ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, e
 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore
 dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa
 di  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  e  somministrazione  di
 emoderivati),  quest'ultimo come sostituito dall'art. 7 del d.-l.  23
 ottobre 1996, n. 548, convertito, con modificazioni, nella  legge  20
 dicembre  1996,  n.  641,  e  dell'art.  1,  comma  2, della legge 20
 dicembre 1996, n. 641 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del
 d.-l.  23  ottobre  1996,  n.  548,  recante  interventi  per le aree
 depresse e  protette,  per  manifestazioni  sportive  internazionali,
 nonche'  modifiche alla legge 25 febbraio 1992, n. 210), promossi con
 ordinanze emesse il 10 ottobre  1996  dal  pretore  di  Massa,  il  5
 febbraio 1997 dal tribunale di Firenze, il 12 giugno 1997 dal pretore
 di Trento, rispettivamente iscritte al n. 1294 del registro ordinanze
 1996,  e  ai  nn.  174  e 611 del registro ordinanze 1997, pubblicate
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  49,  prima   serie
 speciale,  dell'anno  1996  e  nn.    15  e 39, prima serie speciale,
 dell'anno 1997;
   Visti gli  atti  di  costituzione  di  Tavarini  Stefania,  Brogini
 Roberto  ed  altri  e Vaia Riccarda, nonche' l'atto di intervento del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1997 il giudice relatore
 Gustavo Zagrebelsky;
   Uditi l'avvocato Sergio Grasselli per  Tavarini  Stefania,  Brogini
 Roberto  e  altri  e Vaia Riccarda e l'avvocato dello Stato Gabriella
 Palmieri per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.1. - Nel corso di un giudizio  promosso,  per  la  corresponsione
 dell'indennizzo  di  cui  all'art.1  della legge 25 febbraio 1992, n.
 210, da un soggetto che affermava di aver contratto  la  poliomielite
 in  conseguenza  della  vaccinazione praticata con metodo Sabin il 21
 marzo e il 20 aprile 1964, il pretore di Massa, con ordinanza del  10
 ottobre  1996  (reg.  ord.  n.  1294  del  1996),  ha  sollevato, per
 contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in  rapporto
 agli  artt.    2  e  38 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1 della  legge  25  febbraio  1992,  n.  210
 (Indennizzo  a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
 irreversibile a causa di  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  e
 somministrazione   di  emoderivati),  "nella  parte  in  cui  esclude
 dall'indennizzo per  menomazioni  permanenti  dell'integrita'  fisica
 coloro  che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non
 obbligatoria dopo l'entrata in vigore della legge n. 695 del 1959, al
 di fuori dei casi previsti dal comma 4 dell'art. 1 della legge n. 210
 del 1992".
   Il giudice a quo rileva che illegittimamente la norma impugnata non
 riconosce il  diritto  all'indennizzo  a  chi  si  sia  sottoposto  a
 vaccinazione  antipoliomielitica  in un'epoca in cui essa, non ancora
 obbligatoria, era ritenuta comunque necessaria, mentre lo prevede per
 coloro che abbiano contratto il  virus  dell'HIV  o  abbiano  subi'to
 esiti  permanenti  di epatiti a seguito di emotrasfusioni, ovvero per
 la persona che si sia sottoposta a vaccinazioni  necessarie,  seppure
 non obbligatorie, per motivi di lavoro o per incarico del suo ufficio
 o  per poter accedere a uno stato estero (commi 2, 3 e 4 del medesimo
 art. 1). Con tali disposizioni il legislatore, come evidenziato dalla
 sentenza n. 118  del  1996  della  Corte  costituzionale,  ha  inteso
 realizzare  un intervento di natura assistenziale, costituzionalmente
 consentito dagli artt. 2  e  38  della  Costituzione,  in  favore  di
 soggetti   non   giuridicamente   obbligati   ma  eventualmente  solo
 necessitati  a  sottoporsi  al  trattamento  sanitario:   intervento,
 questo,  che si giustifica come scelta di socializzazione di un danno
 di particolare rilievo.
   Le  situazioni  degli  emotrasfusi - che abbiano contratto il virus
 dell'HIV a seguito del trattamento sanitario o abbiano subi'to  danni
 irreversibili da epatite post-trasfusionale - in relazione alle quali
 viene   riconosciuto   un   indennizzo,   non   sono   manifestamente
 incomparabili  con  quella  della  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,
 trattandosi  sempre  di  danni  derivati  al  singolo a seguito di un
 trattamento sanitario diretto alla protezione della salute, ma  fonte
 di  pericoli  per  lo  stesso  bene  che  il trattamento e' diretto a
 proteggere, in quanto astrattamente rischioso, e vertendosi  comunque
 in  ipotesi  nelle quali difficilmente un'efficace tutela puo' essere
 assicurata dagli ordinari strumenti civilistici di  risarcimento  del
 danno.
   Parimenti   la   situazione   dei   soggetti  vaccinati  contro  la
 poliomielite nella vigenza  della  legge  30  luglio  1959,  n.  695,
 secondo il rimettente, non e' manifestamente incomparabile con quella
 di  coloro  la cui vaccinazione sia necessaria per motivi di lavoro o
 d'ufficio o per  poter  accedere  a  uno  stato  estero,  secondo  le
 previsioni  di  cui  al  comma 4 dell'art.   1 della legge n. 210 del
 1992:  difatti  anche  in  questi  casi  la   vaccinazione   non   e'
 obbligatoria  ma  soltanto necessaria e la necessita' del trattamento
 viene ritenuta dalla legge rilevante sempre che sussistano il  motivo
 o  il fine normativamente previsti, anche se gli interessi, alla base
 di tali finalita', sono diversi. Nel caso di specie  il  soggetto  si
 era determinato alla vaccinazione per la tutela della salute sua e di
 quella  altrui,  in  rapporto all'elevato rischio di contagio in eta'
 scolare e prescolare.
   1.2. - Si e' costituita in giudizio  la  parte  privata,  chiedendo
 l'accoglimento  della  questione.  Sussisterebbe,  a  suo avviso, una
 chiara disparita' di trattamento tra  la  ricorrente  (e  con  lei  i
 vaccinati  contro la poliomielite prima della legge n. 51 del 1966) e
 coloro che siano stati danneggiati da  emotrasfusioni,  i  quali,  ai
 sensi  dell'art.  1  della  legge n. 210 del 1992, possono chiedere e
 ottenere l'indennizzo  previsto  dall'art.  2  della  medesima  legge
 indipendentemente    dall'epoca   del   contagio   e   dall'esistenza
 dell'obbligo di sottoporsi al  trattamento  che  li  ha  danneggiati.
 Riguardo  a tali soggetti lo Stato "ha ritenuto giusto assumere su di
 se'  gli  oneri   indennitari"   per   i   danni   conseguenti   alle
 emotrasfusioni, che venivano e vengono praticate sotto il suo diretto
 controllo,  anche  nel  caso  in  cui  il danneggiato sia stato prima
 informato del rischio connesso a  quella  pratica  terapeutica  e  lo
 abbia  accettato  espressamente,  e  cio' per la impossibilita' di un
 controllo diffuso circa la genuinita' delle sostanze inoculate.
   La  vaccinazione  antipolio,  anche  prima  del  1966,  era   nella
 coscienza  sociale  sentita  come  obbligatoria per il coinvolgimento
 delle strutture pubbliche nelle  fasi  del  controllo  farmacologico,
 della  somministrazione  e  della  propaganda,  per la mancanza della
 preventiva espressione di un consenso informato e per la  conseguenza
 del  rifiuto  di  ammissione  negli  asili e nelle scuole. Da cio' la
 violazione, non solo degli artt. 3 e 38, ma anche dell'art. 32  della
 Costituzione,  in  quanto  si tratta di danni alla salute. La mancata
 previsione dell'indennizzo per coloro  che  in  eta'  infantile  sono
 stati  danneggiati  dal vaccino antipolio contrasterebbe altresi' con
 la Convenzione sui diritti del fanciullo, stipulata a New York il  20
 novembre  1989  e  ratificata  in Italia con legge 27 maggio 1991, n.
 176.
   2.1.  -  Nel  corso  di   un   altro   giudizio,   instaurato   per
 l'impugnazione  della  sentenza parziale del pretore di Firenze - con
 la quale questi, riassunto il giudizio a seguito  della  sentenza  n.
 118  del 1996 della Corte costituzionale, aveva dichiarato il diritto
 del minore, colpito da invalidita' permanente  in  conseguenza  della
 vaccinazione  obbligatoria  antipolio  cui  era  stato sottoposto nel
 luglio del 1978, a percepire l'indennizzo con decorrenza  dalla  data
 della  manifestazione  lesiva,  determinato  in  via equitativa nella
 stessa misura attualmente percepita, oltre rivalutazione monetaria  e
 interessi  legali secondo la normativa sui crediti assistenziali - il
 tribunale di Firenze, con ordinanza del 5 febbraio 1997 (reg. ord. n.
 174 del 1997), ha sollevato, in riferimento agli  artt.  2,  32,  38,
 primo   e  terzo  comma,  e  136  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art.   2, comma 2,  della  legge  25
 febbraio  1992,  n.  210,  come  sostituito  dall'art. 7 del d.-l. 23
 ottobre 1996, n. 548, convertito, con modificazioni, nella  legge  20
 dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, della legge n. 641 del
 1996  (che  ha  fatto  salvi  gli effetti di alcuni decreti-legge non
 convertiti), "nella parte in cui riduce l'indennizzo per  il  passato
 del  70  per  cento annuo ed esclude il diritto agli interessi e alla
 rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi".
   Premette il rimettente che  la  nuova  normativa  si  caratterizza,
 rispetto  alla  legge  n.  210 del 1992, per vari elementi, quali: la
 decorrenza delle provvidenze dall'evento e non dall'entrata in vigore
 della legge n. 210 del 1992; la rivalutazione  annuale  dell'assegno,
 secondo  il tasso di inflazione programmato; la sua cumulabilita' con
 qualsiasi altro emolumento; la sua reversibilita' per quindici  anni;
 la  determinazione degli arretrati, con decurtazione del 70 per cento
 e con l'esclusione di rivalutazione  monetaria  e  interessi  legali.
 Proprio  queste  ultime  previsioni violerebbero gli artt. 2, 32, 38,
 primo e terzo comma, della  Costituzione,  per  la  sproporzione  che
 determinano  tra  l'assegno  a  regime  e  gli  arretrati,  che hanno
 carattere irrisorio, tenuto conto della  natura  assistenziale  della
 provvidenza.  Questa,  infatti, anche alla luce della sentenza n. 118
 del 1996, non ha ne' carattere risarcitorio, ne'  previdenziale,  ne'
 si configura come un credito inerente al rapporto di lavoro, trovando
 invece   fondamento  nel  dovere  di  solidarieta'  sociale.  Difatti
 l'esigenza del ristoro non nasce direttamente dal danno  alla  salute
 ma  dal  fatto  che  il  danno,  provocato dagli eventi in questione,
 normalmente implica uno stato di bisogno che  costituisce  la  ragion
 d'essere dell'intervento statale; donde la natura assistenziale della
 provvidenza,   come   si   desume  anche  dalla  disciplina  positiva
 dell'indennizzo (e' corrisposto attraverso  un  assegno  continuativo
 reversibile;  e'  commisurato  alla pensione privilegiata; in caso di
 morte dell'interessato viene erogato non a  tutti  gli  eredi,  ma  a
 individuate  figure  di  familiari  a carico; e' cumulabile con altri
 emolumenti).
   Le disposizioni  censurate  violerebbero  anche  l'art.  136  della
 Costituzione,  perche'  ridurrebbero  per il passato la portata della
 sentenza n.  118 del 1996 ad un livello prossimo a quell'irrisorieta'
 esclusa dalla sentenza medesima.
   2.2.  -  Si  sono costituite le parti private, ovverosia i genitori
 gia' esercenti la patria potesta' sul soggetto colpito da invalidita'
 permanente     e     quest'ultimo,     nel     frattempo     divenuto
 maggiorenne,rilevando  che  le  norme  impugnate,  nella parte in cui
 riducono arbitrariamente al 30 per cento l'indennizzo dovuto  per  il
 passato, configurano un tentativo di eludere, in violazione dell'art.
 136  della  Costituzione,  il disposto della sentenza n. 118 del 1996
 della  Corte   costituzionale,   che   sancisce   la   retroattivita'
 dell'indennizzo,  nonche' il disposto della precedente sentenza della
 medesima Corte n. 307  del  1990.  Infatti,  in  base  a  queste  due
 decisioni,   i  soggetti  danneggiati  da  vaccinazione  obbligatoria
 debbono ricevere dallo Stato un equo ristoro a partire dal momento in
 cui e' maturato il loro diritto, cioe'  dal  momento  in  cui  si  e'
 verificato  il  danno,  senza  limitazioni  temporali: l'unicita' del
 beneficio e la sua identita'  ontologica  nel  tempo  non  consentono
 misure  differenziate dell'indennizzo dovuto per il passato, rispetto
 a quello conferito nella vigenza della legge n. 210 del 1992.
   2.3.  -  In  questo  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato,  sostenendo  la  manifesta  infondatezza  delle
 sollevate  questioni  di  costituzionalita'. La quantificazione degli
 arretrati da corrispondere  a  coloro  che  hanno  subi'to  danni  da
 vaccinazioni  obbligatorie rientrerebbe nella sfera discrezionale del
 legislatore e, nel caso di specie, non sarebbe contraria a criteri di
 ragionevolezza.
   3.1. - Nel corso di un altro giudizio promosso da un  soggetto,  il
 quale  precisava  di  aver  contratto  la poliomielite in conseguenza
 della  vaccinazione  antipolio  praticata   "in   ottemperanza   alle
 richieste   formulate   dalle   competenti   autorita'  sanitarie  in
 esecuzione della legge 30 luglio 1959, n. 695", il pretore di Trento,
 con ordinanza del 12 giugno 1997 (reg. ord.  n.  611  del  1997),  ha
 sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
 1,  della  legge  25  febbraio  1992, n. 210, "nella parte in cui non
 riconosce il diritto all'indennizzo  ivi  previsto  a  colui  che  ha
 riportato   lesioni  o  infermita',  dalle  quali  sia  derivata  una
 menomazione  permanente  dell'integrita'  psicofisica,  a  causa   di
 vaccinazione  antipoliomielitica  praticata  nel  periodo  di vigenza
 della legge 30 luglio 1959, n. 695", per contrasto con gli artt. 2, 3
 e 32 della Costituzione, nonche' dell'art. 2, comma 2, della medesima
 legge n. 210 del 1992, come sostituito dall'art.    7  del  d.-l.  23
 ottobre  1996,  n. 548, convertito, con modificazioni, nella legge 20
 dicembre 1996, n. 641, e dell'art. 1, comma 2, della  predetta  legge
 n. 641 del 1996, "nella parte in cui riduce per il passato del 70 per
 cento  annuo  l'indennizzo  ivi  previsto  ed esclude il diritto agli
 interessi e alla rivalutazione dei ratei  arretrati  maturati  e  non
 riscossi", per violazione degli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma,
 e 136 della Costituzione.
   Il  giudice  a  quo  precisa,  quanto  alla  prima  delle  proposte
 questioni, che anche per  le  vaccinazioni  praticate  nella  vigenza
 della  prima legge (n. 695 del 1959) ricorrerebbero i due presupposti
 sulla  base  dei  quali  la  Corte  costituzionale  ha  statuito   la
 sussistenza, per lo Stato, dell'obbligo di indennizzare i danneggiati
 da   vaccinazioni   antipoliomielitiche  nella  vigenza  della  legge
 successiva n. 51 del  1966,  e  cioe':  a)  il  fatto  che  la  causa
 dell'evento  dannoso  fortuito,  di  cui  lo Stato si deve assumere i
 costi,  dipende  da  decisioni  adottate  in vista di un beneficio di
 carattere generale; b) la compressione del  diritto  alla  salute  in
 nome  della  solidarieta'  verso gli altri.  In entrambi i casi si e'
 trattato di vaccinazioni  eseguite  per  il  conseguimento  del  fine
 generale  di  immunizzazione  della  collettivita',  come  emerge dai
 provvedimenti adottati dalle pubbliche istituzioni per incentivare la
 pratica della vaccinazione antipoliomielitica;  inoltre,  benche'  la
 legge  n.  695  del 1959 non prevedesse una vera e propria sanzione a
 carico di coloro che non osservavano  l'obbligo  della  vaccinazione,
 tuttavia  la  scelta  tra  le  due  opzioni  (far vaccinare o non far
 vaccinare) non era libera, non potendosi definire il  frutto  di  una
 autodeterminazione,  come  mostra il tenore delle circolari all'epoca
 emanate dal Ministero della sanita' che facevano  apparire  insensata
 una condotta opposta a quella consigliata.
   Quanto  alla  seconda  questione sollevata, il rimettente rileva la
 irrisorieta' degli arretrati  e  la  riduzione  della  portata  della
 sentenza n. 118 del 1996 effettuata dalla normativa censurata.
   3.2.  - Si e' costituita anche in questo giudizio la parte privata,
 chiedendo l'accoglimento delle questioni proposte.
   4. - In prossimita' dell'udienza tutte le parti private, costituite
 nei diversi giudizi,  hanno  depositato  memorie  nelle  quali  hanno
 ulteriormente illustrato le rispettive tesi difensive.
   Anche  l'Avvocatura  generale dello Stato - intervenuta, come si e'
 gia' detto, nel solo giudizio di cui al reg. ord. n. 174 del  1997  -
 ha  depositato  una  sua  memoria, rilevando che dalla giurisprudenza
 costituzionale emergerebbe il carattere equitativo dell'indennita' in
 questione, che, prescindendo da un necessario adeguamento all'entita'
 del  danno  sofferto,  a  differenza  di  quanto   avviene   per   la
 responsabilita'  civile,  si  inquadra  nell'ambito  del  sistema  di
 sicurezza sociale, ossia di un sistema caratterizzato  da  un  numero
 modesto  e  limitato  di  risorse  economiche.  La determinazione dei
 caratteri specifici dell'indennita' e', quindi,  attivita'  riservata
 necessariamente al legislatore, cui spetta assicurare "nulla piu' che
 un indennizzo parziale, entro i limiti di liberazione dal bisogno".
   L'equiparazione,  compiuta dal rimettente, di detto indennizzo a un
 assegno di natura  assistenziale  risulta  fuorviante,  anche  tenuto
 conto  della  cumulabilita' di tale indennita' con altre, per cui non
 risultano  applicabili  le  regole   che   disciplinano   i   crediti
 assistenziali.    Ne',  secondo  l'Avvocatura,  la  preesistenza  del
 diritto soggettivo all'indennita', rispetto alla  legge  n.  210  del
 1992,  muta la natura dell'indennita' medesima, la cui determinazione
 nel quantum spetta al legislatore, che l'ha compiuta in  applicazione
 della  sentenza  n. 118 del 1996, tenendo conto, nel bilanciamento di
 tutti i  fattori  costituzionalmente  rilevanti,  anche  dei  profili
 d'ordine  finanziario  alla  luce  dei  lunghi  periodi  di  tempo da
 considerare.
                         Considerato in diritto
   1. - Il pretore di Massa, il tribunale di Firenze e il  pretore  di
 Trento  sollevano  due questioni di legittimita' costituzionale sulla
 disciplina dell'indennizzo a favore di coloro che hanno subi'to danni
 irreversibili in conseguenza di vaccinazione antipoliomielitica.
   Il  pretore  di  Massa  e  il  pretore  di  Trento  dubitano  della
 legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 25 febbraio 1992,
 n.  210  (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze
 di  tipo  irreversibile  a  causa   di   vaccinazioni   obbligatorie,
 trasfusioni  e  somministrazione  di emoderivati), nella parte in cui
 esclude  dall'indennizzo  coloro  che  abbiano  riportato  lesioni  o
 infermita'   irreversibili,   essendosi   sottoposti  a  vaccinazione
 antipoliomielitica non obbligatoria dopo l'entrata  in  vigore  della
 legge  30  luglio  1959,  n.  695.  Tale  esclusione  si  porrebbe in
 contrasto, per il pretore di Massa, con l'art.  3,  primo  comma,  in
 rapporto  agli  artt. 2 e 38 della Costituzione, e, per il pretore di
 Trento, con gli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
   Il tribunale di Firenze e il pretore di Trento dubitano  poi  della
 legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge n.  210
 del  1992,  come sostituito dall'art. 7 del d.-l. 23 ottobre 1996, n.
 548, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996,  n.
 641,  e  dell'art.  1, comma 2, della medesima legge n. 641 del 1996,
 nella parte in cui, per il passato, riducono l'indennizzo del 70  per
 cento   annuo   ed   escludono  il  diritto  agli  interessi  e  alla
 rivalutazione dei ratei arretrati maturati e non riscossi.  Ritengono
 i  giudici rimettenti che la disciplina menzionata violi gli artt. 2,
 32, 38, primo e terzo comma, e 136 della Costituzione.
   2. - Investendo le tre ordinanze  di  rimessione  aspetti  connessi
 della  medesima disciplina, i relativi giudizi possono essere riuniti
 per essere decisi con la medesima sentenza.
   3.   -   La   questione   relativa    alla    mancata    previsione
 dell'indennizzabilita'   di   quanti   abbiano   subi'to   lesioni  o
 menomazioni  permanenti  dell'integrita'  psico-fisica  per   essersi
 sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica a seguito della legge 30
 luglio 1959, n. 695, e' fondata.
   La  vaccinazione  antipoliomielitica e' stata resa obbligatoria con
 la legge 4 febbraio 1966, n.  51.  Essa,  insieme  alle  prescrizioni
 necessarie  per  realizzare l'obbiettivo della vaccinazione integrale
 della popolazione infantile, all'art. 3  stabilisce  che  le  persone
 esercenti  la  patria  potesta'  o  la  tutela sul bambino, ovvero il
 direttore  dell'istituto  di  pubblica  assistenza  o   l'affidatario
 nominato    dall'istituto    medesimo    sono   tenuti   responsabili
 dell'osservanza   dell'obbligo   della   vaccinazione   e   che    il
 contravventore incorre in una sanzione penale.
   Anteriormente  alla  legge  citata, la legge 30 luglio 1959, n. 695
 (Provvedimenti    per    rendere    integrale     la     vaccinazione
 antipoliomielitica)  dettava  norme  per incentivare la pratica della
 vaccinazione. L'art.  3, primo comma, stabiliva che "per l'ammissione
 agli asili nido, alle sale di custodia,  ai  brefotrofi,  agli  asili
 infantili,  alle  scuole materne, alle scuole elementari, ai collegi,
 alle  colonie  climatiche  ed  a  qualsiasi  altra  collettivita'  di
 bambini,  da  quattro  mesi a sei anni di eta', e' richiesta all'atto
 dell'iscrizione o della ammissione la  presentazione  dell'attestato"
 di  "subi'ta  vaccinazione".    Il terzo comma prevedeva peraltro che
 "l'ammissione  e'  tuttavia  consentita  qualora  sia  presentato  un
 certificato medico da cui risultino le ragioni di salute per le quali
 il  bambino  non  e'  in grado di subi're la vaccinazione, oppure una
 dichiarazione, sottoscritta dall'esercente la patria  potesta'  o  la
 tutela,  di  non  voler  sottoporre il bambino alla vaccinazione". Da
 queste disposizioni - seguite da numerosi  atti  dell'amministrazione
 sanitaria  in  tema  di approvvigionamento, distribuzione e controllo
 del   vaccino,   nonche'   di    informazione,    sollecitazione    e
 responsabilizzazione  delle  famiglie  relativamente ai rischi per la
 salute individuale e collettiva derivanti dalla mancata  vaccinazione
 dei  bambini  -  appare  chiaro  che,  fin  dal 1959, era in atto una
 pressante  campagna  pubblica  di  sensibilizzazione  e   persuasione
 diffusa.  Pur  non  essendo previsto un obbligo giuridico (come sara'
 poi, dopo la  legge  del  1966),  la  sottrazione  dei  bambini  alla
 vaccinazione  li  esponeva  a conseguenze discriminatorie di notevole
 gravita', che potevano essere evitate soltanto ove si fosse adempiuto
 a un onere di certificazione medica o di  dichiarazione  di  volonta'
 contraria da parte dell'esercente la patria potesta' o la tutela.
   Con  le sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996, questa Corte ha
 riconosciuto l'esistenza di un diritto costituzionale  all'indennizzo
 in   caso   di   danno   alla  salute  patito  in  conseguenza  della
 sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie. Ora si pone in dubbio  la
 legittimita'  costituzionale  del mancato riconoscimento del medesimo
 diritto quando il danno sia derivato da  vaccinazione  che,  pur  non
 giuridicamente  obbligatoria,  era tuttavia programmata e incentivata
 nel modo che si e' detto.
   L'estensione cosi' richiesta dai  giudici  rimettenti  si  presenta
 come  un'applicazione  naturale  e  necessaria  del  principio cui si
 ispirano le sopra indicate decisioni di questa  Corte:  il  principio
 che   non   e'  lecito,  alla  stregua  degli  artt.  2  e  32  della
 Costituzione, richiedere che il singolo esponga a rischio la  propria
 salute per un interesse collettivo, senza che la collettivita' stessa
 sia  disposta  a  condividere,  come  e'  possibile,  il  peso  delle
 eventuali conseguenze negative.
   Non vi e' infatti ragione di differenziare, dal punto di vista  del
 principio  anzidetto,  il  caso  -  allora  all'esame  -  in  cui  il
 trattamento sanitario sia imposto per legge da quello - all'esame ora
 - in cui esso sia, in base  a  una  legge,  promosso  dalla  pubblica
 autorita'  in vista della sua diffusione capillare nella societa'; il
 caso  in  cui  si  annulla  la  libera   determinazione   individuale
 attraverso  la  comminazione  di una sanzione, da quello in cui si fa
 appello alla collaborazione dei singoli a un  programma  di  politica
 sanitaria.
   Una  differenziazione  che  negasse  il  diritto  all'indennizzo in
 questo secondo caso si risolverebbe  in  una  patente  irrazionalita'
 della  legge.  Essa  riserverebbe  infatti  a  coloro  che sono stati
 indotti a tenere un comportamento di utilita' generale per ragioni di
 solidarieta' sociale un trattamento deteriore rispetto a  quello  che
 vale  a  favore  di quanti hanno agito in forza della minaccia di una
 sanzione.
   4. - La questione relativa  alla  misura  dell'assegno  una  tantum
 previsto  dall'art.  2, comma 2, ultima parte, della legge n. 210 del
 1992 non e' invece fondata.
   4.1.  -  Questa  Corte,  con  la  sentenza  n.  307  del  1990,  ha
 riconosciuto  che,  se  il  rilievo  costituzionale della salute come
 interesse della collettivita' (art. 32 della Costituzione) giustifica
 l'imposizione per legge di trattamenti sanitari obbligatori, esso non
 postula il sacrificio della salute individuale a  quella  collettiva.
 Cosicche',  ove tali trattamenti obbligatori comportino il rischio di
 conseguenze negative sulla salute di chi a essi e' stato  sottoposto,
 il  dovere  di  solidarieta'  previsto dall'art. 2 della Costituzione
 impone alla collettivita', e per essa allo Stato, di  predisporre  in
 suo  favore  i  mezzi  di una protezione specifica consistente in una
 "equa  indennita'",  fermo  restando,  ove   se   ne   realizzino   i
 presupposti, il diritto al risarcimento del danno.
   Le  conseguenze normative della sentenza n. 307 del 1990 sono state
 tratte dalla legge n. 210 del 1992 che, in generale, ha  disciplinato
 "l'indennizzo  a  favore  dei  soggetti danneggiati da complicanze di
 tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,  trasfusioni
 e somministrazione di emoderivati".
   L'art. 2, comma 2, e l'art. 3, comma 7, di detta legge sono stati a
 loro  volta dichiarati costituzionalmente illegittimi con la sentenza
 n. 118 del 1996 poiche' e nella parte in cui questi attribuivano alla
 nuova normativa una portata solo pro futuro, venendo a  escludere  il
 diritto  all'indennita',  in  caso di vaccinazione antipoliomielitica
 obbligatoria,  per  il  periodo  ricompreso   tra   il   manifestarsi
 dell'evento dannoso prima dell'entrata in vigore della legge predetta
 e  l'ottenimento  della  prestazione determinata a norma della stessa
 legge.
   In attuazione dell'obbligo cosi' riconosciuto a carico dello  Stato
 anche  pro  praeterito,  il  legislatore  e' intervenuto a fissare le
 modalita'  di  calcolo  dell'indennizzo,   attraverso   provvedimenti
 legislativi  destinati  a  valere  negli  anni  1995, 1996 e 1997 "in
 attesa di una nuova  e  piu'  completa  disciplina  legislativa".  Si
 tratta,  per  gli  anni  1995  e 1996, dell'art. 6 del d.-l. 1 luglio
 1996, n. 344 e dell'art.   7 del d.-l. 30 agosto  1996,  n.  450  (il
 primo  decaduto  per  decorrenza  dei  termini,  il  secondo abrogato
 dall'art. 8 del d.-l. 23 ottobre 1996, n. 548, gli effetti dei  quali
 sono  stati  tuttavia  salvati dall'art.   1, comma 2, della legge 20
 dicembre 1996, n. 641) e dell'art. 7 del d.-l. 23  ottobre  1996,  n.
 548,  convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1996, n.
 641; per l'anno 1997, dell'art. 1 del d.-l.  4  aprile  1997,  n.  92
 (Modifiche  ed  integrazioni  alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in
 materia  di  indennizzi  ai  soggetti  danneggiati  da   vaccinazioni
 obbligatorie,  trasfusioni ed emoderivati), decreto non convertito in
 legge, i cui effetti sono stati tuttavia salvati  dall'art.  2  della
 legge  25  luglio  1997,  n.  238,  portante  il  medesimo  titolo, e
 dell'art. 1 della legge da ultimo menzionata.
   Con le disposizioni anzidette si prevede che ai soggetti,  i  quali
 hanno  diritto  o  ai  quali  spetta l'indennizzo a norma dell'art. 1
 della legge n. 210 del  1992,  e'  corrisposto,  a  domanda,  per  il
 periodo   ricompreso   tra  il  manifestarsi  dell'evento  dannoso  e
 l'ottenimento dell'indennizzo previsto dall'art.  2,  commi  1  e  2,
 prima  parte,  della  legge, un assegno una tantum nella misura pari,
 per ciascun anno, al 30 per cento dell'indennizzo - per cosi' dire  -
 a   regime,  con  esclusione  di  interessi  legali  e  rivalutazione
 monetaria.
   Relativamente a tali decurtazioni, i giudici  rimettenti  sollevano
 questione  di  costituzionalita',  ritenendo  che  la  somma  residua
 risulti irrisoria, la disciplina impugnata ponendosi in tal  modo  in
 contraddizione  con  quanto da questa Corte riconosciuto nelle citate
 sentenze n.  307 del 1990 e n.118 del 1996. Da  qui,  la  prospettata
 violazione,  da  un lato, degli artt. 2, 32, 38, primo e terzo comma,
 e, dall'altro, dell'art. 136 della Costituzione.
   4.2.  -  Deve  preliminarmente  essere  osservato  che  alla  Corte
 costituzionale non e' dato  sovrapporre  le  proprie  valutazioni  di
 merito  a  quelle  che spettano e sono riservate al legislatore nelle
 determinazioni volte a predisporre i mezzi  necessari  a  far  fronte
 alle  obbligazioni  dello  Stato nella materia dei cosiddetti diritti
 sociali.  Solo  il  legislatore   e',   infatti,   costituzionalmente
 abilitato   a   compiere   gli  apprezzamenti  necessari  a  comporre
 nell'equilibrio  del  bilancio  le  scelte  di  compatibilita'  e  di
 relativa  priorita'  nelle  quali si sostanziano le politiche sociali
 dello Stato.
   Nel  rispetto   dell'ampia   discrezionalita'   che   deve   essere
 riconosciuta  al  legislatore,  a  questa  Corte,  nell'esercizio del
 controllo di  costituzionalita'  sulle  leggi,  compete  tuttavia  di
 garantire  la misura minima essenziale di protezione delle situazioni
 soggettive che la Costituzione qualifica come diritti, misura  minima
 al  di  sotto  della  quale  si  determinerebbe,  con  l'elusione dei
 precetti costituzionali, la violazione di tali diritti.
   Alla stregua delle proposizioni che precedono, deve ritenersi  che,
 nel  caso  in  esame, la determinazione legislativa di cio' che ha da
 essere  l'indennizzo  "equo",  in  relazione  e  nei   limiti   delle
 possibilita'  della  situazione  data,  potrebbe  essere  oggetto  di
 censura in sede di giudizio di legittimita'  costituzionale  solo  in
 quanto  esso  risultasse tanto esiguo da vanificare, riducendolo a un
 nome privo di concreto contenuto, il diritto  all'indennizzo  stesso,
 diritto  che, dal punto di vista costituzionale, e' stabilito nell'an
 ma non nel  quantum.    Ma  cio',  pur  in  presenza  della  drastica
 riduzione  operata  rispetto  alla misura prevista dalla legge per il
 periodo successivo alla sua entrata in vigore, ad  avviso  di  questa
 Corte  non  puo' affermarsi, anche tenendo conto della natura e della
 finalita' di tale indennizzo.
   Cio' che conta, nel giudizio cui la Corte e' chiamata,  non  e'  la
 percentuale  della  riduzione, ma l'entita' in se' della somma che ne
 risulta. La sua valutazione in termini di legittimita' costituzionale
 deve tener conto che l'assegno una tantum previsto dalla legge assume
 il  significato  di  misura  di   solidarieta'   sociale,   cui   non
 necessariamente  si  accompagna  una  funzione  assistenziale a norma
 dell'art. 38, primo comma, della Costituzione. Esso e' infatti dovuto
 indipendentemente dalle condizioni economiche dell'avente  diritto  e
 non  mira di per se' agli scopi per i quali l'art. 38 stesso e' stato
 dettato, aggiungendosi agli altri eventuali  emolumenti  a  qualsiasi
 titolo  percepiti,  e  quindi  anche  a quelli di natura propriamente
 assistenziale, in ipotesi dovuti anche in ragione dell'inabilita'  al
 lavoro  derivante  dal  danno  subi'to in conseguenza del trattamento
 sanitario (art. 2, comma 1, seconda parte, della  legge  n.  210  del
 1992).
   Il fondamento della misura indennitaria in questione negli artt.  2
 e 32 della Costituzione e non nel diritto previsto dall'art. 38 della
 Costituzione  (sentenza n. 118 del 1996), e quindi non nelle esigenze
 di vita e di assistenza dei cittadini inabili al lavoro e  sprovvisti
 dei  mezzi  necessari  per  vivere, vale a ulteriormente sottolineare
 l'ambito delle scelte discrezionali entro il quale il legislatore  e'
 in  questo  caso  abilitato  a  operare.  In  tale  ambito, la stessa
 differenziazione del regime di determinazione dell'indennita' per  il
 passato,   rispetto   a   quello   per   il   futuro,   puo'  trovare
 giustificazione  alla  stregua  delle   valutazioni,   spettanti   al
 legislatore,  circa  le  conseguenze  di ordine finanziario derivanti
 dalle misure predisposte.
   Per le stesse ragioni, neppure la censura  relativa  all'esclusione
 del  diritto alla rivalutazione e agli interessi puo' essere accolta.
 Per   quanto   riguarda   il   periodo   anteriore    all'ottenimento
 dell'indennizzo  previsto  dal comma 1 dell'art. 2 della legge n. 210
 del 1992, il legislatore ha optato per il riconoscimento del  diritto
 alla  corresponsione  di  una  somma  di  danaro  una tantum sia pure
 calcolata tenendo conto degli anni di  durata  di  tale  periodo.  In
 altre  parole,  secondo  una  scelta  di per se' - nella specie - non
 irragionevole, ha considerato il diritto alla percezione della  somma
 indennitaria  in modo unitario, nel momento in cui la quantificazione
 legislativa l'ha reso esigibile.   In mancanza, non  si  sarebbe  del
 resto   neppure   potuto   correttamente  parlare  di  mora  debendi,
 condizione che in generale  giustifica  il  diritto  alla  percezione
 degli accessori della somma dovuta a titolo principale.