ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge
 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione  della  finanza
 pubblica)  nonche'  dello  stesso  art. 39, come modificato dall'art.
 14, comma 2, del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito in
 legge  22  marzo 1995, n. 85 (Misure urgenti per il risanamento della
 finanza pubblica e per l'occupazione nelle aree  depresse),  promossi
 con  ordinanze  emesse  il  10 febbraio 1995 (n. 1 ordinanza) e il 14
 aprile successivo (n. 4 ordinanze) dal Pretore di Potenza,  iscritte,
 rispettivamente,  ai  nn.  416,  426,  427,  428  e  429 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 nn. 28 e 30, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che il Pretore di Potenza,  con  cinque  ordinanze  aventi
 contenuto   sostanzialmente   identico,   ed  emesse,  nel  corso  di
 altrettanti  procedimenti  penali  per  reati  edilizi,  in  data  10
 febbraio 1995 la prima e le restanti tutte in data 14 aprile 1995, ha
 sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 79 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  39
 della  legge 23 dicembre 1994, n. 724 (r.o. n. 416 del 1995), nonche'
 dello stesso art. 39, come modificato  dall'art.  14,  comma  2,  del
 decreto-legge  23  febbraio 1995, n. 41, convertito in legge 22 marzo
 1995, n. 85 (r.o. nn. 426, 427, 428 e 429 del 1995)  nella  parte  in
 cui,  richiamando  per  le  opere abusive indicate al primo comma, le
 disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio  1985,  n.
 47  e  successive  modificazioni,  prevede  l'estinzione dei reati in
 materia urbanistica indicati nell'art. 38, secondo comma, della legge
 28 febbraio 1985,  n.  47  e  dispone  la  sospensione  dei  relativi
 procedimenti a norma degli artt. 38, primo comma, e 44 della medesima
 legge n. 47 del 1985;
     che,  ad  avviso del giudice a quo, il condono edilizio, previsto
 dalla disposizione censurata,  si  sostanzierebbe  in  una  forma  di
 "amnistia  sottoposta ad obblighi", in quanto tale, adottabile con la
 rigorosa procedura prevista dal succitato art. 79 della Costituzione,
 recentemente riformato dalla legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1;
      che anche nel caso che non possa qualificarsi come amnistia,  il
 condono  sarebbe  comunque inscrivibile, secondo il remittente, nella
 "piu' ampia categoria dei provvedimenti di natura  clemenziale"  alla
 quale  sarebbero,  pur  sempre,  estensibili  i  principi  in tema di
 amnistia, con la conseguenza che risulterebbe violato  in  ogni  caso
 l'art. 79 della Costituzione;
     che sarebbe, altresi', violato l'art. 3 della Costituzione, sotto
 il profilo della ragionevolezza, in quanto la disposizione impugnata,
 reiterando  a  breve  distanza  di  tempo, quelle stesse disposizioni
 (legge 27 febbraio 1985,  n.  47)  che  la  Corte  aveva  considerato
 "eccezionali"  e  giustificate  solo  dall'intento  di  "chiudere  un
 passato di illegalita' di massa", verrebbe a "vanificare  le  ragioni
 prime  della  punibilita' attraverso l'esercizio arbitrario della non
 punibilita'";
     che,  sotto  altro  profilo,  la  reiterazione  di  provvedimenti
 clemenziali,   inducendo   nel  cittadino  la  convinzione  di  poter
 impunemente violare la legge, indebolirebbe,  altresi',  la  funzione
 rieducativa  della  pena, con conseguente lesione dell'art. 27, terzo
 comma, della Costituzione;
     che  nel  giudizio introdotto con l'ordinanza n. 426 del 1995, e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  concludendo  per  la
 infondatezza della proposta questione;
   Considerato  che per l'identita' delle questioni, i giudizi possono
 essere riuniti;
     che le questioni sollevate sono state gia' dichiarate non fondate
 con la sentenza n. 427 del 1995;
     che non sono dedotti profili nuovi o diversi tali da suggerire un
 riesame delle questioni stesse;
     che, pertanto, le proposte  questioni  devono  essere  dichiarate
 manifestamente infondate;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n.  87
 e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.