ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 703, secondo comma, del codice di procedura civile, promossi con ordinanze emesse il 20 febbraio, il 12 marzo e il 12 febbraio 1996 dal Tribunale di Roma, rispettivamente iscritte ai nn. 583, 584 e 585 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1996; Udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che il Tribunale di Roma ha sollevato, con tre distinte ordinanze emesse, rispettivamente, il 12, il 20 febbraio ed il 12 marzo 1996, questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 703 del codice di procedura civile, nella parte in cui, in ragione di una lettura restrittiva imposta dall'eterogeneita' della materia cautelare e possessoria, escluderebbe la reclamabilita' dei provvedimenti - concessivi e negativi - della tutela possessoria; che, a parere del giudice a quo, il rinvio al procedimento cautelare uniforme contenuto nella norma impugnata non potrebbe essere riferito all'art. 669-terdecies cod. proc. civ., che tale reclamo prevede, con conseguente violazione degli evocati parametri; Considerato che questa Corte ha gia' affermato la generale portata dell'istituto del reclamo nel nuovo procedimento cautelare, in quanto espressione del principio della revisio prioris instantiae, e la sua conseguente, piena applicabilita' ai provvedimenti con cui si conclude la fase sommaria del procedimento possessorio (sentenza n. 501 del 1995 e ordinanze nn. 58, 124 e 203 del 1996); che e' stato in particolare chiarito come la "selettivita'" del rinvio operato dall'art. 703 agli artt. 669-bis e segg. cod. proc. civ. vada intesa nel senso dell'esclusione di quelle sole norme incompatibili con il carattere del procedimento e con la struttura bifasica in cui esso si articola; che il giudice a quo non aggiunge argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, per cui la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.