ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 262 del  codice
 civile promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 1996 dal tribunale
 di Salerno sul ricorso proposto da Libero Luciana iscritta al n.  287
 del  registro  ordinanze  1996  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Udito nella camera di consiglio  del  10  luglio  1996  il  giudice
 relatore Renato Granata.
                           Ritenuto in fatto
   Con  ordinanza  del 15 gennaio 1996 il tribunale di Salerno - adito
 con ricorso diretto ad ottenere  l'accertamento  del  diritto  di  un
 figlio  naturale  di  anteporre  al cognome, derivatogli dall'(unico)
 riconoscimento della madre naturale intervenuto oltre  quaranta  anni
 dopo  il  parto,  il  precedente cognome attribuito dall'ufficiale di
 stato civile - ha sollevato  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.  262  del  codice  civile  in  riferimento
 all'art.  2 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il
 figlio naturale, assumendo il cognome del genitore che per  primo  lo
 abbia    riconosciuto,   ha   diritto   di   mantenere   il   cognome
 originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi segno
 distintivo della sua identita' personale.
   In particolare il tribunale rimettente osserva che, tra  i  diritti
 che  formano il patrimonio irretrattabile della persona umana, l'art.
 2  della  Costituzione  riconosce  e  garantisce  anche  il   diritto
 all'identita'  personale, primo e piu' immediato elemento della quale
 e'  proprio  il  nome,  sicche'  sussiste  un'autonoma  esigenza   di
 protezione  dell'interesse alla conservazione del cognome, attribuito
 con atto formalmente legittimo, in presenza di una  situazione  nella
 quale  con quel cognome la persona sia ormai individuata e conosciuta
 nell'ambiente ove vive.
   Il tribunale rimettente invoca poi la sentenza n. 13  del  1994  di
 questa  Corte,  che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per
 violazione dell'art. 2 della Costituzione,  l'art.  165  del  r.d.  9
 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile), nella parte in
 cui  non  prevede  che,  quando  la  rettifica degli atti dello stato
 civile, intervenuta per ragioni  indipendenti  dal  soggetto  cui  si
 riferisce,  comporti  il  cambiamento  del cognome il soggetto stesso
 possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a  mantenere
 il  cognome  originariamente  attribuitogli  ove  questo sia ormai da
 ritenersi segno distintivo della sua identita' personale.
                        Considerato in diritto
   1.  -  E'  stata  sollevata  questione  incidentale di legittimita'
 costituzionale - in  riferimento  all'art.  2  della  Costituzione  -
 dell'art.  262  del codice civile, nella parte in cui non prevede che
 il figlio naturale, assumendo il cognome del genitore che  per  primo
 lo   abbia   riconosciuto,   ha   diritto  di  mantenere  il  cognome
 originariamente attribuitogli ove questo sia ormai da ritenersi segno
 distintivo della sua identita' personale, per sospetta violazione del
 diritto fondamentale all'identita' personale.
   2. - La questione e' fondata.
   2.1. - La Corte, nella sentenza n. 13 del 1994 ha gia' riconosciuto
 che il cognome "gode di una distinta tutela anche nella sua  funzione
 di  strumento  identificativo  della  persona, e che, in quanto tale,
 costituisce parte essenziale ed irrinunciabile  della  personalita'";
 tutela  che  e'  di  rilievo  costituzionale  perche'  il  nome,  che
 costituisce "il primo e  piu'  immediato  elemento  che  caratterizza
 l'identita'   personale",  e'  riconosciuto  "come  bene  oggetto  di
 autonomo diritto" dall'art. 2 della Costituzione.  D'altra  parte  il
 diritto    all'identita'   personale   costituisce   tipico   diritto
 fondamentale,  rientrando  esso  tra  "i  diritti  che   formano   il
 patrimonio irretrattabile della persona umana" sicche' la sua lesione
 integra la violazione dell'art. 2 citato.
   2.2.  -  Orbene, la disposizione censurata - dopo aver previsto (al
 primo comma) che il figlio naturale assume il  cognome  del  genitore
 che  per  primo  lo  ha  riconosciuto (con prevalenza del cognome del
 padre in caso di riconoscimento contemporaneo di entrambi i genitori)
 - prescrive (al secondo comma) che, se la  filiazione  nei  confronti
 del   padre   e'   accertata   o   riconosciuta   successivamente  al
 riconoscimento  da  parte  della  madre,  il  figlio  naturale  possa
 assumere  il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello
 della madre. In tal modo la norma appronta una specifica e  peculiare
 tutela del diritto all'identita' personale, che comprende - come gia'
 sottolineato   -   il   diritto   al   nome   come  principale  segno
 identificativo   della   persona.      Infatti   e'   possibile   che
 nell'intervallo  di  tempo tra il riconoscimento della madre e quello
 successivo del padre il figlio naturale abbia  maturato  una  precisa
 identita'  personale  per  il  fatto  di  essere  riconosciuto, nella
 comunita' dove e' vissuto, con il cognome  derivatogli  dalla  madre.
 Essendosi  cosi'  radicata  una  corrispondenza  tra soggetto e nome,
 riferibile al contenuto tipico  deldiritto  all'identita'  personale,
 l'ordinamento   appronta   un'idonea  garanzia  contemplando  -  come
 rilevato - la facolta' del figlio naturale di aggiungere (invece  che
 sostituire)  il  cognome del padre a quello della madre. Una medesima
 ratio e' sottesa all'art. 5, terzo  comma,  della  legge  1  dicembre
 1970,  n.  898 che, in caso di scioglimento del matrimonio, riconosce
 la facolta' della donna di conservare il cognome  del  marito  quando
 sussiste un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
   Per contro, analoga tutela la norma censurata non prevede nel caso,
 sostanzialmente  similare,  in cui il primo riconoscimento di uno dei
 due genitori avvenga (come nel caso di specie)  in  epoca  ampiamente
 successiva  alla  attribuzione  del  nome  e  del  cognome  da  parte
 dell'ufficiale di stato  civile.  Anche  in  questo  caso  il  figlio
 naturale ha visto intanto radicarsi la sua identita' in tale nome, la
 cui  conservazione  pero'  non  viene  salvaguardata  -  come  invece
 nell'ipotesi precedente - con il  riconoscimento  della  facolta'  di
 aggiungere  il  cognome del genitore che ha operato il riconoscimento
 al cognome originariamente attribuitogli. Ne' rileva  il  fatto  che,
 ove  il  figlio  - come nella specie - abbia compiuto sedici anni, il
 riconoscimento non possa avvenire senza il suo consenso,  negando  il
 quale  l'interessato  eviterebbe la conseguenza di vedere sostituire,
 allo stato attuale della normativa, il nuovo  cognome  a  quello  che
 ormai  lo individua nella comunita' in cui vive, cosi' preservando il
 diritto alla sua identita' personale:  cio' invero potrebbe  avvenire
 soltanto con la rinuncia al riconoscimento stesso, e quindi il figlio
 ultrasedicenne si troverebbe costretto a scegliere se privilegiare la
 sua  identita'  personale  o  il suo stato di filiazione. Alternativa
 questa del tutto incongrua ed irragionevole,  ove  si  consideri  che
 nessuna situazione di conflitto insorge tra tali diritti, entrambi di
 rilievo  costituzionale,  ben  potendo la tutela dell'uno conciliarsi
 con la tutela dell'altro, senza necessita' di sacrificare alcuno  dei
 due, con l'attribuzione al figlio naturale, che assume il cognome del
 genitore  che  lo  ha  riconosciuto,  del  diritto  di  conservare  -
 aggiungendolo o anteponendolo, a sua scelta, a questo  -  il  cognome
 precedentemente  conferitogli  con atto formalmente legittimo, quando
 tale cognome - secondo il prudente apprezzamento del giudice - sia da
 ritenersi divenuto autonomo  segno  distintivo  della  sua  identita'
 personale.