ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 2, del
 d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti  in  materia  di  asilo
 politico,  di  ingresso  e soggiorno dei cittadini extracomunitari ed
 apolidi gia' presenti nel territorio dello  Stato),  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  28  febbraio  1990, n. 39, promosso con
 ordinanza emessa il 1 dicembre 1995 dal  T.A.R.  del  Lazio,  sezione
 distaccata  di  Latina,  sul  ricorso  proposto da Abbioui Abderrahim
 contro la prefettura di Frosinone, iscritta al n. 1349  del  registro
 ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  2  luglio 1997 il giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
   Nel  corso  del  giudizio  amministrativo  per  l'annullamento  del
 decreto  di espulsione dall'Italia di un cittadino marocchino, munito
 di   passaporto,   mai   pero'   "regolarizzatosi",   il    tribunale
 amministrativo  regionale  per  il Lazio ha sollevato, in riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
 costituzionale  dell'art.  7, comma 2, del d.-l. 30 dicembre 1989, n.
 416 (Norme urgenti in  materia  di  asilo  politico,  di  ingresso  e
 soggiorno  dei  cittadini  extracomunitari  e di regolarizzazione dei
 cittadini extracomunitari ed apolidi  gia'  presenti  nel  territorio
 dello  Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio
 1990, n. 39.
   Tale  disposizione,  ad   avviso   del   Collegio,   configurerebbe
 l'espulsione come un atto dovuto senza discriminare quelle situazioni
 che  riflettono  casi umani disperati, negando loro qualsiasi tutela.
 La  questione,  soggiunge  il  rimettente,  non  perderebbe  la   sua
 rilevanza, anche dopo l'emanazione del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489
 (Disposizioni  urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per
 la  regolamentazione  dell'ingresso  e   soggiorno   nel   territorio
 nazionale   dei  cittadini  dei  Paesi  non  appartenenti  all'Unione
 europea), e delle successive reiterazioni  di esso.
                         Considerato in diritto
   1. - Viene all'esame della Corte, con riferimento all'art. 3  della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 7, comma 2, del d.-l. 30 dicembre 1989,  n.  416  (Norme  urgenti  in
 materia  di  asilo  politico,  di  ingresso e soggiorno dei cittadini
 extracomunitari e di regolarizzazione dei  cittadini  extracomunitari
 ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato), convertito, con
 modificazioni,  nella  legge  28  febbraio 1990, n. 39, perche' - nel
 prevedere l'espulsione dal territorio nazionale degli  stranieri  che
 violino  le  disposizioni  in  materia  di ingresso e soggiorno - non
 discriminerebbe i  casi  umani  piu'  dolorosi,  cosi'  negando  loro
 tutela.
   2. - La questione non e' fondata.
   Gia' con la sentenza n. 129 del 1995 questa Corte, sottolineando la
 distinzione  fra  le  due  figure  di  espulsione  previste nel testo
 originario del d.-l. n. 416 del 1989, convertito nella  legge  n.  39
 del   1990,   ritenne   necessario   garantire   la   valutazione  di
 pericolosita' sociale soltanto per la misura di  sicurezza.  Ora,  il
 giudice  a  quo  mira,  attraverso  la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 7, comma 2, del  citato  d.-l.  n.  416  del
 1989,  a  cancellare  l'automatismo  espulsivo  per  tutti coloro che
 entrino clandestinamente nel territorio dello Stato. E tanto perche',
 in violazione  dell'art.    3  della  Costituzione,  la  disposizione
 censurata  non  prenderebbe  in  considerazione  i casi meritevoli di
 maggiore attenzione.
   Le ragioni della solidarieta' umana non possono essere affermate al
 di  fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco, di cui si
 e' fatto carico il legislatore. Lo Stato non puo' infatti abdicare al
 compito, ineludibile, di presidiare le proprie frontiere:  le  regole
 stabilite   in   funzione   d'un  ordinato  flusso  migratorio  e  di
 un'adeguata accoglienza vanno dunque rispettate, e non eluse, o anche
 soltanto derogate di volta in  volta  con  valutazioni  di  carattere
 sostanzialmente   discrezionale,   essendo   poste   a  difesa  della
 collettivita' nazionale e, insieme, a tutela di coloro che  le  hanno
 osservate  e  che  potrebbero  ricevere  danno  dalla  tolleranza  di
 situazioni illegali.