ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 291 e 312, n.
 2,  del  codice  civile, promosso con ordinanza emessa il 21 novembre
 1994 dalla Corte di  cassazione  sul  ricorso  proposto  da  Olivotti
 Adriano  contro  il  procuratore  generale della Repubblica presso la
 Corte d'appello di Bologna ed altri, iscritta al n. 676 del  registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  12 giugno 1996 il giudice
 relatore Luigi Mengoni.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel procedimento  promosso  dal  ricorso  ex  art.  111  della
 Costituzione  di  Adriano  Olivotti  avverso  il  decreto della Corte
 d'appello di  Bologna  che  aveva  ritenuto  non  potersi  far  luogo
 all'adozione  del  maggiorenne Moreno Delfari, figlio del coniuge del
 ricorrente, in ragione della presenza di due figli minorenni nati dal
 matrimonio del ricorrente con la madre dell'adottando,  la  Corte  di
 cassazione,  con ordinanza del 21 novembre 1994, pervenuta alla Corte
 costituzionale il 15 settembre 1995,  ha  sollevato,  in  riferimento
 agli  artt.  2,  3 e 30 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale:
     a)   "dell'art.   291   del   codice   civile,   quale    risulta
 dall'intervento operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
 557  del  1988,  nella  parte  in  cui  non  prevede che possa aversi
 adozione di maggiorenne da parte di soggetto  che  abbia  discendenti
 legittimi  o legittimati in eta' minore, anche quando l'adottando sia
 figlio del coniuge dell'adottante  e  sia  stabilmente  inserito  nel
 nucleo familiare facente capo a tale coppia";
     b)  "dell'art.  312, n. 2, del codice civile, nella parte in cui,
 limitando la  funzione  valutativa  del  tribunale  alla  convenienza
 dell'adozione  per  l'adottando,  non  riconosce a tale organo poteri
 idonei al compimento  di  un  piu'  complesso  esame,  demandando  al
 giudice  la  valutazione  degli  interessi in campo e della obiettiva
 convenienza  dell'adozione  in  rapporto  al  fine  di  rafforzamento
 dell'unita' familiare".
   L'ordinanza  richiama  preliminarmente  la giurisprudenza di questa
 Corte che ha ammesso la possibilita' di deroga al divieto di adozione
 di maggiorenne da parte di chi abbia figli  legittimi  o  legittimati
 maggiori   di  eta'  e  consenzienti  oppure  incapaci  di  esprimere
 l'assenso perche' interdetti o irreperibili  (sentenze  nn.  557  del
 1988  e  345  del  1992). La questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.   291 del codice civile mirante  a  rendere  flessibile  il
 divieto  anche  in  presenza  di  figli  minorenni  e' stata, invece,
 respinta dalla sentenza n. 53 del  1994  sul  riflesso  che  la  loro
 incapacita',  diversamente da quella dell'interdetto, ha carattere di
 "predeterminata transitorieta'" tale da escludere  che  possa  essere
 rimesso al giudice l'apprezzamento discrezionale dell'opportunita' di
 prescindere  dal  loro  assenso,  anziche' attendere che essi abbiano
 conseguito, con la maggiore eta', la capacita' di esprimerlo.
   Cio' premesso, il giudice rimettente ritiene che l'ultima  sentenza
 non  precluda  una  soluzione diversa nel caso in cui l'adottando sia
 figlio del coniuge dell'adottante e conviva con i  due  coniugi  e  i
 figli  minori  nati  dal loro matrimonio. In questo caso la rigidita'
 del divieto contrasta con l'art. 3 della Costituzione  sia  sotto  il
 profilo  del  principio  di  ragionevolezza,  perche'  contraddice la
 logica della sentenza n. 557 del 1988, che ha aperto la  procedura  a
 piu'  ampie  valutazioni  ponderate  dei  vari interessi da parte del
 giudice, sia sotto il profilo del principio di  eguaglianza,  perche'
 impedisce  che  l'adozione  di  un  maggiore  di  eta',  analogamente
 all'adozione di un minore nel caso particolare previsto dall'art. 44,
 primo comma, lett. b), della legge  4  maggio  1983,  n.  184,  possa
 servire  allo  scopo  di  formalizzare un rapporto di fatto integrato
 nell'unita' di una famiglia legittima rafforzando la  coesione  della
 famiglia medesima.
   La questione sub b) e' sollevata in via conseguenziale, considerato
 che  la  questione  sub  a) implica l'esigenza di una ponderazione di
 tutti gli interessi concorrenti nel caso da decidere,  mentre  l'art.
 312  del  codice  civile,  sul presupposto dell'impugnata valutazione
 legale che ammette l'adozione soltanto in assenza di figli  legittimi
 minori,  demanda al giudice soltanto la valutazione della convenienza
 dell'adozione per l'adottando.
   2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e'  intervenuto
 il    Presidente    del   Consiglio   dei   Ministri,   rappresentato
 dall'Avvocatura  dello  Stato,  chiedendo  che   la   questione   sia
 dichiarata infondata alla stregua della sentenza n. 53 del 1994.
                        Considerato in diritto
   1. - La Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt.
 2,   3   e   30   della   Costituzione,   questione  di  legittimita'
 costituzionale:
     a) dell'art. 291 del codice civile, modificato dalla sentenza  di
 questa  Corte  n.  557  del  1988,  nella parte in cui non prevede la
 possibilita' di adozione di un maggiorenne, da  parte  di  chi  abbia
 discendenti  legittimi  o  legittimati  in  eta' minore, anche quando
 l'adottando sia figlio del coniuge dell'adottante e  sia  stabilmente
 inserito nella comunita' familiare;
     b)  dell'art.  312,  n. 2, del codice civile, nella parte in cui,
 limitando  il  potere  valutativo  del  tribunale  alla   convenienza
 dell'adozione   per   l'adottando,   non   consente  al  giudice  una
 valutazione complessiva di tutti gli interessi coinvolti dall'istanza
 di adozione.
   2. - La seconda questione e' strumentale  alla  prima,  sicche'  si
 tratta  in  realta'  di  due  aspetti  di un'unica questione. Essa e'
 inammissibile.
   La riforma del 1983 ha  limitato  l'adozione  regolata  dal  codice
 civile  alle persone maggiori di eta', rivalutandone in pari tempo la
 funzione originaria di procurare un figlio a chi non  l'ha  avuto  da
 natura mediante il matrimonio (adoptio in hereditatem). Coerentemente
 con  tale funzione l'art. 291 del codice civile vietava l'adozione di
 un maggiorenne da parte di chi abbia figli legittimi  o  legittimati.
 Deviando  dalla  logica dell'istituto, la sentenza n. 557 del 1988 di
 questa Corte ha temperato il divieto ammettendo l'adozione  anche  in
 presenza   di  figli  maggiorenni  e  consenzienti,  e  un  ulteriore
 temperamento e' stato portato dalla sentenza n. 345 del 1992, che nel
 caso  di  incapacita'  dei  figli  di  esprimere  l'assenso   perche'
 interdetti  ha  ritenuto applicabile per analogia l'art. 297, secondo
 comma, cosi' estendendo  a  questo  caso  il  potere  di  valutazione
 comparativa  degli  interessi  in  gioco  attribuito  dalla  norma al
 tribunale.
   Secondo   il   giudice   rimettente,   nello   spirito   di    tale
 giurisprudenza,  che  ha  aperto  l'istituto  dell'adozione  civile a
 funzioni diverse da quella  primaria,  con  conseguente  introduzione
 nella procedura di ulteriori momenti valutativi, il divieto dell'art.
 291   dovrebbe  diventare  flessibile  anche  in  presenza  di  figli
 minorenni quando, come nella specie,  l'adottando  (maggiorenne)  sia
 figlio  del  coniuge  dell'adottante  e  sia stabilmente inserito nel
 consorzio familiare.   In questo caso particolare  la  rigidita'  del
 divieto di adozione - confermata in generale dalla sentenza n. 53 del
 1994,  ma  in  relazione  a  un  caso non qualificato dal rapporto di
 filiazione dell'adottando col coniuge dell'adottante  -  e'  reputata
 contrastante  con i principi di razionalita' e di eguaglianza in base
 al confronto con l'art.  44, primo comma, lett.  b),  della  legge  4
 maggio  1983,  n. 184, il quale, pur in presenza di figli legittimi e
 indipendentemente  dal  loro  assenso,  allo  scopo  di  favorire  il
 rafforzamento  dell'unita'  della  famiglia consente l'adozione di un
 minorenne, con i medesimi effetti dell'adozione  del  codice  civile,
 quando sia figlio del coniuge dell'adottante.
   3.   -   Lo  stesso  giudice  rimettente  avverte  che  il  tertium
 comparationis  addotto  a  sostegno   della   denunciata   violazione
 dell'art.   3   della   Costituzione   prolunga   la   questione   di
 costituzionalita' sul piano processuale coinvolgendo l'art.  312  del
 codice  civile, in quanto limita la funzione valutativa del tribunale
 (ordinario) alla convenienza dell'adozione  per  l'adottando,  mentre
 nel  caso  di  adozione  di  un  minore,  evocato  quale  termine  di
 confronto, la legge n. 184 del 1983 - come si argomenta dall'art. 55,
 che non richiama l'art. 312 del codice civile - rimette al  tribunale
 dei  minorenni  la  valutazione ponderata dell'interesse dei figli in
 rapporto  agli  altri  interessi  messi  in  gioco  dall'istanza   di
 adozione.
   Sotto  questo profilo la questione prospetta un intervento additivo
 della Corte eccedente la sfera dei suoi poteri.  Invero,  mentre  nel
 caso  che  ha dato luogo alla sentenza n. 345 del 1992 era reperibile
 nell'art. 297 del codice civile un modello legale  idoneo  a  fondare
 l'attribuzione  al  giudice  del potere di valutare l'opportunita' di
 concedere  l'adozione  pur  in  mancanza  dell'assenso   del   figlio
 dell'adottante,  incapace  di esprimerlo perche' interdetto, nel caso
 ora in esame si chiede alla Corte un intervento di tipo diverso,  non
 fondato   sul   presupposto  dell'incapacita'  dei  figli  minori  di
 esprimere  il  loro  assenso,  bensi'   escludente   tale   requisito
 (analogamente  all'art.    44,  secondo comma, della legge n. 184 del
 1988), cosi' configurando un nuovo caso, che solo il legislatore puo'
 ammettere, di deroga alla competenza  funzionale  del  tribunale  dei
 minorenni   in  ordine  alla  valutazione  dell'interesse  di  questa
 categoria di soggetti.