio del 30 settembre 1994" (art.3, comma 2). Dispone, infine, l'art. 4, comma 1, che: "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi per oggetto la riliquidazione del trattamento di fine servizio comunque denominato con inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti". 2. - Il ricorrente denuncia l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge sopravvenuta, perche' la disciplina sostanziale, a suo avviso, non elimina la disparita' di trattamento tra i vari comparti dei dipendenti pubblici e tra questi ed i lavoratori dipendenti privati e non appare ispirata a canoni di ragionevolezza. Preliminarmente, pero', il Collegio deve darsi carico della legittimita' costituzionale della disposizione contenuta nell'art. 4, comma 1, giacche' questa incide direttamente sui poteri del giudice amministrativo vietando ad esso di decidere, quanto al merito ed alle spese, sulla domanda giudiziale proposta dal ricorrente. La questione, che il Tribunale ritiene di dover sollevare d'ufficio, appare in tutta evidenza rilevante ai fini del decidere ed anche non manifestamente infondata, come d'altronde gia' affermato da altro giudice amministrativo in relazione agli artt. 3, 24, comma 1 e 2, 25, comma 1, 103 e 113 della Costituzione (cfr. Cons. St., VI, 3 maggio 1994, n. 664). Ed invero, quanto all'estinzione dei giudizi pendenti, va aggiunto alle considerazioni gia' espresse nell'anzidetta ordinanza che se in linea di principio non puo' disconoscersi al legislatore il potere di emanare norme sostanziali che incidano retroattivamente sull'interesse dedotto in giudizio dall'attore, ovviamente nei limiti in cui la Costituzione consente di legiferare ora per allora, e che dalla disciplina sopravvenuta possa conseguire l'effetto dell'estinzione del giudizio pendente, e' dubbio se cio' sia consentito, nel caso in cui l'intervrnto legislativo riproduca, in tutto o in parte, l'illegittimita' dichiarata con sentenza dalla Corte costituzionale. In tal caso infatti, l'estinzione del giudizio non si pone come effetto conseguenziale della disciplina sostanziale sopravvenuta ma rappresenta l'unico o il prevalente scopo perseguito dal legislatore, dimodoche' la nuova legge si pone, proprio perche' frutto di eccesso di potere legislativo, in conflitto con i principi costituzionali che garantiscono al cittadino il diritto di azione anche nei confronti degli atti della amministrazione pubblica e che il giudizio avvenga davanti ad un giudice terzo, nella specie quello amministrativo. Quanto poi alla compensazione d'ufficio delle spese del giudizio, siffatta conseguenzialita' sarebbe inconfigurabile in radice, giacche' l'improcedibilita' del ricorso non consegue affatto alla soccombenza sostanziale del ricorrente ma solo al sopravvenuto mutamento della legislazione che ha impedito la reaiizzazione di una pretesa che, quando fu proposta, era fuor di dubbio meritevole di accoglimento. 3. - Del pari rilevante e non manifestamente infondata si dimostra la questione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 87/1994, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, nella parte in cui, per il personale del comparto de quo, limita, al trenta per cento dell'indennita' integrativa speciale annua in godimento alla data della cessazione del servizio, la quota computabile nella base di calcolo ai fini dell'indennita' di anzianita'. Ed invero non e' rinvenibile, nel sistema introdotto dalla norma in parola, un criterio razionale, diverso da quello della generica opportunita' di contenimento della spesa pubblica, in base al quale, per il personale di cui alla legge n. 70/1975, la quota di computo debba essere contenuta nel trenta per cento, mentre per il personale degli altri comparti e' fissata in aliquote sensibilmente piu' elevate, fino a giungere in taluni casi alla copertura integrale. Senza considerare poi che, a causa dell'irrisorieta' della percentuale di computo stabilita per i dipendenti del comparto de quo, la statuizione sembra consolidare quello squilibrio tra i trattamenti di fine servizio spettante al personale dei diversi comparti, gia' censurata dalla Corte costituzionale con la ricordata sentenza n. 243 del 1993. 4. - Pertanto, il collegio ritiene di dover rimettere la questione di costituzionalita', nei termini sopradelineati, all'esame della Corte costituzionale.