ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel  giudizio promosso con ricorso della Regione Piemonte, notificato
 il 21 aprile 1995, depositato in cancelleria il  28  successivo,  per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito  della  circolare  del
 Ministro dei  lavori  pubblici  del  12  gennaio  1995,  n.  TB/1983,
 relativa alla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di
 risorse idriche) ed iscritto al n. 12 del registro conflitti 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 6 febbraio 1996 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Udito l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte e l'Avvocato
 dello Stato  Oscar  Fiumara  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato  in data 21 aprile 1995, la Regione
 Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione nei  confronti  dello
 Stato  in  ordine alla circolare del Ministro dei lavori pubblici del
 12 gennaio 1995, n. TB/1983 - comunicata alla ricorrente in  data  23
 febbraio 1995 - la quale, in esito ad alcune richieste di chiarimenti
 circa   la  portata  e  le  modalita'  di  applicazione  delle  norme
 introdotte dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia
 di risorse idriche), avrebbe affermato una interpretazione  dell'art.
 32  della  citata legge, che ne differirebbe la operativita' completa
 fino alla emanazione dei regolamenti governativi, cui il citato  art.
 32  demanda la individuazione delle disposizioni incompatibili con la
 legge stessa e la indicazione dei termini della relativa abrogazione.
   Secondo la ricorrente, tale  interpretazione  sarebbe  erronea,  in
 quanto  contrastante con il contenuto normativo della legge n. 36 del
 1994,  che,  all'art.  32,  differirebbe  solo  l'abrogazione   delle
 disposizioni   incompatibili   relative   alla  riorganizzazione  del
 servizio idrico integrato, e, in ogni caso, sarebbe in contrasto  con
 i  termini, decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di
 cui si tratta, dettati dalla stessa legge per  il  riconoscimento  di
 utenze  preesistenti (all'art. 25, relativamente alla posizione degli
 utenti di captazioni idriche nelle aree  naturali  protette  che  non
 siano  in  possesso di titolo regolare; all'art. 34, relativamente al
 riconoscimento o alla concessione di acque che abbiano assunto natura
 pubblica in base all'art. 1 della citata legge).
   Nel ricorso si rileva  che,  ove  dovesse  essere  attribuita  alla
 circolare   una  valenza  tale  da  condizionare  anche  la  potesta'
 regionale di conoscenza di dette concessioni, si  verificherebbe,  in
 contrasto   con  gli  artt.    117  e  118  della  Costituzione,  una
 compressione illegittima delle competenze regionali di  cui  all'art.
 90 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 in materia di tutela, disciplina
 ed utilizzazione delle risorse idriche. Si darebbe luogo, inoltre, ad
 avviso  della  ricorrente,  a  gravi  incertezze,  oltre  che  ad una
 pericolosa  incentivazione  del  contenzioso,  in  quanto  i  privati
 interessati  sarebbero  comunque  tenuti,  per  evitare decadenze, ad
 inoltrare le istanze di concessione, in ordine alle quali la  Regione
 si troverebbe nella impossibilita' di provvedere. A meno di non voler
 ritenere  la  circolare  in  questione  compatibile con le competenze
 regionali in  materia,  ammettendo,  quindi,  che  la  Regione  possa
 conoscere  delle domande presentate per ottenere la concessione delle
 acque che abbiano assunto natura pubblica in base alla  legge  n.  36
 del  1994  anche  prima  della  emanazione  del  regolamento  cui  la
 circolare  impugnata  condiziona  in generale l'efficacia della legge
 stessa.
   In ogni  caso,  poi,  sarebbe  illegittima  la  compressione  delle
 competenze   regionali   affermate   dalla  legge  n.  36  del  1994,
 condizionate dalla circolare di cui si tratta alla previa  emanazione
 di  decreti governativi, e, in particolare, delle competenze relative
 all'adozione dei programmi per il risparmio idrico (art.  6,  secondo
 comma);  all'aggiornamento,  nei bacini geografici di competenza, del
 piano regolatore generale degli acquedotti su scala di bacino ed alla
 programmazione degli interventi attuativi occorrenti  in  conformita'
 alle procedure (art.  8, quarto comma); alle norme integrative per il
 controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi (art.
 8, quinto comma); alla determinazione delle modalita' di cooperazione
 tra  gli  enti  locali  ricadenti nel medesimo ambito ottimale per la
 gestione  del  servizio  idrico  integrato  (art.  9,  terzo  comma);
 all'adozione  della  convenzione-tipo e del relativo disciplinare per
 regolare i rapporti tra enti locali  e  gestori  dei  servizi  idrici
 integrati  (art.  11);  al procedimento di concessione di derivazioni
 idriche (artt. 23, 27 e 28).
   2. - Nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio  dei
 ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha   preliminarmente   eccepito   la  inammissibilita'  del  ricorso,
 osservando  che  l'atto  impugnato  e'  una  circolare   ministeriale
 meramente   interpretativa   e,   come  tale,  inidonea  ad  incidere
 direttamente sul riparto delle competenze.
   Nel merito, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha  sostenuto  la
 infondatezza  del  ricorso,  rilevando che la legge n. 36 del 1994 ha
 profondamente modificato il sistema giuridico preesistente in materia
 di acque, stabilendo che tutte le acque superficiali  e  sotterranee,
 ancorche'  non  estratte dal sottosuolo, sono pubbliche. Tuttavia, il
 legislatore, consapevole che il regime giuridico di cui si tratta non
 si  sarebbe  potuto  modificare  con  una   mera   dichiarazione   di
 pubblicita'  di  tutte  le  acque,  ha  ravvisato  la opportunita' di
 prevedere,  per  l'adattamento  del  sistema,  la   procedura   della
 delegificazione,   conferendo  al  Governo  il  compito  di  adottare
 appositi  regolamenti  per  la  piena  attuazione  della   disciplina
 introdotta con la legge n. 36 del 1994.
   Naturalmente, il differimento della operativita' della legge citata
 non  riguarderebbe  quelle  norme,  contenute  nella legge stessa, ad
 esecuzione  immediata,  per  la  cui  applicazione  non  occorrerebbe
 procedere  ad abrogazione di alcuna disposizione incompatibile (artt.
 6, 8, 9, 11 e 23).
   Ne'  si  verificherebbe  alcuna  illegittima   compressione   delle
 competenze  regionali  di cui all'art. 90 del d.P.R. n. 616 del 1977,
 in quanto, ai sensi dell'art. 91 dello stesso d.P.R., sono  riservate
 allo  Stato  le  dichiarazioni di pubblicita' delle acque, nonche' la
 determinazione e la disciplina degli usi delle acque  pubbliche.  Del
 resto,  in  base  all'art.  33  della legge n. 36 del 1994, il regime
 giuridico da applicare alle acque costituisce principio  fondamentale
 cui  ogni Regione e' tenuta ad attenersi nell'esercizio delle proprie
 competenze.
   3. - Nell'imminenza dell'udienza la difesa della  Regione  Piemonte
 ha  prodotto  una memoria con la quale insiste nelle conclusioni gia'
 rassegnate, in particolare soffermandosi,  quanto  all'ammissibilita'
 del   conflitto,   sul  carattere  non  meramente  esplicativo  della
 circolare  impugnata e sulla sua idoneita' ad interferire nella sfera
 regionale.
   Nel merito, si osserva che  il  differimento  della  efficacia  del
 principio,  di  cui  all'art.  1  della  legge  n.  36  del  1994, di
 pubblicita' di tutte le acque superficiali e sotterranee,  renderebbe
 non  operative  le  disposizioni della stessa legge che attribuiscono
 competenze alle Regioni e che quel principio presuppongono.
   La difesa della Regione sottolinea, infine,  che  la  competenza  a
 conoscere  delle  concessioni  non coincide con le funzioni riservate
 allo Stato dall'art. 91 del d.P.R. n. 616 del 1977.
                        Considerato in diritto
   1. - Il conflitto di attribuzione proposto dalla  Regione  Piemonte
 ha  per  oggetto la circolare del Ministro dei lavori pubblici del 12
 gennaio 1995, n. TB/1983 (legge 5 gennaio 1994, n. 36 in  materia  di
 risorse idriche - attuale vigenza delle norme - t.u. 11 dicembre 1933
 n.  1775  -  concessioni  di  derivazione  di  acqua pubblica), ed in
 particolare  riguarda  il  potere  dello  Stato  di   differire   con
 circolare,  mediante  una interpretazione dell'art. 32 della legge n.
 36 del 1994 citata, la operativita' della normativa anche per  quanto
 attiene alle competenze regionali in materia di risorse idriche.
   2.  -  La  difesa  dello  Stato ha eccepito la inammissibilita' del
 conflitto sotto il  profilo  che  esso  riguarderebbe  una  circolare
 meramente  interpretativa  e,  come  tale,  non  idonea  ad  incidere
 direttamente sul riparto delle competenze tra Stato e Regione.
   3. -  Il  ricorso  e'  inammissibile  per  un  triplice  ordine  di
 considerazioni, solo in parte coincidenti con la tesi dello Stato: la
 prima di esse concerne il profilo del preteso contrasto tra circolare
 e  contenuto normativo della legge n. 36 del 1994; la seconda attiene
 alla natura delle funzioni regionali in materia di acque pubbliche e,
 quindi, alla sfera di competenza suscettibile  di  tutela  attraverso
 conflitto di attribuzione da parte della Regione; la terza, collegata
 alla   precedente,  e'  riferibile  alla  natura  oggettivamente  non
 innovativa  della  circolare  rispetto  alle   competenze   regionali
 costituzionalmente garantite.
   3.1.  -  Sono  anzitutto  inammissibili  i  profili  del  conflitto
 riguardanti  il  contrasto  tra   interpretazione   contenuta   nella
 circolare  e disciplina dettata dalla legge n. 36 del 1994, in quanto
 l'erroneita' dell'interpretazione o dell'applicazione data in un atto
 amministrativo ad una norma di legge  non  puo',  di  per  se'  sola,
 essere   denunciata   da   una   Regione  in  sede  di  conflitto  di
 attribuzioni, potendo formare motivo del conflitto solo le violazioni
 (invasione, compressione e disconoscimento) della sfera di competenza
 regionale  costituzionalmente  garantita.    Perche'  una   circolare
 interpretativa  di  una  legge  possa  essere  denunciata  in sede di
 conflitto, occorre, quindi, che l'interpretazione da essa accolta  si
 traduca  in  una  illegittima interferenza nella sfera regionale (v.,
 per quest'ultimo profilo, la sentenza n. 153 del 1986).
   Nella specie, manca una manifestazione  chiara  di  volonta'  dello
 Stato  che  affermi  la  propria  competenza e neghi quella regionale
 ovvero sia  intesa  a  sottrarre  alle  Regioni  competenze  ad  esse
 costituzionalmente garantite, in quanto la circolare ha il dichiarato
 intento  di  offrire un orientamento e un chiarimento in una funzione
 di semplice collaborazione informativa,  in  una  fase  temporanea  e
 transitoria (cfr., per riferimento solo in parte analogo, la sentenza
 n.  187  del  1988)  e, per di piu', limitato, sul piano logico, alle
 modifiche ampliative della competenza regionale  delegata,  collegata
 al  nuovo  procedimento  di  concessione (artt. 23, terzo comma, 27 e
 28).
   3.2. - Sotto il secondo aspetto, deve essere sottolineato che,  pur
 dopo  il trasferimento alle Regioni, operato con il d.P.R. 15 gennaio
 1972, n. 8, in attuazione degli artt. 117 e 118  della  Costituzione,
 delle  funzioni  amministrative  statali in materia di acquedotti, la
 competenza degli organi statali in ordine alla tutela,  disciplina  e
 utilizzazione  delle  acque pubbliche e' rimasta immutata (art. 9 del
 citato d.P.R. n. 8  del  1972);  e'  stata,  inoltre,  confermata  la
 riserva   allo   Stato,  oltre  che  delle  funzioni  concernenti  la
 programmazione nazionale generale o  di  settore  della  destinazione
 delle  risorse  idriche,  di  quelle  relative  alla dichiarazione di
 pubblicita' delle acque, alla determinazione e disciplina  degli  usi
 delle  acque  pubbliche,  anche sotterranee, ivi comprese le funzioni
 relative all'istruttoria e al rilascio delle  concessioni  di  grandi
 derivazioni... (art. 91 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); e' stata,
 da   ultimo,   ribadita   la   competenza   statale  in  ordine  alla
 regolamentazione dei procedimenti amministrativi di  concessione  per
 l'approvvigionamento  di  acqua pubblica da corpo idrico superficiale
 naturale o artificiale, o da acque sotterranee riconosciute pubbliche
 (art. 2, settimo comma, elenco n. 4 allegato, della legge 24 dicembre
 1993, n. 537).
   Le  competenze  regionali  nella  materia  in  esame  sono   quindi
 meramente  delegate  (art.  90 del d.P.R. n. 616 del 1977) e tali (in
 relazione alla entita' e rilevanza delle attribuzioni  statali  e  al
 modo  e  alle  finalita' di conferimento delle competenze stesse, non
 costituenti  integrazione  necessaria  di  quelle   "proprie"   della
 Regione:  v.  sentenze n. 282 del 1992, n. 278 del 1991 e n. 1112 del
 1988) da non essere suscettibili di tutela attraverso il conflitto di
 attribuzione, difettando il presupposto della esistenza di una  sfera
 di  competenze costituzionalmente garantita alle Regioni (sentenza n.
 559 del 1988).
   3.3. - Quanto al terzo profilo, la circolare in  questione  non  ha
 operato  alcuna innovazione del sistema delle preesistenti competenze
 regionali in materia. Non risulta, invero,  esatto  quanto  affermato
 dalla  ricorrente  in ordine alla circostanza che la circolare di cui
 si tratta avrebbe compresso le competenze riconosciute  alle  Regioni
 dalla legge n. 36 del 1994, condizionandole alla previa emanazione di
 decreti governativi.
   Al   riguardo,   va   rilevato  che  la  legge  stessa  prevede  il
 differimento  dell'effetto   abrogativo   delle   sole   disposizioni
 normative  preesistenti  incompatibili  (da  individuarsi ad opera di
 decreti governativi, emanati ai sensi dell'art.  17,  secondo  comma,
 della  legge  23  agosto  1988,  n.  400). Secondo il testo orginario
 dell'art. 32, terzo comma, della legge n. 36 del 1994,  l'abrogazione
 sarebbe dovuta decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti;
 mentre,  in  base  al  testo vigente del citato art. 32, terzo comma,
 introdotto dall'art. 17 del decreto-legge  8  agosto  1994,  n.  507,
 convertito,  con  modificazioni, nella legge 21 ottobre 1994, n. 584,
 l'effetto abrogativo di cui si tratta e' rimesso, quanto al tempo  di
 decorrenza,  agli  stessi  decreti,  che  dovranno  indicarne anche i
 termini,  implicitamente differenziabili per necessita' di attuazione
 e di adeguamento di strutture  e  di  procedure  nei  diversi  ambiti
 territoriali.   Appare, dunque, chiara la volonta' del legislatore di
 differire l'efficacia di quelle sole norme la cui  applicazione  deve
 essere preceduta dalla individuazione e sostituzione della precedente
 disciplina specificamente incompatibile.  In tale contesto normativo,
 la  circolare  impugnata  non  comporta la esclusione in via generale
 della immediata applicabilita' delle nuove disposizioni, da ritenere,
 invece, operative quando non vi  siano  preesistenti  atti  normativi
 incompatibili  e  che debbano essere individuati dai previsti decreti
 di cui all'art. 32, come, del resto, non disconosciuto  dalla  difesa
 dello   Stato;   ovvero   quando  l'abrogazione  sia  stata  disposta
 espressamente dalle  stesse  nuove  norme;  o  quando  siano  fissati
 termini certi di operativita'.
   Ne'  va  sottaciuto  che  l'attuazione  della legge n. 36 del 1994,
 nelle parti che non  necessitavano  di  abrogazione  della  normativa
 preesistente,  e'  gia'  intervenuta ad opera di alcune Regioni, come
 risulta  da   una   serie   di   interventi   legislativi   regionali
 conseguenziali  e  di  dettaglio  (v.,  tra  le altre, la legge della
 Regione Toscana 21 luglio 1995, n. 81).