ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita'
 urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
 edilizie),  come modificato dall'art. 8, comma 8, del d.-l. 25 maggio
 1996,  n.  285  (Misure  urgenti  per  il   rilancio   economico   ed
 occupazionale  dei lavori pubblici e dell'edilizia privata), promosso
 con ordinanza emessa l'11 luglio 1996 dal pretore  di  Benevento  nel
 procedimento penale a carico di Tinessa Antonio ed altri, iscritta al
 n.  1328  del  registro  ordinanze  1996  e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 51,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 12  novembre  1997  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che il pretore di Benevento, nel corso di un procedimento
 penale per violazioni edilizie, con ordinanza dell'11 luglio 1996  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della
 legge  28  febbraio  1985,  n.  47  (Norme  in  materia  di controllo
 dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero  e  sanatoria
 delle  opere  edilizie), nella parte in cui, a seguito della modifica
 ad esso apportata dall'art. 8, comma 8, del d.-l. 25 maggio 1996,  n.
 285  (Misure  urgenti  per il rilancio economico ed occupazionale dei
 lavori pubblici  e  dell'edilizia  privata),  impone  la  sospensione
 dell'azione  penale  fino alla decisione del ricorso proposto innanzi
 al Tribunale amministrativo regionale avverso il diniego di  rilascio
 della concessione edilizia in sanatoria;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  disciplina censurata
 violerebbe l'art. 112 della Costituzione, paralizzando, di  fatto,  a
 tempo indeterminato l'azione penale;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,  che
 ha concluso per la manifesta infondatezza della questione;
   Considerato    che  la disposizione di cui all'art. 8, comma 8, del
 decreto-legge n. 285 del 1996, decaduto per  mancata  conversione  in
 legge  (peraltro  gia'  favorevolmente  scrutinata con la sentenza n.
 270 del 1996, in virtu' del trasferimento, operato dalla Corte su  di
 essa,  della questione sollevata nei confronti della disposizione, di
 identico contenuto precettivo, di cui all'art. 7, comma 9,  del  d.l.
 27   marzo   1995,  n.  88),  e'  stata  riprodotta,  nella  medesima
 formulazione letterale, nei successivi dd.-l. 22 luglio 1996, n. 388,
 e 24 settembre 1996, n. 495, entrambi decaduti e non piu' reiterati;
     che, peraltro, l'art. 2, comma 61, della legge 23 dicembre  1996,
 n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), ha fatto
 salvi  gli  effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base
 dei predetti decreti-legge non convertiti;
     che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti  al
 giudice  a  quo  per  una  nuova  valutazione  della  rilevanza della
 questione, alla luce della citata sopravvenuta norma recante clausola
 di salvezza degli effetti del decreto-legge impugnato.