ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio sull'ammissibilita' di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, sorto a seguito del provvedimento in data 23 maggio 1996 del tribunale di Roma, sezione giudice per le indagini preliminari, ufficio 15, con cui e' stata dichiarata la non applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione e la trasmissione alla Presidenza della Camera dei deputati degli atti del procedimento a carico degli ex deputati Bonafini Flavio e Tagini Paolo, indagati in ordine ai reati di cui agli artt. 479 e 494 del codice penale perche' in concorso con deputati assenti si attribuivano falsamente la qualifica e l'identita' di altri parlamentari nella partecipazione alla seduta della Camera dei deputati del 16 febbraio 1995 e, successivamente, partecipavano alle operazioni di voto attestando falsamente la presenza e l'espressione del voto da parte di due deputati non presenti in aula, depositato l'11 luglio 1996 ed iscritto al n. 63 del registro ammissibilita' conflitti; Udito nella camera di consiglio del 17 luglio 1996 il giudice relatore Carlo Mezzanotte; Ritenuto che, nel corso del procedimento a carico degli ex deputati Bonafini Flavio e Tagini Paolo, indagati in ordine ai reati di cui agli artt. 478 e 494 del codice penale per avere, nella seduta della Camera dei deputati del 16 febbraio 1995, attestato la presenza e l'espressione del voto da parte di due deputati non presenti in aula, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, con ordinanza del 23 maggio 1996, su conforme richiesta della procura della Repubblica, ha dichiarato la non applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione e disposto la trasmissione degli atti del procedimento alla Presidenza della Camera dei deputati; che, considerando tale provvedimento lesivo della posizione costituzionale di indipendenza del Parlamento e dell'autonomia delle sue funzioni, quali risultano fra l'altro dagli artt. 64 e 68 della Costituzione, la Camera dei deputati, con ricorso depositato in data 11 luglio 1996, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato contro il tribunale di Roma sezione giudice indagini preliminari (ufficio 15); che la Camera dei deputati chiede a questa Corte: a) di dichiarare che spetta ad essa, ai sensi degli artt. 64 e 68 della Costituzione, il potere di esercitare insindacabilmente l'attivita' legislativa, in particolare nella parte disciplinata dai regolamenti parlamentari, anche per quel che attiene alla valutazione del comportamento dei parlamentari nel corso delle votazioni; b) di annullare conseguentemente l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di cui in epigrafe; c) di annullare, per quanto possa occorrere, le richieste della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma (pervenute alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari il 16 maggio 1996) in ordine alla inapplicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, riaffermando la competenza esclusiva della Camera a pronunciarsi in proposito; Considerato che, in questa fase del controllo sulla ammissibilita' del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ai sensi dell'art. 37, commi terzo e quarto, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte e' chiamata a valutare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, se esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza; che ricorrono nel caso di specie i requisiti previsti dall'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della configurabilita' di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato; che, infatti, la Camera dei deputati e' legittimata a sollevare il presente conflitto a tutela della propria posizione costituzionale e dell'esercizio delle proprie funzioni; che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione del giudice per le indagini preliminari a resistere al conflitto, essendo costante insegnamento di questa Corte che i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono da considerare legittimati - attivamente e passivamente - ad essere parti in conflitti di attribuzione (cfr. ordinanze n. 68 del 1993; n. 38 del 1986; nn. 228 e 229 del 1975; e sentenze n. 1150 del 1988 e n. 231 del 1975); che anche la legittimazione della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma a resistere al conflitto deve essere riconosciuta, essendo chiesto, anche se in via eventuale, l'annullamento di un atto ad essa riferibile e finalizzato all'esercizio dell'azione penale ed essendo riconosciuto da questa Corte che il pubblico ministero e' legittimato ad essere parte nei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto - ai sensi dell'art. 112 della Costituzione - e' il titolare diretto ed esclusivo dell'attivita' di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale (sentenze n. 420 del 1995 e nn. 462, 463 e 464 del 1993); che, sotto il profilo oggettivo del conflitto, e' lamentata dalla ricorrente la lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite; che, pertanto, in questa sede, il ricorso deve essere dichiarato ammissibile, restando impregiudicata, atteso il carattere meramente delibatorio della presente pronuncia, ogni ulteriore decisione anche in punto di ammissibilita'; che, ai sensi dell'art. 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve ritenersi interessato al conflitto anche il Senato della Repubblica, essendo in discussione la posizione costituzionale delle Camere nei confronti di altri poteri dello Stato.