ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 629 del codice penale promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1997 dal tribunale di Velletri nel procedimento penale a carico di Mammucari Massimo iscritta al n. 203 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1997; Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il giudice relatore Fernando Santosuosso; Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato per il delitto di estorsione il tribunale di Velletri ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 629 cod. pen.; che a parere del giudice a quo la norma impugnata, cosi' come modificata dall'art. 8 del d.-l. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito in legge, con modificazioni, nella legge 18 febbraio 1992, n. 172, punisce il delitto in parola con la pena edittale minima di anni cinque di reclusione, da ritenersi del tutto sproporzionata in relazione a fatti di modesta entita', quale quello sottoposto al giudizio del tribunale rimettente; che tale trattamento sanzionatorio e' vieppiu' irragionevole alla luce del confronto con i delitti di rapina e di concussione, entrambi puniti con pena edittale minima inferiore a quella prevista dall'art. 629 cod. pen., pur essendo la concussione un delitto che lede anche l'interesse al buon andamento della pubblica amministrazione. Considerato che una questione analoga a quella presente e' stata gia' dichiarata da questa Corte manifestamente infondata (ordinanza n. 368 del 1995) in relazione al raffronto tra il delitto di estorsione e quello di rapina; che i due delitti ora richiamati appaiono sostanzialmente diversi, sicche' ogni paragone concernente la misura della pena risulta inconferente, tenendo presente che a questa Corte non e' consentito sindacare le scelte operate dal legislatore in tale settore, se non in presenza di situazioni viziate da evidente arbitrarieta'; che il confronto non e' instaurabile neppure col delitto di concussione il quale, pur presentando indubbi margini di affinita' con quello di estorsione, e' fattispecie intrinsecamente diversa, tale da non poter costituire un valido tertium comparationis; che pertanto, mancando un pertinente ed univoco termine di raffronto (sentenza n. 217 del 1996), qualsiasi intervento di questa Corte volto a modificare la pena edittale minima del delitto di estorsione si risolverebbe in un'indebita invasione della sfera di discrezionalita' riservata al legislatore; che la questione, dunque, dev'essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.