ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 460,  lettera
 e),  e  464  del  codice  di  procedura penale promosso con ordinanza
 emessa il 17 novembre 1994 dal  pretore  di  Pavia  nel  procedimento
 penale  a  carico  di  Carlo  Pisati  ed altro, iscritta al n. 12 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 5 1ΓΏ serie speciale dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 18 ottobre 1995 il Giudice
 relatore Enzo Cheli;
   Ritenuto che nel corso del procedimento penale a  carico  di  Carlo
 Pisati  e  Marco  Vitti,  il  pretore  di Pavia, con ordinanza del 17
 novembre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 76  della
 Costituzione,   le  questioni  di  costituzionalita'  dell'art.  460,
 lettera e), del codice di procedura penale, nella parte  in  cui  non
 prevede   che  tra  i  requisiti  del  decreto  penale  sia  disposta
 l'informazione  all'imputato   degli   oneri   di   notifica   e   di
 sollecitazione  del  consenso  del pubblico ministero nell'ipotesi di
 opposizione al decreto penale e di contestuale richiesta di  giudizio
 abbreviato,  e  dell'art.  464  del codice di procedura penale, nella
 parte in cui non prevede che il decreto con cui  il  giudice  per  le
 indagini preliminari fissa il termine per sollecitare il consenso del
 pubblico  ministero sia previamente notificato all'imputato opponente
 e al difensore eventualmente nominato, e che il termine  decorra  dal
 momento di effettiva conoscenza del decreto medesimo;
     che  nell'ordinanza  si  espone  che  gli  imputati  presentarono
 tempestiva opposizione al decreto penale  15  febbraio  1994  con  il
 quale  il  giudice  per  le indagini preliminari presso la pretura di
 Pavia li aveva condannati per il reato di cui all'art. 663 del codice
 penale, e che nell'atto di  opposizione  essi  avevano  richiesto  il
 giudizio abbreviato;
     che, con successivo decreto del 28 aprile 1994, lo stesso giudice
 dava  termine agli imputati fino alla data del 12 maggio per chiedere
 il consenso del pubblico ministero, mediante  notifica  dell'atto  di
 opposizione e dello stesso decreto, e che, trascorso il termine senza
 che  fosse  espletata la notifica da parte degli imputati, il giudice
 per le indagini preliminari emetteva decreto  di  giudizio  immediato
 nei loro confronti;
     che  il giudice remittente osserva che dagli atti processuali non
 risulta in alcun modo se e quando gli imputati o il  difensore  hanno
 avuto  conoscenza  del  citato  decreto  del  giudice per le indagini
 preliminari e del termine ivi previsto, e che pertanto deve ritenersi
 che l'inerzia degli imputati derivi da tale mancata conoscenza;
     che l'ordinanza  censura  l'art.  464  del  codice  di  procedura
 penale,  affermando  che  questa  norma  - in violazione dell'art. 24
 della Costituzione - non prevede alcunche' in ordine al modo  in  cui
 l'imputato  possa avere tempestiva conoscenza del decreto del giudice
 per le indagini preliminari e non prescrive alcun  termine  entro  il
 quale   lo   stesso   giudice   debba  provvedere  sulla  opposizione
 accompagnata dalla richiesta di giudizio abbreviato;
     che nell'ordinanza si censura anche l'art. 460, lettera e), nella
 parte in cui, disponendo che il decreto penale contenga  l'avviso  al
 destinatario quanto alla facolta' di richiedere riti alternativi, non
 prevede  l'informativa  sugli oneri che gli competono ex art. 464 del
 codice di procedura penale, allorche' faccia  richiesta  di  giudizio
 abbreviato,  in violazione del diritto di difesa e della direttiva n.
 46 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega al Governo per
 l'emanazione del nuovo codice di procedura penale,  che  ha  disposto
 che  nella  fase  dell'opposizione  a  decreto  penale  devono essere
 rispettate "tutte le garanzie per la difesa";
     che nel giudizio davanti alla Corte  ha  spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che  la  questione
 sollevata sia dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata;
   Considerato  che  le  norme  impugnate  disciplinano  atti  la  cui
 adozione  e'  rimessa  al  giudice  per  le  indagini  preliminari  e
 riguardano,  per  l'art.  460  del  codice  di  procedura  penale,  i
 requisiti del decreto penale di condanna e, per l'art. 464 del codice
 di procedura penale, le modalita' con  le  quali  lo  stesso  giudice
 dispone il giudizio a seguito di opposizione dell'imputato al decreto
 penale;
     che   le   norme   censurate   trovano  applicazione  nella  fase
 processuale che precede la fase dibattimentale nella quale  si  trova
 attualmente   il  giudizio  a  quo  e,  di  conseguenza,  l'eventuale
 fondatezza della questione  sollevata  non  potrebbe  avere  concreta
 rilevanza  in tale giudizio, dal momento che l'art. 456, primo comma,
 del codice di  procedura  penale  -  che  individua  mediante  rinvio
 all'art.  429,  secondo  comma,  dello  stesso  codice,  le  cause di
 nullita' del decreto di citazione a giudizio valutabili da parte  del
 giudice  remittente  nella  fase  dibattimentale  -  non comprende le
 carenze censurate dal giudice a quo;
     che,  pertanto,  le  questioni  vanno  dichiarate  manifestamente
 inammissibili;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.