ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto  di  attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato promosso dal giudice per le indagini preliminari
 presso  il  tribunale  di  Roma  nei  confronti  del   Senato   della
 Repubblica, a seguito della nota  n. 4473/S dell'8 maggio 1997 con la
 quale  il  Presidente  del  Senato della Repubblica ha comunicato che
 l'assemblea, nella seduta del 7 maggio 1997, ha deliberato che quanto
 affermato dal sen. Erminio Boso  nei  confronti  del  sig.  Giampiero
 Cioffredi   e'   opinione   espressa  da  un  membro  del  Parlamento
 nell'esercizio delle sue funzioni e ricade, pertanto, nell'ipotesi di
 cui all'art. 68, primo comma, della Costituzione; conflitto  promosso
 con  atto  depositato  il  17  maggio  1997  ed iscritto al n. 73 del
 registro ammissibilita' conflitti;
   Udito nella camera di  consiglio  del  2  luglio  1997  il  giudice
 relatore Francesco Guizzi;
   Ritenuto  che  il giudice per le indagini preliminari del tribunale
 di Roma, con ordinanza del 16 maggio 1997, ha sollevato conflitto  di
 attribuzione  fra  poteri  dello Stato nei confronti del Senato della
 Repubblica, con riferimento  alla  delibera  con  cui  il  Senato  ha
 qualificato,  il  7  maggio 1997, come opinione espressa da un membro
 del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi  dell'art.
 68,  primo comma, della Costituzione, una dichiarazione attribuita al
 sen. Erminio Boso,  secondo  quanto  comunicato  dal  Presidente  del
 Senato con nota n. 4473/S dell'8 maggio 1997;
     che  il  Boso  e'  imputato  del  reato di cui agli artt. 595 del
 codice penale e 13 della legge 8  febbraio  1948,  n.  47,  per  aver
 offeso  la  reputazione  di  Giampiero Cioffredi con la dichiarazione
 rilasciata all'agenzia di stampa AGI  il  15  gennaio  1996,  che  il
 Senato,    con    la    deliberazione   menzionata,   ha   ricondotto
 all'insindacabilita' prevista dal  primo  comma  dell'art.  68  della
 Costituzione;
     che  il ricorrente ritiene illegittima tale delibera, perche' non
 puo'  configurarsi  come  opinione  espressa   nell'esercizio   delle
 funzioni  il  comportamento di colui che, pur assumendo di non sapere
 chi sia una determinata persona, la investa di epiteti  lesivi  della
 sua reputazione;
   Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.  37,
 terzo  e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte
 e'  chiamata   a   deliberare   senza   contraddittorio   in   ordine
 all'ammissibilita' del conflitto;
     che  la  forma  dell'ordinanza,  utilizzata  dal  giudice  per le
 indagini preliminari del tribunale di Roma, deve ritenersi idonea per
 la proposizione del conflitto, in considerazione del principio  della
 tipicita' dei provvedimenti del giudice (da ultimo, v. l'ordinanza n.
 339/1996);
     che  il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma
 e'  legittimato  a  sollevare  il  conflitto,  giusta   il   costante
 insegnamento   di   questa   Corte   secondo  cui  i  singoli  organi
 giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni  in  posizione  di  piena
 indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  sono legittimati - sia
 sotto  il  profilo  attivo sia sotto quello passivo - ad essere parte
 nei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato;
     che, del pari, il  Senato  della  Repubblica  e'  legittimato  ad
 essere  parte  del  presente conflitto, in quanto organo competente a
 dichiarare   definitivamente   la   propria   volonta'   in    ordine
 all'applicabilita'  dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, in
 relazione alle opinioni espresse e ai voti dati dai propri componenti
 nell'esercizio delle funzioni;
     che sussiste l'elemento oggettivo del conflitto, essendo la Corte
 chiamata  a  valutare  la   legittimita'   della   deliberazione   di
 insindacabilita'   adottata   dal   Senato  sotto  il  profilo  della
 correttezza del procedimento e dell'esistenza dei presupposti.