ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli articoli 8, secondo e terzo  comma,  della  legge  15  dicembre
 1972,   n.   772  (Norme  per  il  riconoscimento  dell'obiezione  di
 coscienza) e 163 e seguenti del codice penale, promosso con ordinanza
 emessa il 19 giugno 1995 dal  giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso il tribunale militare di Roma nel procedimento penale a carico
 di  Rombi  Gennaro,  iscritta al n. 529 del registro ordinanze 1995 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  di Rombi Gennaro nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella udienza  pubblica  del  20  febbraio  1996  il  giudice
 relatore Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi  gli  avvocati  Roberto  Lorenzini  e Mauro Mellini per Rombi
 Gennaro, e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per  il  Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
   Ritenuto  che  con  ordinanza del 19 giugno 1995, il giudice per le
 indagini  preliminari  presso  il  tribunale  militare  di  Roma   ha
 sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma
 risultante dal combinato disposto degli articoli 8, secondo  e  terzo
 comma,   della   legge  15  dicembre  1972,  n.  772  (Norme  per  il
 riconoscimento dell'obiezione di coscienza)  e  163  e  seguenti  del
 codice  penale, con riferimento all'art. 3 della Costituzione nonche'
 al principio della finalita' rieducativa della pena, nella  parte  in
 cui  si  prevede  "che,  a  fronte della concessione di ufficio della
 sospensione condizionale della pena  nel  primo  giudizio,  l'esonero
 consegua  soltanto  all'espiazione della pena inflitta per il secondo
 reato";
     che l'ordinanza suddetta e' stata pronunciata  nel  corso  di  un
 processo  penale  a carico di persona precedentemente condannata alla
 pena di cinque mesi e dieci giorni  di  reclusione,  con  sospensione
 condizionale  della  stessa,  per  il  reato  di "rifiuto totale" del
 servizio militare di leva per motivi di coscienza  (art.  8,  secondo
 comma,  della  legge  n. 772 del 1972), persona imputata dello stesso
 delitto in relazione  a  una  nuova  chiamata  alle  armi,  anch'essa
 disattesa per i medesimi motivi, dopo il passaggio in giudicato della
 prima sentenza;
     che   il   giudice  rimettente  -  respinte  come  manifestamente
 infondate  diverse  e  piu'  ampie  questioni  di  costituzionalita',
 prospettate  dalla  difesa  dell'imputato  -  ha  invece dato seguito
 all'istanza del pubblico ministero affinche' venisse investita questa
 Corte  della  sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale,
 esclusivamente  in  relazione  all'ipotesi  di  nuovo processo per il
 reato di cui all'art.  8, secondo comma, della legge n. 772 del 1972,
 nel caso di precedente condanna  per  il  medesimo  reato,  con  pena
 condizionalmente sospesa in assenza di richiesta dell'imputato;
     che,  soltanto  in relazione all'eventualita' da ultimo indicata,
 si sostiene nell'ordinanza che - qualora la persona  che  rifiuta  il
 servizio  militare  perseveri  nel suo atteggiamento - la sospensione
 condizionale  si  traduce  in  un  danno  per   il   condannato   non
 riconducibile  alla  sua  condotta  ma imputabile esclusivamente alla
 volonta' del giudice: danno consistente in cio', che l'esonero  dalla
 prestazione del servizio militare (previsto dall'art. 8, terzo comma,
 della  legge  n.  772 del 1972 come conseguenza dell'espiazione della
 pena disposta dalla sentenza di condanna per il rifiuto del  servizio
 militare), a causa della sospensione della pena, non potrebbe operare
 in  conseguenza  della  condanna  per il primo rifiuto, ma opererebbe
 solo in seguito a una seconda sentenza di condanna che, irrogando una
 nuova  pena,  disponesse  per  conseguenza  anche   la   revoca   del
 "beneficio" precedentemente concesso;
     che,  in tal modo, l'effetto dell'esonero, previsto dall'art.  8,
 terzo comma, per evitare la "spirale delle  condanne",  conseguirebbe
 contraddittoriamente  dopo due (o tre: nel caso dell'art. 164, quarto
 comma, del codice penale) sentenze di condanna aventi, come  effetto,
 il cumulo delle pene;
     che  tale  sopraesposta disciplina dell'esonero dalla prestazione
 del servizio militare di leva, in relazione all'ipotesi di precedente
 condanna per il rifiuto  del  servizio  militare  medesimo  con  pena
 condizionalmente  sospesa  ad  iniziativa  del giudice, e' apparsa al
 giudice rimettente di  dubbia  costituzionalita'  per  violazione  a)
 dell'art.    3   della   Costituzione,   sotto   il   profilo   della
 ragionevolezza, in quanto essa presupporrebbe, ai fini  dell'esonero,
 un'ulteriore  condanna  e  un  ulteriore  prolungamento  della pena -
 rispetto al caso in cui il beneficio della  sospensione  condizionale
 non  fosse  concesso  -,  nonche' b) degli artt. 3 e 27, terzo comma,
 della Costituzione, in quanto il prolungamento della pena  necessario
 ai  fini  dell'esonero  potrebbe apparire ingiustificato dal punto di
 vista della finalita' rieducativa, tenuto conto che esso deriverebbe,
 in definitiva, non da  un  comportamento  di  colui  che  rifiuta  il
 servizio  militare  ma da un atto (la decisione giudiziale) del tutto
 indipendente dalla sua volonta';
     che,  per  tali  motivi,  il  giudice per le indagini preliminari
 presso il tribunale militare di Roma  ha  ritenuto  la  questione  di
 legittimita' costituzionale non manifestamente infondata e rilevante,
 investendo percio' questa Corte del suo esame;
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dell'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
 infondata;
   Considerato che la predetta ordinanza del giudice per  le  indagini
 preliminari  presso  il  tribunale militare di Roma solleva il dubbio
 circa la legittimita' costituzionale della disciplina sopra  detta  -
 con  riferimento  esclusivo all'ipotesi di precedente concessione del
 beneficio della sospensione condizionale della  pena,  non  richiesta
 dall'imputato  -  in  quanto  consente plurime condanne di colui che,
 avendo rifiutato il servizio militare di leva, persiste nel rifiuto a
 fronte di nuove chiamate alle armi;
     che tale prospettazione presuppone, piu' in generale - in tutti i
 casi in cui, per un motivo previsto dall'ordinamento,  alla  condanna
 per   prima   irrogata  non  segua  l'espiazione  della  pena  -,  la
 possibilita' di moltiplicazione delle condanne  e  di  sommatoria  di
 pene nei confronti del soggetto che persista nel rifiuto del servizio
 militare,  possibilita'  che  nel  caso  in  esame nel giudizio a quo
 riguarda l'ipotesi in cui la mancata espiazione della  pena  irrogata
 per   la  prima  volta  dipenda  dalla  concessione  d'ufficio  della
 sospensione condizionale;
     che  tale  possibilita'  appare  di   dubbia   conformita'   alla
 Costituzione, sotto diversi profili, in particolare a) per violazione
 dell'art.    3,  sotto  il  profilo  della  razionalita',  in  quanto
 contraddice la ratio dell'art. 8, terzo comma, della legge n. 772 del
 1972, all'evidenza rivolto ad evitare quella "spirale delle condanne"
 che in varie circostanze (a iniziare dalla sentenza n. 409 del  1989)
 questa  Corte  ha  ritenuto  costituzionalmente  illegittima e b) per
 violazione degli articoli 2, 3, 19 e 21, i quali apprestano - secondo
 la giurisprudenza di questa Corte, a iniziare dalla sentenza  n.  467
 del 1991 - una protezione costituzionale ai cosiddetti "diritti della
 coscienza", in quanto la possibile comminazione di plurime condanne e
 pene  puo'  condurre a una permanente pressione morale in vista di un
 mutamento coatto della coscienza individuale;
     che  esiste   un   evidente   rapporto   di   continenza   e   di
 presupposizione  tra  la  questione  specifica  dedotta  dal  giudice
 rimettente e la questione di costituzionalita' nascente dai dubbi  di
 costituzionalita'  ora  indicati  circa  la  normativa piu' generale,
 sicche' la risoluzione della  seconda  e'  logicamente  pregiudiziale
 alla risoluzione della prima;
     che,  d'altra  parte  - come gia' osservato fin dall'ordinanza n.
 100 del  1970,  a  proposito  delle  questioni  di  costituzionalita'
 relative  a ipotesi di disparita' di trattamento, ma con affermazione
 suscettibile di estensione a tutti i casi in  cui  una  questione  ne
 implica un'altra logicamente prioritaria (ordinanza n. 230 del 1975 e
 sentenza  n.    179  del 1976) -, il modo in cui occasionalmente sono
 poste le questioni incidentali  di  legittimita'  costituzionale  non
 puo'  impedire  al  giudice delle leggi l'esame pieno del sistema nel
 quale le norme denunciate sono inserite.