ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 5,  6,
 7,  8  e  9,  della  legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
 ampliare  le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare   e
 potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
 rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle  imprese,  nonche'
 per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
 rapporti tributari pendenti; delega al  Presidente  della  Repubblica
 per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei
 centri di assistenza fiscale  e  del  conto  fiscale),  promosso  con
 ordinanze emesse:
      1) il 14 giugno 1994 dalla Commissione tributaria di primo grado
 di  Pistoia  sul ricorso proposto da Gina Biagini contro l'Intendenza
 di Finanza di Pistoia iscritta al n. 197 del registro ordinanze  1995
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
      2) il 1› luglio 1994 dalla Commissione tributaria di primo grado
 di Treviso sul ricorso proposto da Carlo Piccin  contro  l'Intendenza
 di  Finanza di Treviso iscritta al n. 202 del registro ordinanze 1995
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  16,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1995  il  Giudice
 relatore Massimo Vari;
    Ritenuto  che la Commissione tributaria di primo grado di Pistoia,
 con ordinanza emessa il 14 giugno 1994 (r.o. n. 197 del 1995)  -  nel
 giudizio  proposto  da  Gina  Biagini  avverso  il  silenzio  rifiuto
 dell'Intendenza di finanza  di  Pistoia,  in  ordine  all'istanza  di
 rimborso  dell'imposta  pagata sull'indennita' percepita a seguito di
 cessione volontaria di una area avvenuta il 12 luglio 1990, nel corso
 di  un  procedimento  espropriativo  -  ha  sollevato  questione   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 5, 6, 7, 8, e 9 della
 legge  30  dicembre  1991,  n.  413, in riferimento all'art. 53 della
 Costituzione;
      che, secondo il remittente, l'indennita' di  esproprio,  per  il
 carattere  riparatorio del sacrificio patrimoniale sofferto, non puo'
 costituire elemento rivelatore di capacita' contributiva,  quando  il
 fatto   si   e'   verificato   in   epoca   antecedente   al  momento
 dell'imposizione fiscale;
      che, sempre ad  avviso  del  remittente,  non  sussiste  "alcuna
 razionale  presunzione  che  gli  effetti  economici permangano nella
 sfera patrimoniale del soggetto, data anche la  possibilita'  che  lo
 stesso   abbia   nel  frattempo  utilizzato  la  somma",  mentre  "la
 configurazione dell'indennita' di esproprio come plusvalenza non  era
 prevedibile  in epoca precedente all'entrata in vigore della norma in
 discussione";
      che la Commissione tributaria di primo  grado  di  Treviso,  con
 ordinanza  emessa  il  1›  luglio  1994, (r.o. n. 202 del 1995) - nel
 giudizio sul ricorso proposto da Carlo  Piccin  avverso  il  silenzio
 rifiuto  dell'Intendenza di finanza di Treviso in ordine alla istanza
 di rimborso dell'imposta sull'indennita' di esproprio  erogata  negli
 anni  1989,  1990  e  1991  -  ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale del medesimo art. 11, commi 5, 6,  7,  8  e  9,  della
 legge  30  dicembre  1991,  n.  413, in riferimento agli artt. 3 e 53
 della Costituzione;
      che, secondo il giudice remittente, la non soggezione  all'INVIM
 delle indennita' di espropriazione e di altri proventi similari (art.
 2  d.P.R.  643  del  1972) dimostrerebbe che questi non costituiscono
 idonea  manifestazione  di  capacita'  contributiva,  sicche'  appare
 illogico   che   gli   stessi,  a  decorrere  dall'anno  1991,  siano
 assoggettati alle  imposte  sui  redditi,  tenuto  conto  soprattutto
 dell'assenza dell'intento speculativo;
      che,  in  particolare,  in violazione del principio di capacita'
 contributiva, "si colpiscono somme che  non  rappresentano  ricchezza
 nuova,   ne'   plusvalenze,  ma  solo  un  ristoro  a  seguito  dello
 spossessamento effettuato dalla pubblica amministrazione su  un  bene
 privato",  senza peraltro considerare che l'espropriato "potrebbe non
 essere piu' nella disponibilita' dell'indennita'";
      che in entrambi i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei   ministri  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  che  ha  chiesto  che  le  questioni   siano
 dichiarate infondate;
    Considerato  che  le  ordinanze  di rimessione sollevano questioni
 identiche o comunque analoghe e che,  pertanto,  i  relativi  giudizi
 possono essere riuniti;
      che,  peraltro,  le  questioni,  nei termini in cui vengono oggi
 riproposte, hanno gia' formato oggetto di esame da parte della Corte,
 che le ha ritenute  non  fondate  sia  sotto  il  profilo  della  non
 attualita'  della  capacita'  contributiva, segnatamente in relazione
 alla non prevedibilita' dell'imposizione e al fatto che l'interessato
 potrebbe non avere  piu'  la  disponibilita'  della  somma  percepita
 (sentenze  nn.  315  del  1994;  14 e 410 del 1995); sia sotto quello
 della tassazione di somme che non  rappresenterebbero  il  frutto  di
 attivita'  speculativa  ovvero  nuova  ricchezza,  bensi' un semplice
 ristoro a fronte dello spossessamento effettuato su un  bene  privato
 (sentenza n. 410 del 1995);
      che le ordinanze in epigrafe, nel riproporre le questioni di cui
 trattasi,  non introducono nuovi profili ed argomentazioni rispetto a
 quelli gia' esaminati dalla Corte, tali da indurre a diverso  avviso,
 sicche'   le   questioni   stesse   vanno  dichiarate  manifestamente
 infondate;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi
 alla Corte costituzionale.