LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
   Ha  emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/21046 presentato
 il 20 novembre 1992 (avverso: S/Rif. su i. Rimb.  num.  Ist.  dell'11
 febbraio  1992, IPERF '90) da Fabiani Giandomenico Paolo, residente a
 Milano in via G. Frua n. 7, contro l'Intendenza di finanza di Milano.
 
                         OGGETTO DELLA DOMANDA
   Il ricorrente, testimone di Geova, richiede il riconoscimento della
 spettanza della deduzione dal reddito imponibile della  somma  di  L.
 2.000.000  versata  a  titolo  di  erogazione liberale a favore della
 Congregazione cristiana dei testimoni di Geova per scopi di culto.
 
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
   All'udienza di discussione,  questa  Commissione  si  riservava  la
 decisione.
 
                             O S S E R V A
   Dalla   parte   ricorrente  e'  stata  sollevata  la  eccezione  di
 incostituzionalita' della norma dell'art. 10 del  testo  unico  delle
 imposte  dirette  -  in  relazione  agli  artt. 2, 3, 8, 19, 53 della
 Costituzione - nella  parte  in  cui  dispone  la  deducibilita'  dal
 reddito,  ai  fini  dell'IRPEF,  di  erogazioni liberali a favore dei
 fedeli di quelle sole confessioni  religiose  che  abbiano  stipulato
 un'intesa con lo Stato italiano.
   La  questione  sollevata  e'  sicuramente  rilevante  al  fine  del
 decidere:   se  trovasse  accoglimento  questa  Commissione  dovrebbe
 ordinarie  all'amministrazione  finanziaria il rimborso delle imposte
 pagate su quella elargizione di cui non si riconosce la deducibilita'
 ai fini dell'IRPEF.
   La questione stessa ha  il  fumus  della  fondatezza  a  mente  dei
 principi  enunciati  dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 195
 del 1993 che pronunciandosi su questioni analoghe aveva affermata  la
 illegittimita'  costituzionale  di norme che avevano discriminato sul
 piano  economico  i  fedeli   di   confessioni   religiose   che   si
 distinguevano  per  il solo fatto di aver raggiunto o meno una intesa
 con lo Stato.
   Quelle  norme  finivano,   secondo   la   Corte,   con   l'incidere
 sostanzialmente  e negativamente sulla liberta' e pari dignita' delle
 diverse confessioni religiose (art. 8  Costituzione)  e  dei  singoli
 fedeli (art. 19 Costituzione).
   Ritiene  questa  Commissione  che le diverse confessioni religiose,
 purche' non contrarie  all'ordinamento  italiano,  hanno  tutte  pari
 diritti   nei   confronti  dello  Stato  e  delle  altre  istituzioni
 pubbliche.
   Come  pure  si ritiene che i singoli individui abbiano pari diritto
 di abbracciare liberamente la propria fede religiosa e di esercitarne
 il culto, purche' non si tratti di riti contrari al buon costume.
   Ogni norma  che  crei  discriminazioni  tra  le  varie  confessioni
 religiose  o  tra  i  cittadini  ad  esse  fedeli  e  che, anche solo
 indirettamente, incida sulla loro pari dignita' e liberta', determina
 il sospetto di incostituzionalita' che solo la  Corte  costituzionale
 puo' fugare.