LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile n. 324/96 r.g. promossa da comune di Galliate, in persona del sindaco in carica, elettivamente domiciliato in Torino, corso Re Umberto, 6, presso lo studio dell'avv. Domenico Piacenza, che unitamente all'avv. Pier Luigi Cassietti di Novara, lo rappresenta e difende come da procura in atti, appellante, contro Lorenzo Martelli e Emilia Brustio, residenti in Galliate, via Canna Vitale, elettivamente domiciliati in Torino, corso Duca degli Abruzzi, 15, presso lo studio dell'avv. Silvia Tizian, che unitamente all'avv. Ercole Romano di Milano, li rappresenta e difende come da procura in atti, appellati. La Corte osserva: In fatto Con citazione notificata il 3 marzo 1987, i coniugi Lorenzo Martelli ed Emilia Brustia convenivano avanti il tribunale di Novara il comune di Galliate, chiedendone la condanna al risarcimento del danno conseguente alla illegittima occupazione acquisitiva, da parte del comune, di loro terreni per complessivi mq 1485 - illeggittima in quarto il Consiglio di Stato aveva annullato la dichirazione di pubblica utilita' del relativo procedimento espropriativo. Parte convenuta si costituiva, eccependo la prescrizione dell'azione (questione non riproposta in questa sede) e chiedendone, in ogni caso, la reiezione. Esperita C.T.U. il tribunale, con sentenza 20 febbraio-21 marzo 1995, condannava il comune a risarcire il danno nella misura di lire 103.950.000, oltre interessi, rivalutazione e spese. Il comune appellava, con atto notificato il 6 marzo 1996, chiedendo che il quantum venisse determinato a norma dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992, come modificato dall'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995. Le controparti si costituivano, chiedendo la reiezione della domanda, e proponendo appello incidentale. In corso di causa veniva dichiarata l'illegittimita' del citato comma 65 (sent. Corte costituzionale n. 369/1996), ed entrava in vigore la legge n. 662/1996, che con il comma 65 dell'art. 3 aggiungeva un comma 7-bis al citato art. 5-bis della legge n. 359/1992, con il quale dettava disposizioni in ordine ai criteri di liquidazione del danno conseguente ad occupazione illegittima di suoli per causa di pubblica utilita'. Le parti appellate eccepivano l'incostituzionalita' del ius novum; controparte resisteva. In diritto Con sentenza 2 novembre 1996, n. 369 la Corte costituzionale ha ritenuto l'illegittimita' del comma 65 dell'art. 1 della legge n. 549/1995, per contrasto con gli artt. 3 e 42 della Carta costituzionale. Stante la quasi totale identita', per l'aspetto che qui viene in considerazione, fra la norma gia' oggetto di censusa e quella oggi denunciata, appare inevitabile la remissione degli atti alla Corte costituzionale, alla cui motivazione della sentenza citata si fa sostanzialmente rinvio, per evitare inutili ripetizioni. La prima norma infatti, fra l'altro, determinava il risarcimento del danno spettante al proprietario del fondo illegittimamente acquisito dalla p.a. nella stessa misura prevista per l'indennita' dovuta in conseguenza di espropriazione per pubblica utilita', mentre la seconda prevede, per il medesimo caso, che il risarcimento del danno si ottenga aumentando del 10% l'indennita' suddetta. La sentenza n. 369/1996 ha, fra l'altro, affermato (v. punto 9.3) che determinare nella stessa misura il risarcimento del danno da illegittima occupazione acquisitiva e l'indennita' dovuta in caso di espropriazione per pubblica utilita', non realizza il punto d'equilibrio tra l'interesse pubblico al mantenimento dell'opera gia' eseguita e la reazione dell'ordinamento a tutela della legalita' violata per effetto della manipolazione-distruzione illecita del bene privato sul quale essa insiste, in quanto verrebbe riservato lo stesso trattamento alle obbligazioni sorgenti in questa materia in capo alla p.a. sia ex lege che ex delicto, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Lo stesso si verifica, secondo questo giudice, se il corrispettivo nei due diversi casi registra una differenza contenuta sempre nella misura predeterminata del solo 10% in piu' nel caso di illegittima acquisizione. Tale disposizione, infatti, in se' e per se' appare oltremodo punitiva per il privato che debba sopportare suo malgrado - stante l'impossibilita' di riduzione in pristino - le conseguenze dell'atto illecito commesso ai suoi danni. A maggior ragione verrebbe violato, per effetto dell'applicazione della norma denunciata, l'art. 42, comma secondo, della Costituzione, in quanto il diritto di proprieta' non verrebbe certo tutelato (v. punto 10 motivazione della sentenza) dal riconoscimento di un risarcimento del danno contenuto nella misura sopra indicata, che questo giudice ritiene del tutto inadeguata. La eccezione di illegittimita' della norma denunciata appare dunque non manifestamente infondata, per cui la relativa questione va deferita all'esame del giudice delle leggi.