ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  34,  comma  2,
 del  codice  di  procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 5
 luglio 1996 dal pretore di Forli' nel procedimento penale a carico di
 Fornari  Alessandro  ed  altri,  iscritta  al  n.  939  del  registro
 ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  18  giugno  1997  il  giudice
 relatore Guido Neppi Modona;
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso la
 pretura  circondariale  di   Forli'   ha   sollevato   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma  2, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a
 svolgere funzioni di giudice del  dibattimento  del  giudice  per  le
 indagini  preliminari  che  ha  in  precedenza autorizzato la proroga
 delle indagini a norma degli articoli 406, comma 4, e 553,  comma  2,
 cod.  proc.  pen., per violazione dell'art.  24, secondo comma, della
 Costituzione;
     che la norma  e'  censurata  dal  giudice  rimettente  in  quanto
 l'esclusione della incompatibilita' determinerebbe una violazione del
 diritto   di   difesa,   che   risulterebbe   "pregiudicato   da  una
 predeterminazione  nella  valutazione  delle  prove",   avendo   egli
 autorizzato  la  proroga  perche' "gli scarsi elementi a disposizione
 rendevano le indagini particolarmente complesse";
     che il pretore rimettente ha al riguardo menzionato  le  sentenze
 di  questa  Corte n. 453 del 1994 e n. 432 del 1995, richiamandosi al
 principio ivi esposto secondo cui una  valutazione  di  merito  circa
 l'idoneita'  delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un
 giudizio   di   responsabilita'   sull'imputato   vale   a   radicare
 l'incompatibilita';
     che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che ha concluso per l'infondatezza della questione, in quanto
 non e' ipotizzabile alcun condizionamento della funzione di  giudizio
 da  un'attivita'  ordinatoria di tipo meramente processuale, inidonea
 ad  esprimere  qualsiasi  valutazione  in  ordine  alla  colpevolezza
 dell'indagato;
   Considerato  che  l'ordinanza  con  cui  il giudice per le indagini
 preliminari autorizza la proroga delle indagini ha natura e contenuto
 meramente processuali, in quanto con essa  il  giudice  si  limita  a
 verificare  la sussistenza dei presupposti della proroga, individuati
 nell'art.  406,  commi  1  e  2, cod. proc. pen., nella giusta causa,
 ovvero, in caso di ulteriori proroghe, nella particolare complessita'
 delle indagini o nella oggettiva impossibilita' di concluderle  entro
 il  termine  prorogato,  e  che pertanto e' estranea a tale ordinanza
 qualsiasi valutazione  di  merito  sulle  risultanze  delle  indagini
 preliminari;
     che le sentenze di questa Corte richiamate dal giudice rimettente
 non  sono conferenti, in quanto si riferiscono a situazioni in cui la
 funzione ritenuta pregiudicante si sostanzia  effettivamente  in  una
 valutazione  di  merito  sulle  risultanze  delle  indagini  e  sulla
 colpevolezza  dell'indagato,  tale  da   pregiudicare   il   giudizio
 conclusivo  sulla  responsabilita' dell'imputato (rispettivamente, la
 reiezione della domanda di oblazione per la ritenuta  diversita'  del
 fatto  e  l'ordinanza  con  cui  viene  disposta una misura cautelare
 personale);
     che, al contrario, in situazioni  del  tutto  analoghe  a  quella
 oggetto del presente giudizio questa Corte ha ritenuto non sussistere
 alcuna lesione dei princi'pi della terzieta' e dell'imparzialita' del
 giudice,   escludendo   che  abbiano  effetti  pregiudizievoli  sulla
 funzione   di   giudizio,   tali   da    determinare    ipotesi    di
 incompatibilita',   l'ordinanza  con  cui  il  giudice,  respinta  la
 richiesta di archiviazione, abbia disposto, a  norma  dell'art.  409,
 comma  4, cod. proc. pen., che il pubblico ministero svolga ulteriori
 indagini (ordinanze n.  281 del 1996 e n. 157 del 1993),  nonche'  il
 decreto  motivato  con  cui  il giudice autorizza la riapertura delle
 indagini ex art. 414 cod. proc. pen. (sentenza n. 455 del 1994);
     che, a maggior ragione, nel caso  in  cui  autorizza  la  proroga
 delle  indagini,  il  giudice  assume  determinazioni  che  attengono
 esclusivamente allo svolgimento del processo, di carattere  meramente
 interlocutorio,  come  tali  inidonee  ad avere effetti pregiudicanti
 sulla  funzione  di  giudizio,  in  quanto   estranee   a   qualsiasi
 valutazione  sul  merito  delle ipotesi di accusa (v. sentenza n. 131
 del 1996);
     che,  di  conseguenza,  la  questione  deve   essere   dichiarata
 manifestamente infondata;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.