ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, primo comma,
 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo  stato  giuridico  del
 personale  docente,  direttivo  ed  ispettivo  della  scuola materna,
 elementare, secondaria ed  artistica  dello  Stato);  dell'art.  402,
 comma  4,  del  d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo
 unico  delle  disposizioni  legislative   vigenti   in   materia   di
 istruzione,  relative alle scuole di ogni ordine e grado) e dell'art.
 2, primo comma, numero 2, ed ultimo comma del d.P.R. 10 gennaio 1957,
 n. 3 (Testo unico delle disposizioni  concernenti  lo  statuto  degli
 impiegati  civili  dello  Stato), promosso con ordinanza emessa il 28
 febbraio 1996 dal Tribunale amministrativo regionale  della  Sicilia,
 sezione  staccata di Catania, sezione III, sul ricorso proposto da Lo
 Piano Vincenzo n. q. contro il Ministero della pubblica istruzione ed
 altro, iscritta al n. 1235 del registro ordinanze 1996  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  46,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1996;
   Udito nella camera di consiglio del  15  ottobre  1997  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1.-  Nel  corso  del  giudizio  promosso  con  ricorso  da Lo Piano
 Vincenzo, in qualita' di esercente la potesta' sulla figlia minore Lo
 Piano Carmela,  avente  ad  oggetto  l'impugnazione  del  decreto  di
 esclusione  di  quest'ultima  dal  concorso  per  titoli ed esami per
 l'accesso ai ruoli degli insegnanti  elementari  della  Provincia  di
 Enna,  emesso  dal  Provveditore  agli  Studi  di  Enna, il Tribunale
 amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di  Catania,
 sezione  III,  con  ordinanza  del 28 febbraio 1996, ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 37 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 8, primo comma, del d.P.R. 31
 maggio 1974, n. 417, e 402, comma 4, del d.lgs. 16  aprile  1994,  n.
 297,  nella  parte in cui rinviano all'art. 2, primo comma, numero 2,
 ed ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
   Le norme  denunciate  prescrivono  il  limite  minimo  di  eta'  di
 diciotto  anni  per la partecipazione ai concorsi per il reclutamento
 nelle scuole statali, da possedere alla data di scadenza dei  termini
 di  presentazione  della  domanda  di ammissione: il provvedimento di
 esclusione della candidata dal concorso, in possesso del  diploma  di
 maturita'  magistrale,  si  fonda  sulla  carenza  del  requisito del
 compimento del diciottesimo anno di eta' nel detto termine.
   In pendenza del ricorso la candidata, ammessa al  concorso  in  via
 amministrativa e condizionatamente all'esito dell'impugnazione, oltre
 a  raggiungere  la maggiore eta', ha superato le prove collocandosi -
 in riserva - in posizione utile nella graduatoria finale di merito.
   Ad avviso del tribunale  remittente,  che  preliminarmente  insiste
 sulla  sussistenza  dell'interesse  al  ricorso avverso l'esclusione,
 stante l'ammissione con riserva al concorso della candidata,  l'esame
 sistematico  della  legislazione  succedutasi  nel  tempo  in materia
 (regio-decreto 5 febbraio 1928, n. 577, d.lgs. C.p.S. 21 aprile 1947,
 n. 373 e, da ultimo, legge 30 maggio  1965,  n.  580)  sui  requisiti
 soggettivi  per la partecipazione ai concorsi per posti di insegnante
 nelle  scuole  elementari  evidenzierebbe  che,  in   ragione   della
 peculiarita'  del  tipo  di  impiego, non v'era alcuna assimilazione,
 quanto alla disciplina del requisito minimo di eta' per  l'ammissione
 ai concorsi, con quella prevista per gli altri impiegati dello Stato.
   Il  rinvio,  dapprima, operato dall'art. 8, primo comma, del d.P.R.
 n. 417 del 1974, successivamente ribadito dall'art. 402, comma 4, del
 d.lgs. n. 297 del 1994, alla disciplina degli impiegati dello  Stato,
 dando   vita  irrazionalmente  ad  un  unico  regime  anche  per  gli
 insegnanti, oltre a rilevarsi irragionevole poiche' non consentirebbe
 la partecipazione ai concorsi per l'accesso all'impiego di insegnante
 nelle scuole statali a coloro i quali, avendo conseguito la maturita'
 magistrale,   sono   in   possesso   della   specifica   abilitazione
 all'insegnamento, violerebbe altresi' il diritto di tutti i cittadini
 al  lavoro  espresso  dall'art.  4  della  Costituzione,  nonche'  le
 previsioni della tutela del lavoro con specifico riguardo  ai  minori
 di eta' di cui agli artt.  35 e 37 della Costituzione.
   2.-  Nel  giudizio  dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri, che preliminarmente eccepisce il  difetto
 della   rilevanza   della   questione  come  sollevata  dal  collegio
 remittente in quanto il rinvio a requisito prescritto  per  l'accesso
 agli   impieghi   civili  dello  Stato,  operato  dalle  disposizioni
 denunciate, deve essere ormai riferito al  regolamento  sui  concorsi
 per  l'accesso (d.P.R.  9 maggio 1994, n. 487). Di conseguenza l'art.
 2, comma 1, numero 2, e comma 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487  e'
 la  disposizione  che,  in  ordine  al requisito del limite minimo di
 eta', ha sostituito la disciplina contenuta originariamente nel testo
 unico degli impiegati civili dello Stato. A questa norma  l'ordinanza
 non fa alcun richiamo.
   Le violazioni denunciate, secondo la difesa erariale, devono essere
 disattese   in   linea   generale   dalla   considerazione   che  per
 l'abilitazione all'insegnamento,  inteso  come  titolo  di  idoneita'
 professionale   (idoneita'   didattica   e   specifica   preparazione
 culturale), non e' necessaria la previsione di limiti minimi di eta'.
 Il limite di eta' non e' infatti previsto nelle procedure concorsuali
 per l'accesso alle  cattedre  e  posti  nelle  scuole  di  istruzione
 secondaria  e  nelle  scuole materne per il partecipante al solo fine
 del conseguimento della abilitazione.
   Nel concorso magistrale (il relativo titolo di studio richiesto  e'
 di  per  se'  abilitante) il legislatore si e' preoccupato, nella sua
 discrezionalita', che gli insegnanti da assumere,  in  ragione  degli
 aspetti  pubblicistici  delle loro funzioni, abbiano maturato un'eta'
 minima  nell'esigenza  del  possesso  di  doti  di  carattere  e   di
 equilibrio.  Il richiamo al diritto al lavoro sarebbe inconferente di
 fronte alle assorbenti esigenze del  buon  andamento  amministrativo,
 per  cui  il  rinvio  alla disciplina generale delle assunzioni nella
 pubblica amministrazione si ispirerebbe ad esigenze di  razionalita',
 di   semplificazione  e  di  chiarezza.  D'altro  canto  l'insegnante
 minorenne  potrebbe  prestare  la  propria  opera  in  una  struttura
 privata.
   La  richiesta  di  eta'  minima  alla  scadenza  del termine per la
 domanda stabilito nel bando di concorso, contenuta nel d.P.R. n.  417
 del  1974,  comporta  perplessita'  sulla  rilevanza  della questione
 prospettata.  Inoltre sfalsare i tempi di possesso dei requisiti  per
 la   sola   eta'   minima   potrebbe   compromettere   i  criteri  di
 semplificazione  degli  adempimenti  ed  incertezza  sul  termine  di
 riferimento.
                        Considerato in diritto
   1.-  La  questione  sottoposta all'esame della Corte ha per oggetto
 gli artt. 8, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n.  417  e  402,
 comma  4,  del  d.lgs.  16  aprile  1994,  n.297,  nella parte in cui
 richiamano, per quanto concerne i concorsi per il reclutamento  nelle
 scuole  statali  (nella  specie  scuole  elementari), fra i requisiti
 prescritti per l'accesso agli impieghi civili dello Stato  il  limite
 di eta' minimo di diciotto anni, e stabiliscono che il requisito deve
 essere  posseduto  alla data di scadenza dei termini di presentazione
 della domanda di ammissione al concorso, in riferimento  all'art.  2,
 primo  comma,  numero 2, ed ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957,
 n. 3.
   Il giudice a quo denuncia la  illegittimita'  costituzionale  delle
 norme  sotto tre profili: il primo relativo alla violazione dell'art.
 3 della Costituzione, prevedendosi un unico regime per  il  requisito
 dell'eta' minima all'ammissione ai concorsi per l'accesso al pubblico
 impiego  anche  del personale insegnante delle scuole elementari gia'
 munito di specifica abilitazione; il secondo in riferimento  all'art.
 4  della  Costituzione,  precludendosi  ai minori di eta' l'esercizio
 dell'attivita'  di  insegnamento  nelle  scuole  statali;  il  terzo,
 infine,   con   riguardo  agli  artt.  35  e  37  della  Costituzione
 pregiudicando i minori di eta'  che,  in  possesso  dell'abilitazione
 all'insegnamento   rilasciata   dall'amministrazione   pubblica,  non
 possono partecipare ai concorsi  pubblici  (insegnanti  delle  scuole
 elementari  statali) e quindi essere ammessi, a parita' di condizioni
 con gli altri lavoratori, all'impiego pubblico.
   2.-  La  questione  deve  essere  ritenuta  ammissibile,  ancorche'
 l'ordinanza  contenga,  oltre  alle  norme specifiche del settore, il
 richiamo alla norma dell'art. 2 del d.P.R. n. 3 del 10  gennaio  1957
 (t.u.  delle  disposizioni  concernenti  lo  statuto  degli impiegati
 civili dello Stato) e non anche all'art. 2 del d.P.R. 9 maggio  1994,
 n. 487, avente peraltro contenuto sostanziale identico.
   Per  quanto riguarda i requisiti generali di ammissione ai concorsi
 il rinvio, operato con norme  speciali  del  settore  scuola  statale
 aventi  valore  di legge (rispetto alle quali non si pone un problema
 di delegificazione per effetto delle norme  generali  sugli  impieghi
 delle  pubbliche  amministrazioni), a quelli previsti in via generale
 per le procedure concorsuali di accesso per gli impieghi civili dello
 Stato, deve intendersi riferito ai medesimi requisiti  stabiliti  con
 le norme in vigore al momento del bando di concorso.
   Pertanto  resta  operante il rinvio (art. 8, primo comma del d.P.R.
 31 maggio 1974, n. 417,  emanato  in  base  alla  delega  legislativa
 conferita  con  legge  30  luglio 1973, n.477, poi trasfuso nel testo
 unico  delle  disposizioni  legislative   vigenti   in   materia   di
 istruzione,  relative  alle  scuole di ogni ordine e grado, approvato
 con d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, emanato  in  base  alla  legge  10
 aprile  1991,  n. 121, come modificata dalla legge 26 aprile 1993, n.
 126) al limite minimo di eta' per la partecipazione  ai  concorsi  di
 accesso  agli  impieghi  civili  dello  Stato, attualmente confermato
 dall'art. 2 del d.P.R.   9 maggio  1994,  n.  487,  con  disposizione
 sostanzialmente corrispondente a quella contenuta nell'invocato testo
 unico n. 3 del 1957.
   Ai   fini   dell'ammissibilita'   della   sollevata   questione  di
 legittimita' costituzionale e' sufficiente mettere in rilievo che non
 si e' prodotta (ne' si poteva produrre) alcuna delegificazione  della
 norma  che  dispone  per il personale docente della scuola statale il
 rinvio alla disciplina  del  requisito  del  limite  minimo  di  eta'
 proprio  dei  concorsi  di  accesso  agli  impieghi  statali.  Natura
 regolamentare  hanno  invece  assunto   le   nuove   norme   generali
 sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni introdotte
 dal   d.P.R.   9  maggio  1994,  n.  487  (espressamente  qualificato
 regolamento, emanato ai  sensi  dell'art.  87,  comma  quinto,  della
 Costituzione con richiamo, tra l'altro, al decreto delegato n. 29 del
 1993  e all'art. 17 - senza ulteriore specificazione - della legge 23
 agosto 1988, n. 400). In ogni caso per poter  ritenere  il  carattere
 innovativo  e  abrogativo della norma in quanto destinato ad incidere
 sui requisiti di accesso  a  pubbliche  funzioni  anche  nel  settore
 scuola  pubblica,  dovevano  rinvenirsi  nella legge almeno le "norme
 generali regolatrici della materia", in modo da far salva la  riserva
 relativa di legge.
   Cio' e' sufficiente ai fini del decidere sulla ammissibilita' della
 presente  questione,  che  riguarda  essenzialmente le norme di legge
 succitate (ancora in vigore nel settore  scuola)  che  dispongono  il
 rinvio  o  che  autonomamente  indicano  la  data  di riferimento del
 possesso  dei  requisiti.  Sono,  infatti,  irrilevanti   i   profili
 attinenti  all'effetto  abrogativo  (o  meno)  del  regolamento sulle
 precedenti norme generali di fonte secondaria  o  primaria,  rispetto
 alle  quali  deve  tenersi  conto della duplice e concorrente riserva
 relativa di legge, prevista per i requisiti di  accesso  ai  pubblici
 uffici dall'art. 51, primo comma, della Costituzione e, limitatamente
 all'organizzazione  degli  uffici  pubblici collegata alla previsione
 concorsuale, dall'art.  97 della Costituzione.
   3.-  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  priva  di
 fondamento.
   Rientra   nella   discrezionalita'   del  legislatore  stabilire  i
 requisiti di eta' per l'accesso ai pubblici impieghi e  nello  stesso
 tempo  fissare  la  data  di  riferimento dell'eta' minima richiesta,
 purche' i detti requisiti non siano determinati in modo arbitrario  o
 irragionevole.
   Nella specie (concorso per l'accesso a posto di ruolo di insegnante
 statale)  il  legislatore  ha  stabilito  con  una  scelta, immune da
 irragionevolezza e non arbitraria, di estendere i requisiti minimi di
 eta' fissati in via generale per gli  impiegati  civili  dello  Stato
 (con    rinvio   ricettizio   mobile)   alle   relative   norme   che
 tradizionalmente richiedono il diciottesimo anno di eta'.
   Autonomamente, invece, lo stesso legislatore, sempre in materia  di
 requisiti  di  accesso  per  pubblici concorsi a posti di cattedre di
 insegnamento, ha stabilito un'unica data di riferimento, cioe' quella
 "di scadenza dei termini per la presentazione della domanda" con  una
 disposizione (art. 402, comma 4, del d.lgs. n. 297 del 1994) identica
 a  quelle  che  si  sono succedute nel tempo piu' recente nell'intero
 settore del pubblico impiego (art. 2, ultimo  comma,  del  d.P.R.  10
 gennaio  1957,  n.3; art. 3 della legge 8 marzo 1958, n. 233; art.  1
 della legge 14 marzo 1958, n. 251; art. 3 della legge 26 marzo  1958,
 n.  425;  art.  4  del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229; art. 6 della
 legge 31 ottobre 1961, n.1169; art. 8 della legge 8 giugno  1962,  n.
 604;  art.22  della legge 19 luglio 1962, n. 959; art. 26 della legge
 12 agosto 1962, n. 1290; art. 2 della legge 27 marzo  1969,  n.  130;
 art.  5  della  legge  9  ottobre  1970, n. 740; art. 1 del d.P.R. 10
 dicembre 1976, n. 998).
   Non puo' ritenersi irragionevole stabilire il  requisito  dell'eta'
 in  coincidenza con il raggiungimento della maggiore eta', oltretutto
 costituente il limite di eta' piu' basso  nel  settore  del  pubblico
 impiego,  tenuto  conto  delle  responsabilita'  e  della  esigenza -
 valutata  discrezionalmente  dal  legislatore  -  di   una   compiuta
 maturita'  richiesta  per  i  soggetti  cui viene affidato un settore
 delicato   come   l'insegnamento   nella   scuola    pubblica.    Non
 arbitrariamente  il legislatore, pertanto, ha ritenuto di non ridurre
 il limite di eta' al  di  sotto  di  quello  minimo  contemplato  nel
 settore  dell'impiego  pubblico  (per  il  quale  esistono per talune
 categorie anche limiti minimi di eta' piu' elevati).
   Ugualmente non puo' assumere rilievo sul  piano  costituzionale  il
 fatto  che  il  titolo  di studio richiesto (abilitazione magistrale)
 possa essere legittimamente  acquisito  in  eta'  inferiore,  essendo
 diverse  le  valutazioni,  connesse  al  conseguimento  del titolo di
 studio (abilitante), rispetto  a  quelle  inerenti  ai  requisiti  di
 ammissione  ad  un  concorso  per l'accesso all'esercizio di funzioni
 pubbliche.
   Ne' il requisito del limite minimo di eta' fissato a 18  anni  puo'
 considerarsi  ostativo  al  diritto  al lavoro, potendo questo essere
 liberamente esercitato nel settore privato o in  tutte  le  forme  di
 lavoro  autonomo,  mentre  nel  settore  pubblico vi sono esigenze di
 requisiti minimi di accesso, che la  stessa  Costituzione  prende  in
 considerazione   richiedendo   l'intervento   della   legge  (riserva
 relativa).
   Allo stesso modo la tutela dei minori prevista dall'art.  37  della
 Costituzione  e' destinata a proteggere nel lavoro la loro posizione,
 non certo ad assicurare a questi in ogni caso liberta' di accesso  al
 pubblico impiego.
   4.-  Le anzidette considerazioni portano anche all'infondatezza del
 profilo del riferimento alla data di scadenza dei termini fissati per
 la domanda di concorso.
   Il legislatore si e' attenuto - come sopra sottolineato  -  ad  una
 tecnica  procedimentale usuale, dettata dalla concorrente esigenza di
 attuare una omogeneizzazione del sistema dei requisiti di  accesso  e
 di   assicurare  parita'  di  trattamento  per  i  partecipanti,  con
 contestuale semplificazione dei meccanismi di verifica.
   Del resto  anche  gli  altri  sistemi,  alternativi  a  quello  qui
 discusso,  di  agganciare  il requisito dell'eta' alla data del bando
 (r.d. 5 febbraio 1928, n. 577; d.lgs. C.p.S. 21 aprile 1947, n.  373)
 o  al  31  dicembre  dell'anno solare del bando di concorso (legge 30
 maggio 1965, n. 580) ovvero alla data di assunzione,  presentano  gli
 stessi  problemi:  il  primo di essi restringe ulteriormente il campo
 dei partecipanti, sottraendo dal termine utile il  periodo  di  tempo
 assegnato per la presentazione delle domande; il secondo sistema puo'
 essere  piu'  o meno favorevole ai candidati a seconda della data del
 bando prossima o meno al 31 dicembre; il terzo infine puo' risolversi
 in una limitazione per i concorrenti qualora vi sia un limite massimo
 di  eta'  e  il  superamento  puo' dipendere dal ritardo della stessa
 amministrazione.
   In definitiva non e' irragionevole che il legislatore abbia  voluto
 fissare un riferimento uniforme per la data di possesso dei requisiti
 di accesso a pubblico concorso, coniugando uniformita' di trattamento
 e  semplificazione  nella verifica. Trattasi di opzione non obbligata
 sul piano costituzionale, essendo il legislatore libero di  scegliere
 altre  soluzioni  (che  a  seconda  dei  casi  possono  restringere o
 incrementare le aspettative per gli aspiranti  all'impiego  pubblico,
 come  nel  caso  di  limiti  massimi o requisiti di anzianita') anche
 differenziate tra i diversi requisiti, purche' sia garantito, per  un
 verso,  il  trattamento uniforme tra i concorrenti e, per l'altro, la
 natura attitudinale del requisito.