ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Basilicata  riapprovata  il  6  marzo  1995  dal Consiglio regionale,
 concernente:  "Abrogazione della legge regionale 17 aprile  1985,  n.
 20  (Partecipazione  della  Regione  Basilicata  al  Consorzio Lucano
 Universitario)", promosso con ricorso del  Presidente  del  Consiglio
 dei  ministri, notificato il 25 marzo 1995, depositato in cancelleria
 il 3 aprile 1995 ed iscritto al n.  18 del registro ricorsi 1995;
   Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata;
   Udito  nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Udito l'Avvocato dello Stato Claudio Tonello per il ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 25 marzo  1995,  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  ha sollevato in via principale questione di
 legittimita' costituzionale  della  legge  della  Regione  Basilicata
 riapprovata  il  6  marzo  1995, concernente "Abrogazione della legge
 regionale 17 aprile  1985,  n.    20  (Partecipazione  della  Regione
 Basilicata  al Consorzio Lucano Universitario)" per contrasto con gli
 artt.  97 e 117 della Costituzione.
   Il testo originario della  normativa  impugnata,  approvato  il  24
 gennaio  1995,  prevedeva, all'art.  1, l'abrogazione, con decorrenza
 dal 25 luglio 1995, della legge della Regione Basilicata n.   20  del
 1985  (Partecipazione  della  Regione  Basilicata al Consorzio Lucano
 Universitario).
   L'art.   2 del medesimo testo  legislativo  disponeva  che  le  due
 unita'   di  personale  dipendente  del  disciolto  Consorzio  Lucano
 Universitario in servizio  alla  data  del  1  gennaio  1994,  previa
 istanza  documentata,  sarebbero  state  assorbite  dalla  Regione ed
 inquadrate  nel  proprio  ruolo  organico  nel   livello   funzionale
 corrispondente  al  titolo di studio posseduto e nei limiti dei posti
 vacanti nella pianta organica dell'Ente.
   A seguito di rinvio governativo per contrasto del citato  art.    2
 con gli artt.  36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.  29; 3,
 comma  20, della legge 24 dicembre 1993, n.  537, e 22 della legge 23
 dicembre 1994, n.  724, l'art.  2 del testo normativo riapprovato dal
 Consiglio regionale  nella  seduta  del  6  marzo  1995  ha  previsto
 l'inquadramento  nel  ruolo  regionale  del  personale  del disciolto
 Consorzio in servizio alla data del 1 gennaio 1994 previo superamento
 di un concorso per titoli ed esami ad esso riservato.
   Ma, ad avviso del ricorrente, anche nella nuova formulazione l'art.
 2 sarebbe censurabile per contrasto con gli artt.   97  e  117  della
 Costituzione.
   La  normativa  impugnata,  prevedendo l'inquadramento ope legis nel
 ruolo regionale del personale in questione,  violerebbe,  infatti,  i
 principi  fondamentali  della  legislazione  statale  in  materia  di
 accesso agli impieghi presso  le  pubbliche  amministrazioni  di  cui
 all'art.    36  del  d.lgs. n.   29 del 1993 e all'art.  3, comma 20,
 della legge n.  537 del 1993, ribaditi dall'art.  22 della  legge  n.
 724  del  1994  nei vari commi invocati nel ricorso (6, 7, 8, 15, 16,
 17, 19, 20, 21).
   2. - Nel giudizio si e' costituita la Regione  Basilicata,  che  ha
 preliminarmente   eccepito   la   inammissibilita'  della  questione,
 osservando  che  la  nuova  formulazione  del  testo   in   questione
 attribuirebbe  carattere  di  "novita'"  alla legge impugnata, si' da
 rendere necessario un nuovo esame da parte del Governo.
   Nel merito, premesso il rilievo circa la derogabilita' della regola
 del  concorso  pubblico  per   l'assunzione   presso   le   pubbliche
 amministrazioni,  la  Regione  ha rilevato che il personale di cui si
 tratta sara' comunque inquadrato solo all'esito di un  concorso  che,
 essendo  stato  previsto  anche per esami, escluderebbe il rischio di
 immettere in posizione di ruolo soggetti privi di effettiva idoneita'
 ai posti da ricoprire, comunque relativi a qualifiche  corrispondenti
 al titolo di studio posseduto.
   Del  resto,  si  tratta,  osserva  la Regione, di soggetti ormai da
 lungo tempo alle dipendenze di un ente che ha operato in  un  settore
 di  rilevanza pubblica. Uno di essi verrebbe, inoltre, inquadrato nel
 IV livello, per il quale lo stesso d.lgs. n.  29 del 1993 esclude  la
 necessita' del concorso pubblico.
   Infine,  essendo  rispettato  il  limite  della  disponibilita' dei
 posti, e vigendo per le pubbliche amministrazioni il divieto  di  cui
 all'art.    22,  comma  6, della legge n.   724 del 1994, di assumere
 personale di ruolo ed a tempo determinato  solo  fino  al  30  giugno
 1995, mentre la legge impugnata prevede l'inquadramento del personale
 in  questione  solo  dal  25  luglio 1995, sarebbe salvaguardato quel
 rapporto tra dotazione organica e servizi che e' presupposto del buon
 andamento delle pubbliche amministrazioni.
                        Considerato in diritto
   1. - Forma oggetto del presente giudizio  la  legge  della  Regione
 Basilicata  concernente  "Abrogazione della legge regionale 17 aprile
 1985, n.  20 (Partecipazione della Regione  Basilicata  al  Consorzio
 Lucano   Universitario)",  riapprovata  dal  Consiglio  regionale,  a
 seguito di rinvio governativo, nella seduta del 6 marzo 1995.
   Ad avviso del ricorrente, il testo  impugnato  risulterebbe  lesivo
 degli artt.  97 e 117 della Costituzione per il fatto di disporre, in
 contrasto con il dettato costituzionale e con i principi fondamentali
 posti  dalla legislazione statale in materia di accesso agli impieghi
 presso le pubbliche amministrazioni, l'inquadramento  ope  legis  nel
 ruolo   organico   regionale  delle  due  unita'  di  personale  gia'
 dipendente del Consorzio Lucano Universitario - disciolto per effetto
 della medesima legge - in servizio alla data del 1 gennaio  1994.  In
 particolare,  sarebbero  violati i principi fissati dall'art.  36 del
 d.lgs. 3 febbraio 1993, n.  29, in base al quale l'assunzione  presso
 le   pubbliche  amministrazioni  avviene  per  concorso  pubblico,  o
 mediante avviamento  degli  iscritti  nelle  liste  di  collocamento,
 ovvero  per  chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste di
 collocamento formate  dagli  appartenenti  alle  categorie  protette;
 principi  ribaditi  dall'art.    3, comma 20, della legge 24 dicembre
 1993, n.  537.
   Il ricorrente  lamenta,  altresi',  la  inosservanza  dei  principi
 derivanti dall'art.  22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che, al
 comma  6,  fa  divieto  alle  pubbliche  amministrazioni  di assumere
 personale di ruolo ed a tempo indeterminato fino a quando  non  siano
 definite  le  dotazioni  organiche,  previa  verifica  dei carichi di
 lavoro; al comma 7, richiama l'art.  3, comma 8, della  citata  legge
 n.    537  del  1993,  che prevede la copertura di una percentuale di
 posti resi disponibili per cessazioni, mediante ricorso  a  procedure
 di mobilita'; al comma 8, stabilisce che per il triennio 1995-1997 le
 pubbliche  amministrazioni  possono  assumere personale di ruolo ed a
 tempo   indeterminato,   esclusivamente   in    applicazione    delle
 disposizioni  dello  stesso  art.    22, anche utilizzando gli idonei
 delle graduatorie di concorsi; ed ancora, al comma 15, fissa principi
 e criteri per la verifica dei carichi di lavoro; ai  commi  16  e  17
 dispone,  previa  detta  verifica,  la  definizione  delle  dotazioni
 organiche con individuazione delle relative procedure; al  comma  19,
 prevede il monitoraggio delle linee di attivita' omogenee, in base ai
 dati  emergenti  dai  carichi  di  lavoro,  per  la  definizione  dei
 parametri  di  dimensionamento  delle dotazioni organiche; infine, ai
 commi 20 e 21  dispone  il  contingentamento  di  personale  a  tempo
 parziale.
   Dal  contesto  di  tali  disposizioni  emergerebbe,  ad  avviso del
 ricorrente, una serie di principi che la legge impugnata non  avrebbe
 rispettato,   riservando  a  personale,  avente  rapporto  di  lavoro
 privatistico, accesso riservato e privilegiato, e non aperto a tutti,
 con procedure semplificate di accesso nei ruoli regionali,  senza  la
 previa  definizione delle oggettive e reali esigenze di risorse umane
 e senza dar corso alle procedure di mobilita'.
   2. - Va preliminarmente esaminata la eccezione di  inammissibilita'
 sollevata  dalla  Regione  Basilicata,  secondo  la  quale  la  nuova
 formulazione dell'art.   2  della  legge  impugnata  -  modificato  a
 seguito  dei  rilievi  governativi - avrebbe determinato un mutamento
 del  significato  normativo  dell'originaria  disposizione,  tale  da
 richiedere  un  nuovo  riscontro di legittimita' e di merito da parte
 del Governo.
   L'eccezione va respinta.
   Secondo la ormai consolidata giurisprudenza di  questa  Corte  (v.,
 tra le piu' recenti, le sentenze n.  357 e n.  260 del 1995), ai fini
 della  impugnazione  prevista  dall'art.    127  della  Costituzione,
 nonche' dei relativi termini e modalita', deve considerarsi come "non
 nuova" una legge regionale rinviata che,  in  sede  di  riesame,  sia
 stata  modificata  esclusivamente  nelle disposizioni interessate dal
 rinvio  ovvero  in  parti  prive  di  valore   prescrittivo,   mentre
 nell'ipotesi inversa, in cui il legislatore regionale abbia apportato
 modificazioni,   comportanti  mutamenti  del  significato  normativo,
 dirette ad inserirsi in parti diverse rispetto a quelle censurate,  o
 comunque  dirette  ad  incidere su disposizioni non interessate dalle
 osservazioni governative, la legge presenta carattere di "novita'".
   Alla luce di tali principi, non v'e' dubbio che nel caso di  specie
 la  legge  regionale  deve  considerasi come "non nuova". Ed infatti,
 mentre il testo originario prevedeva,  all'art.    2,  l'assorbimento
 delle  due  unita'  di  personale  dipendente del disciolto Consorzio
 Lucano Universitario, previa  istanza  documentata,  da  parte  della
 Regione,  e  l'inquadramento  nel  proprio  ruolo  organico, il testo
 successivo al rinvio del  Governo  ne  subordina  l'inquadramento  al
 superamento  di  un  concorso per titoli ed esami, ad esse riservato.
 Appare, dunque, evidente che la modifica del testo originario  incide
 proprio  sulla  disposizione  oggetto  dei  motivi  del rinvio, ed e'
 intesa a porre riparo alle censure espresse con lo stesso.
   3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
   Le due unita' di personale delle quali il testo  impugnato  dispone
 l'inquadramento  nel ruolo organico della Regione sono due dipendenti
 del Consorzio Lucano Universitario,  costituito  in  data  24  luglio
 1985,  all'atto  della  cessazione  della  societa' consortile per la
 promozione e lo sviluppo dell'Universita' di Basilicata s.p.a. per lo
 svolgimento della stessa attivita', con  trasferimento  del  relativo
 patrimonio  sociale,  ed  al  quale  partecipavano  gli stessi soci -
 Regione Basilicata, Comune di Potenza, Provincia di Matera - della ex
 societa' consortile con le medesime quote  di  partecipazione  e  con
 obbligo  di  corrispondere  un contributo annuo (versato nella misura
 piu'  elevata  dalla  Regione,  come  emerge   dalla   relazione   di
 accompagnamento   alla  legge)  per  il  raggiungimento  dell'oggetto
 sociale.
   La  durata  del Consorzio, a norma dell'art.  1, secondo comma, del
 relativo statuto, era fissata in dieci anni, e, pertanto, la data  di
 scadenza era quella del 25 luglio 1995, salvo proroga, previa formale
 decisione dei quattro soci.
   Non   avendo   nessuno   degli   Enti   partecipanti  al  Consorzio
 manifestato, nella imminenza di detta scadenza, la  propria  volonta'
 di  prorogarla,  la Regione Basilicata ha ritenuto la opportunita' di
 abrogare la legge regionale n.  20 del 17 aprile 1985, che  ne  aveva
 sancito la partecipazione al Consorzio.
   Con la stessa legge con la quale, all'art.  1, ha provveduto a tale
 abrogazione,  all'art.   2, essa ha inteso assicurare, in qualita' di
 socio di maggioranza del disciolto  Consorzio  -  come  espressamente
 affermato  nella  citata  relazione  - la continuita' del rapporto di
 lavoro   per   i   due   dipendenti   dello   stesso,    prevedendone
 l'inquadramento  nei  propri  ruoli  organici, nel livello funzionale
 corrispondente al titolo di studio posseduto e nei limiti  dei  posti
 vacanti  nella  pianta organica dell'Ente. Cio' ha fatto, nella prima
 stesura della legge, attraverso un  meccanismo  di  assorbimento  ope
 legis   ,   previa   istanza   documentata.  A  seguito  dei  rilievi
 governativi, e nell'intento di superare gli stessi, ha  approvato,  a
 maggioranza assoluta, un testo modificato dell'art.  2, che subordina
 l'inquadramento in ruolo del personale in questione al superamento di
 un concorso per titoli ed esami, allo stesso riservato.
   4.  -  In  tale  nuova  formulazione,  deve escludersi che il testo
 impugnato  violi  alcun  principio  fondamentale  della  legislazione
 statale   in   materia  di  accesso  agli  impieghi  nelle  pubbliche
 amministrazioni.
   Ed infatti, quanto alla regola del pubblico  concorso  quale  forma
 generale  di  reclutamento  nel  pubblico  impiego, la giurisprudenza
 costituzionale ha gia' chiarito che  a  quest'ultima  il  legislatore
 puo'  derogare  in  presenza di peculiari situazioni giustificatrici,
 adottando criteri diversi, con una  discrezionalita'  che  trova  pur
 tuttavia  il  suo  limite  nella  necessita'  di  garantire  il  buon
 andamento della pubblica amministrazione (v., tra le piu' recenti, le
 sentenze n.  314 e n. 313 del 1994).
   In tale prospettiva, lo scrutinio di  congruita'  e  ragionevolezza
 della  procedura  cui  ha  fatto ricorso il legislatore regionale per
 l'inquadramento nei ruoli organici della Regione Basilicata delle due
 unita' di personale in questione, non puo' che avere esito  positivo,
 avuto riguardo alla circostanza che si tratta non di un inquadramento
 ope legis ("due unita' ... assorbite dalla Regione ed inquadrate come
 nel  testo originario), ma di una previsione di procedura concorsuale
 (anche se  riservata  alle  sole  due  persone  dipendenti  dell'Ente
 disciolto),  che  prevede,  come  forma  di  selezione e verifica dei
 requisiti  attitudinali,   oltre   alla   valutazione   dei   titoli,
 l'espletamento   di   prove   d'esame  volte  all'accertamento  della
 idoneita' dei candidati ai posti da ricoprire,  per  i  quali  rimane
 ferma  l'esigenza  del  titolo  di  studio  corrispondente al livello
 funzionale.
   Del pari da escludere e' il contrasto della normativa censurata con
 i principi della legislazione  statale  che  prevedono  procedure  di
 mobilita'  e  subordinano  le  assunzioni di personale di ruolo nelle
 pubbliche amministrazioni alla definizione delle dotazioni  organiche
 previa verifica dei carichi di lavoro.
   Al  riguardo, deve essere sottolineato che l'art.  2 prevede non un
 aumento in assoluto del personale del settore  pubblico  allargato  o
 uno  sfondamento  delle  dotazioni  organiche, ma che l'inquadramento
 avvenga sulla base di concorsi per un  numero  di  posti  prefigurati
 (due)  nei  limiti  dei posti vacanti nella pianta organica dell'Ente
 (regione). Cio' posto, e' sufficiente rilevare che la disposizione in
 questione,  tenuto  conto  di  quanto  innanzi  osservato  circa   la
 provenienza  delle due unita' che si trasferiscono nei ruoli di altro
 ente,  attua  una  forma  di  mobilita'  del  personale,  proprio  in
 conformita'  a  quei  principi che il ricorrente ritiene violati, nel
 quadro  della  razionalizzazione  e  riorganizzazione  dei   pubblici
 apparati.
   Infine, la procedura selettiva-concorsuale prevista necessita di un
 atto  di  apertura  del procedimento, cioe' il bando di concorso, che
 potra' essere adottato solo dopo la verifica dei posti vacanti  sulla
 base delle dotazioni organiche definite.
   Pertanto, tutti i motivi di ricorso sono infondati.