ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
 Lombardia  riapprovata  l'8 marzo 1995 dal Consiglio regionale (Norme
 transitorie  di  mobilita'  verticale),  promosso  con  ricorso   del
 Presidente  del  Consiglio  dei ministri notificato il 5 aprile 1995,
 depositato in cancelleria il 13 aprile 1995 ed iscritto al n.  25 del
 registro ricorsi 1995;
   Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;
   Udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice  relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi  l'Avvocato  dello  Stato Giuseppe Stipo per il ricorrente, e
 l'Avvocato Valerio Onida per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 5 aprile 1995 (R. Ric. n.    25  del
 1995),  il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in via
 principale, questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge
 della  Regione  Lombardia,  approvata  dal  Consiglio regionale nella
 seduta dell'8 febbraio 1995, e,  a  seguito  di  rinvio  governativo,
 riapprovata  nello stesso testo a maggioranza assoluta l'8 marzo 1995
 (Norme transitorie di mobilita' verticale).
   Secondo  il  ricorrente,  la   legge   impugnata,   prevedendo   il
 reinquadramento  ope  legis  in  qualifica  superiore di categorie di
 personale,  peraltro  in  mancanza   della   rideterminazione   della
 dotazione  organica del ruolo regionale, violerebbe l'art.  117 della
 Costituzione, ponendosi in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
 stabiliti dalle leggi dello Stato nella materia del pubblico impiego,
 che,   in   tema  di  progressione  nei  pubblici  uffici,  prevedono
 l'espletamento di pubblico concorso (art.  8 del decreto  legislativo
 3  febbraio  1993,  n.   29 e relativo regolamento di cui al d.P.R. 9
 maggio 1994, n.  487; art.   3, comma 20,  della  legge  24  dicembre
 1993, n.  537), e comunque la previa rideterminazione della dotazione
 organica  complessiva  (artt.    30 e 31 del citato d.lgs. n.  29 del
 1993, art.  22 della legge 23 dicembre 1994, n.  724, come  integrato
 dall'art.    8, comma 4, del d.-l. 23 febbraio 1995, n.  41, peraltro
 soppresso dalla legge di conversione 22 marzo 1995, n.  85).
   2. - Nel giudizio si e' costituita la  Regione  Lombardia,  che  ha
 concluso   per  la  inammissibilita'  della  questione  mancando  nel
 ricorso, a suo avviso,  una  precisa  indicazione  dei  principi  che
 sarebbero   stati  nella  fattispecie  violati,  e  comunque  per  la
 infondatezza.  Ha osservato, al riguardo, che,  quanto  al  principio
 del  concorso  pubblico,  lo  stesso  art.    97,  comma terzo, della
 Costituzione  non  pone  una  regola  assoluta,  consentendo  deroghe
 secondo   criteri   che   appartengono   alla   discrezionalita'  del
 legislatore, e meccanismi selettivi  diversi,  a  condizione  che  la
 garanzia   di   obiettivita'  e  di  rispetto  degli  altri  principi
 fondamentali sia comunque adeguatamente salvaguardata.
   La  legge  impugnata  si giustificherebbe per il fatto di porre una
 normativa transitoria, conforme, del resto, al principio destinato ad
 operare a regime, in base alla legge regionale 10 marzo 1995, n.  10,
 recante  la  revisione  dell'ordinamento  del  personale   regionale,
 regolarmente  vistata  dal  Commissario di Governo. Questa stabilisce
 che l'accesso agli impieghi regionali possa avvenire, oltre  che  per
 concorso  pubblico,  anche per corso-concorso e per selezione tramite
 comparazione di curricula e mediante lo svolgimento  di  prove  volte
 all'accertamento   della   professionalita'  richiesta.  Inoltre,  la
 progressione interna del personale gia' in ruolo, accompagnata da una
 adeguata  valutazione  dell'effettivo   livello   di   qualificazione
 professionale   acquisita  nell'ambito  dell'ente,  consentirebbe  di
 salvaguardare la esigenza di buon andamento dell'amministrazione e di
 economicita' della sua azione.
   Nell'imminenza dell'udienza, la difesa della Regione ha  depositato
 una  memoria  con  la  quale  ha  insistito  nelle  conclusioni  gia'
 rassegnate, ribadendo che la legge in questione  non  disciplina  una
 modalita'  di  assunzione  agli  impieghi  regionali,  limitandosi  a
 prevedere in via transitoria  una  forma  di  "mobilita'  verticale",
 istituto  presente  in  qualsiasi  ordinamento del personale, e tanto
 piu' negli ordinamenti improntati alle regole  del  diritto  privato,
 quale quello dei dipendenti regionali, ed inoltre previsto e regolato
 dalla legge regionale n.
  10 del 1995.
   Non  vi  sarebbe,  pertanto,  alcuna  violazione  del principio del
 concorso pubblico per le  assunzioni,  del  resto  incompatibile  con
 l'avanzamento  in carriera per merito, che riguarda il personale gia'
 in servizio.
   Parimenti, gli avanzamenti in esame - che comunque non avverrebbero
 ope legis ma sarebbero subordinati a concreti accertamenti di  merito
 -  non sarebbero in contrasto, come sostenuto nel ricorso, con l'art.
 31, comma 6, del d.lgs. n.  29 del 1993, che prevede  il  divieto  di
 assunzione  di  personale  fino  all'approvazione  della  proposta di
 ridefinizione degli uffici e delle piante organiche.
   La progressione  in  carriera  sarebbe,  infine,  subordinata  alla
 disponibilita'  di  posti  in  organico nella qualifica oggetto della
 richiesta.
                        Considerato in diritto
   1. - Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sottopone
 all'esame di questa Corte la questione di legittimita' costituzionale
 della legge della Regione Lombardia, approvata  nella  seduta  dell'8
 febbraio  1995 e riapprovata nello stesso testo l'8 marzo 1995 (Norme
 transitorie  di  mobilita'  verticale),  in  quanto,  disponendo   il
 reinquadramento  ope  legis  di  determinate  categorie  di personale
 regionale  in  qualifica   superiore,   peraltro   in   mancanza   di
 rideterminazione   della  dotazione  organica  del  ruolo  regionale,
 violerebbe l'art.  117 della Costituzione, ponendosi in contrasto con
 i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato in  materia
 di  rapporto  di  pubblico  impiego,  tra  i quali la obbligatorieta'
 dell'espletamento del  pubblico  concorso  per  le  assunzioni  e  la
 progressione  nei  pubblici uffici (art.  3, comma 20, della legge 24
 dicembre 1993, n.   537, recante "Interventi  correttivi  di  finanza
 pubblica";  art.    8 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n.  29;
 regolamento di cui al d.P.R. 9 maggio 1994, n.    487)  e  la  previa
 determinazione  della dotazione organica complessiva e per qualifiche
 del  ruolo  regionale  (artt.   30 e 31 del citato d.lgs.  n.  29 del
 1993: art.  22 della legge 23 dicembre 1994 n.  724, recante  "Misure
 di razionalizzazione della finanza pubblica").
   Tale  enunciazione  sintetica  della  questione  sollevata induce a
 superare  l'eccezione  preliminare  di  genericita'  delle   censure,
 essendo esattamente circoscritti ed individuati i vizi denunciati con
 il   parametro  costituzionale  e  le  norme  contenenti  i  principi
 fondamentali  invocati  (individuati  secondo   criteri   sostanziali
 elaborati  dalla  giurisprudenza  al  di  la'  di autoqualificazioni:
 sentenza n.  406 del 1995).
   2. - La legge  impugnata  contiene  una  normativa  transitoria  in
 relazione   alla  nuova  disciplina  dell'ordinamento  del  personale
 introdotta con la legge regionale 10 marzo 1995, n.  10 (approvata il
 30 gennaio 1995), immediatamente modificata dalla legge regionale  10
 marzo  1995,  n.    11  (approvata  l'8  febbraio  1995  e pubblicata
 contestualmente alla legge n.   10 nel  I  Supplemento  ordinario  al
 Bollettino  ufficiale della Regione Lombardia n.  11 in data 14 marzo
 1995, a seguito di visto del Commissario del Governo per le due leggi
 in data 1 marzo 1995).
   Detta normativa transitoria doveva operare  fino  alla  definizione
 dei  criteri  e modalita' per l'attuazione della mobilita' verticale,
 disciplinata in  via  permanente  con  una  previsione  generica  (da
 completarsi   con   provvedimento   del  Consiglio  regionale)  dalle
 modifiche operate dalla citata legge regionale 10 marzo 1995, n.  11,
 che all'art.  2 aveva abrogato e  completamente  sostituito,  con  un
 nuovo testo dei commi 6 e 7, i precedenti ultimi tre commi (6, 7 e 8)
 dell'art.
  10  della  legge  regionale  approvata il 30 gennaio 1995 e divenuta
 legge regionale 10 marzo 1995, n.  10.
   In realta' le norme impugnate con il ricorso in esame costituiscono
 la pura e semplice riesumazione (accompagnata dalla introduzione  del
 carattere  transitorio  e dalla soppressione nel periodo del soggetto
 che dispone l'inquadramento) degli abrogati commi 6, 7 e 8 del citato
 art.  10 della legge n.  10.
   3. - Il ricorso e' fondato in  quanto  il  reinquadramento  non  e'
 razionalmente  collegato  ad  una  vera e propria procedura selettiva
 concorsuale con specifica verifica  attitudinale  in  relazione  alla
 qualifica  e  funzioni  cui  si  riferisce  il posto da conferire (da
 sottolineare che si tratta di inquadramento a  livello  superiore  di
 personale  in  atto  rivestente  le  qualifiche  sesta e settima), ma
 deriva, per previsione normativa,  dalla  semplice  domanda  e  dalla
 verifica del possesso di un qualsiasi diploma di laurea (indipendente
 dal   tipo   di   ruolo   e  da  specifica  indicazione  della  legge
 sull'ordinamento dei servizi regionali), conseguito "entro il periodo
 di servizio",  domanda  semplicemente  collegata  ad  una  "specifica
 attinenza  tra il percorso di studio seguito e l'attivita' svolta dal
 richiedente  entro  il  settore,  documentata  da  dichiarazione  del
 coordinatore di settore", accompagnata da curriculum
   Trattasi  di  una  procedura  che  non ha nulla a che vedere con un
 cosiddetto "concorso interno per merito" (come  accenna,  invece,  la
 difesa  della Regione), ma costituisce solo un beneficio di passaggio
 al grado superiore erogato una tantum attraverso una pseudo  verifica
 nominalmente  collegata a valorizzazione professionale, ma in effetti
 incentrata sul possesso di titolo di studio - laurea  conseguita  nel
 corso  del  servizio  prestato presso l'amministrazione regionale (le
 lauree  conseguite  anteriormente  sembrano  irrilevanti)  -,   sull'
 anzianita' di servizio superiore a nove anni (generico servizio senza
 previsione  di  livello  o  di funzioni, essendo sufficiente all'atto
 della domanda il possesso di qualifica sesta o settima). Vi e'  anche
 la  previsione di una verifica riguardante la semplice disponibilita'
 di posti in organico nella  qualifica  oggetto  della  richiesta,  ma
 questo  e' un mero riscontro alla data del decreto di reinquadramento
 del Presidente della Giunta, indipendentemente da una  valutazione  o
 verifica  da parte dell'amministrazione della esigenza di mantenere e
 di coprire il posto al fine essenziale  della  riforma  del  pubblico
 impiego,  basata  proprio  sulla riorganizzazione e razionalizzazione
 degli apparati e sul controllo delle  spese  connesse  al  personale,
 nonche'  sull'interesse nazionale alla sua riuscita (sentenza n.  406
 del 1995).
   Per  di   piu',   l'operazione   di   inquadramento   e'   affidata
 esclusivamente  all'ordinario  organo al vertice dell'amministrazione
 regionale e al suo apparato, senza alcuna previa valutazione da parte
 di organo collegiale straordinario, come commissione di concorso o di
 selezione,  con  le  caratteristiche  tipiche   della   imparzialita'
 (attraverso  componenti  estranei  e  non  politici), della capacita'
 selettiva e delle garanzie procedimentali (sentenze n.  313 del  1994
 e n.  333 del 1993).
   I  suddetti  profili,  che  attengono  all'aspetto sostanziale e ai
 principi relativi alla esigenza di procedura selettiva, sono, invece,
 suscettibili di essere superati attraverso i criteri e  le  modalita'
 per  l'attuazione  della  mobilita'  verticale  secondo la differente
 previsione della norma di regime.
   Infatti,  in  sede  di  necessaria  integrazione  della  disciplina
 legislativa  con  atto generale, potra' essere utilizzata la maggiore
 ampiezza e la  non  tassativita'  della  previsione  normativa  degli
 elementi di valutazione per completare il sistema, in relazione anche
 al   bilanciamento  tra  valorizzazione  del  personale  di  ruolo  e
 interesse delle esigenze organizzative della regione: art.   2  della
 legge regionale 10 marzo 1995, n.  11, con riformulazione dei commi 6
 e  7  dell'art.   10 della citata legge regionale n.  10 del 1995. Di
 conseguenza, cade ogni argomento per fare  ritenere  la  legittimita'
 costituzionale  delle  norme  denunciate  sotto il profilo che queste
 sono mere anticipazioni della norma di regime, che  invece  ha  altro
 contenuto e meccanismo selettivo.
   4. - In riferimento al profilo della mancanza di concorso-selezione
 attitudinale, certamente, come afferma la difesa regionale, la regola
 del   concorso   pubblico  non  e'  assoluta,  consentendosi  deroghe
 legislativamente  disposte  per  singoli  casi  e   secondo   criteri
 appartenenti  alla  discrezionalita' del legislatore (sentenza n.  81
 del 1983).
   Tale regola del pubblico concorso, applicabile anche al passaggio a
 funzioni superiori (sentenze n.  313 del 1994; n.  487 del 1991 e  n.
 161  del  1990),  non  esclude  forme  diverse  di  reclutamento e di
 copertura dei posti, purche' rispondano a criteri  di  ragionevolezza
 (presenza  di peculiari situazioni giustificatrici senza automatismi:
 sentenza n.  314 del 1994; valutazione delle  mansioni  concretamente
 svolte  in precedenza: sentenza n.  134 del 1995) e siano comunque in
 armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non  contraddire
 i principi di buon andamento e di imparzialita' dell'amministrazione.
 Tali   ultimi   due  principi  costituiscono  la  base  comune  della
 previsione concorsuale-selettiva.
   Nella specie in esame, sulla base delle  anzidette  considerazioni,
 difettano  proprio  le  garanzie  minime  di  obiettivita'  e di buon
 andamento (attraverso il ricorso a procedure  congrue  e  ragionevoli
 richieste  per  ogni  selezione  nel  settore  del  pubblico impiego)
 necessariamente basate su elementi attitudinali per coprire  (sia  in
 sede  di  ammissione  all'impiego,  sia  in  sede  di progressione di
 qualifiche o di mobilita' verticale:  sentenza  n.    487  del  1991)
 posti,  soprattutto  se  di livello medio o elevato, quale che sia la
 forma di accesso, pubblico, o limitato a categorie, o interno.