ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 46, lettere d), e), f), e comma 47, lettera b), della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ricorso della regione Toscana notificato il 26 gennaio 1996, depositato in cancelleria il 1 febbraio 1996 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1996; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1996 il giudice relatore Massimo Vari; Uditi l'avvocato Vito Vacchi per la regione Toscana e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 26 gennaio 1996, la regione Toscana ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 76, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, nonche' agli artt. 1, 2, comma quinto, 3, commi primo e secondo, della legge 8 giugno 1990, n. 142, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma quarantaseiesimo, lettere d), e), f), e comma 47, lettera b), della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). Viene in primo luogo censurata la lettera d) del comma 46, che prevede l'emanazione di decreti legislativi volti a delegare ulteriori funzioni amministrative alle regioni, lamentando che detta disposizione non chiarisca la natura (devolutiva-traslativa, o "libera"), della delega stessa, la cui conformazione e' rimessa per intero alle valutazioni governative, senza che la lettera b) del successivo comma 47 detti a tal fine alcun criterio per indirizzare il legislatore delegato, in violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione. Forma oggetto di denuncia anche la lettera e) del comma 46, in relazione all'art. 3 della legge n. 142 del 1990, che ha conferito alle regioni il compito di organizzare l'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province, tramite l'identificazione, nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, degli interessi comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio. Secondo la ricorrente, la disposizione censurata, non tenendo conto del ruolo spettante alla regione, viola gli artt. 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, "cosi' come attuati e completati dalla legge n. 142 del 1990", che "non ammette deroghe implicite da parte di una legge particolare come la finanziaria, che disciplina i piu' disparati argomenti ed e' pertanto priva del carattere di legge organica generale", nonche' l'art. 3 della Costituzione, essendo del tutto illogico ed irrazionale che il ruolo di coordinamento regionale si esplichi "nei settori di cui agli artt. 9, 14 e 15 della legge n. 142 del 1990, e non venga invece richiamato e reso effettivo anche nei settori di intervento individuati dalla norma impugnata". Costituisce, infine, oggetto di censura la lettera f) del comma 46 del medesimo art. 2, secondo la quale i decreti delegati dovranno prevedere i settori prioritari per i quali opera la delega di funzioni amministrative regionali agli enti locali. Tale disposizione contrasterebbe con gli artt. 115 e 118 della Costituzione, incidendo sulla potesta' regionale di autoorganizzazione e di autodeterminazione circa le materie per le quali si ritenga opportuno ricorrere alla delega. E questo senza trascurare la violazione dell'art. 118, terzo comma, della Costituzione, come attuato dalla legge n. 142 del 1990, derivante dall'interferenza della disposizione medesima con le competenze regionali (che la regione Toscana ha in parte esercitato attraverso la legge regionale n. 77 del 1995), dal momento che si fa riferimento alla sola delega di funzioni, senza considerare che e' invece ammessa, ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge n. 142 del 1990, la diretta attribuzione di funzioni da parte della regione agli enti locali. 2. - Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato. Osserva l'Avvocatura che non appare conforme alla funzione del giudizio di legittimita' costituzionale in via principale "l'attivazione del sindacato nei confronti di una legge di delega, con la deduzione di lesioni della sfera di competenza regionale che non hanno il carattere dell'attualita' fintanto che non si conclude il procedimento di delega con l'esercizio della funzione legislativa delegata". Rilevato, poi, che i motivi dedotti dalla regione Toscana sono sostanzialmente rivolti a censurare non l'oggetto della delega e i principi e criteri direttivi, ma piuttosto la "temuta quanto ipotetica" probabilita' che il Governo ne faccia un uso non conforme ai principi costituzionali in materia di autonomia regionale, si contesta la fondatezza dell'assunto secondo il quale spetterebbe esclusivamente al legislatore delegante definire i contenuti ed i caratteri della delega alle regioni. Si deduce, infine, che il ricorso tende ad ottenere una pronuncia additiva e cioe' l'integrazione dei principi e dei criteri di delega formulati dal Parlamento. Considerato in diritto 1. - La regione Toscana, con il ricorso in epigrafe, ha impugnato, in riferimento agli artt. 3, 76, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione, nonche' agli artt. 1, 2, comma quinto, 3, commi primo e secondo, della legge 8 giugno 1990, n. 142, le disposizioni contenute nell'art. 2, comma quarantaseiesimo, lettere d), e), f) e comma quarantasettesimo, lettera b) della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), che conferiscono al Governo il potere di emanare decreti legislativi per la delega di nuove funzioni amministrative alle regioni e per l'attribuzione e la delega di funzioni agli enti locali. 2. - Indipendentemente dal fondamento dell'eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, la quale sostiene l'inammissibilita' di un ricorso in via principale volto a lamentare la lesione di competenze regionali da parte di una legge di delega, occorre considerare che il comma quarantaseiesimo dell'art. 2 della legge n. 549 del 1995 prevedeva, per l'emanazione dei decreti legislativi, il termine di cinque mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima, le cui disposizioni si applicano, secondo il comma duecentoquarantaquattresimo dell'art. 3, con decorrenza dal 1 gennaio 1996. Tale termine e' scaduto, senza che il Governo abbia emanato i decreti legislativi e senza che siano intervenute proroghe. Ne' alcun rilievo puo' avere il fatto che il comma cinquantatreesimo del medesimo art. 2 contempli la possibilita' di adottare disposizioni correttive entro il 31 dicembre 1997, essendo quest'ultimo il termine dato al Governo per correggere le disposizioni che fossero gia' state emanate nell'esercizio della delega stessa. Essendo percio' decorso il termine assegnato, la legge di delega impugnata non puo' piu' esplicare alcun effetto, onde il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.