IL PRETORE
   Nella  causa promossa da Guerra Ignazio, Romieri Paola, Spezzamonte
 Fulvio, Tenderini Alberti, con  gli  avv.ti  prof.  Luciano  Ventura,
 prof. Luciano Carinci, prof. Antonio Vallebona, Sergio Vacirca, Maria
 Pia  Vigilante, Loredana Combia, Gennaro Autiero dom.rio contro Cassa
 di risparmio di Venezia S.p.a.  con  gli  avv.ti  prof.  Paolo  Tosi,
 Walter Maretto e Giuseppe Primicerio dom.ri.
   A scioglimento della riserva che precede.
   Premesso:
     che  i  tre  ricorrenti,  dipendenti  della Cassa di risparmio di
 Venezia, maturati gli anni di servizio utile secondo  il  regolamento
 di  previdenza  del  personale  della  Cassa  per  aver  diritto alla
 pensione aziendale diretta (30 anni e, per la ricorrente Romieri, 25)
 hanno chiesto di cessare il servizio  subordinatamente  all'effettivo
 ottenimento di tale pensione;
     che  la  Cassa  eroga ai dipendenti assunti ante 1992 prestazioni
 pensionistiche che, allo stato, appaiono riconducibili a  prestazioni
 integrative   del   trattamento   pensionistico   obbligatorio   (con
 riferimento peraltro al  solo  trattamento  derivante  da  versamenti
 contributivi  della  cassa:  v.  artt.  2  e  5  del  regolamento)  e
 prestazioni sostitutive per il caso - nel quale versano i  ricorrenti
 -  in  cui  i  requisiti per la pensione aziendale maturino prima del
 conseguimento del diritto alla pensione AGO e per il tempo necessario
 a conseguirlo (v. art.  21, secondo comma regolamento);
     che  la  Cassa  di  risparmio  ha negato la pensione aziendale in
 virtu' del  disposto  dell'art.  18,  comma    8-quinquies  legge  n.
 124/1993 sulla previdenza complementare, che subordina le prestazioni
 per  anzianita'  e vecchiaia assicurate dalle forme pensionistiche di
 cui al comma 1, che garantiscono prestazioni definite ad integrazione
 del trattamento pensionistico  obbligatorio,  alla  liquidazione  del
 predetto trattamento;
     che  le  parti  controvertono  sia  in  ordine  all'estensione da
 attribuire a tale norma, che  secondo  la  Cassa  non  avrebbe  senso
 limitare   alle   sole   pensioni   integrative  escludendone  quelle
 sostitutive sia in ordine  alla  legittimita'  costituzionale  di  un
 divieto che limiterebbe la liberta' di iniziativa economica privata e
 quella sindacale (artt.  39 e 41 della Costituzione), impedendo senza
 un  ragionevole  motivo  ai  soggetti  titolari  di  tali  diritti di
 realizzare - mediante libere intese contrattuali o in adempimento  di
 quelle  gia'  concluse  -  obiettivi  connessi al miglioramento delle
 condizioni di lavoro.
   Ritenuto:
     che   effettivamente   la   disposizione    de    qua    consente
 l'interpretazione  estensiva  datale  dalla Cassa che' altrimenti, se
 dovesse riferirsi alle sole prestazioni integrative in senso  stretto
 del  trattamento  pensionistico obbligatorio, sarebbe norma del tutto
 pleonastica, in quanto l'assenza del trattamento obbligatorio e cioe'
 l'assenza del trattamento da  integrare  dovrebbe  gia'  di  per  se'
 valutarsi  come mancanza del presupposto di fatto e di diritto per il
 conseguimento di una prestazione integrativa;
     che pertanto la questione  sollevata  dalle  parti  si  manifesta
 rilevante  per  la decisione della causa e il pretore con riferimento
 ai  parametri  costituzionali  sopra  menzionati   la   ritiene   non
 manifestamente  infondata,  segnalando  in ordine alla ragionevolezza
 della scelta legislativa che la norma non risulta dettata per le sole
 gestioni affette da squilibri finanziari, come invece ad es. i  commi
 7  e  8-bis del medesimo articolo, o che possano comportare oneri per
 lo Stato e neppure per situazioni  emergenziali  e  temporanee  quale
 quella prevista dall'art. 1, decreto-legge n. 384/1992, convertito in
 legge  n.  438/1992  sul blocco delle pensioni di anzianita' ritenuto
 dalla giurisprudenza applicabile anche a quelle  integrative  erogate
 da fondi privati (Cass.  6771795);