ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  542,  terzo
 comma,  n.  2, del codice penale nel testo vigente prima dell'entrata
 in vigore della legge 15  febbraio  1996,  n.  66  (Norme  contro  la
 violenza  sessuale),  promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1997
 dal tribunale di Bolzano, iscritta al n. 410 del  registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28,
 prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto l'atto  di  costituzione  dell'imputato,  nonche'  l'atto  di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 13 gennaio 1998 il giudice relatore
 Giuliano Vassalli;
   Uditi  gli  avvocati  Alberto  Valenti  e  Salvatore  De  Maria per
 l'imputato e l'avvocato dello Stato Paolo di Tarsia di  Belmonte  per
 il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  tribunale  di Bolzano solleva, in riferimento all'art. 3
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    542,  terzo  comma,  n. 2, del codice penale, "nel testo
 vigente prima dell'entrata in vigore della legge 15 febbraio 1996, n.
 66", nella parte in cui, secondo la  costante  interpretazione  della
 giurisprudenza di legittimita', consente la persecuzione, in mancanza
 di  querela,  dei  reati  considerati  nel  primo  comma dello stesso
 articolo, quando sussista un reato connesso procedibile d'ufficio, ma
 questo  sia  estinto  gia'  prima  che  l'azione  penale  sia   stata
 esercitata.
   A  parere  del  giudice a quo la norma censurata determinerebbe una
 disparita' di trattamento, "essenzialmente  relativo  agli  interessi
 della  parte  offesa  che, nel caso di connessione con reato estinto,
 vede  pregiudicato  il  suo  diritto  alla  riservatezza,  senza  che
 sussista  adeguata  ragione  di  differenziazione rispetto al caso di
 mancata sussistenza del reato connesso".
   2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione  sia  dichiarata  "inammissibile  e
 comunque  infondata".  Osserva  l'Avvocatura  che  effettivamente  la
 perseguibilita' a querela dei reati contro la  liberta'  sessuale  si
 giustifica in funzione della tutela della riservatezza della vittima,
 sicche'  la  procedibilita'  d'ufficio  in ipotesi di connessione con
 altro reato a sua volta procedibile d'ufficio,  rinviene  il  proprio
 fondamento   nella   considerazione   che  l'accertamento  del  reato
 connesso,  ineluttabilmente  svela  il  delitto  contro  la  liberta'
 sessuale, frustrando, quindi, le ragioni stesse della perseguibilita'
 a  querela. Corretto sarebbe quindi il rilievo del giudice a quo, nel
 senso che, ove il fatto non divenga  notorio,  per  essere  il  reato
 connesso estinto - cosi' da rendere superfluo l'inizio delle indagini
 preliminari   -   la   norma  paleserebbe  la  sua  irragionevolezza,
 considerato che la procedibilita' di ufficio del  delitto  contro  la
 liberta'  sessuale  finirebbe  con  il  ledere  la riservatezza della
 vittima. La norma, soggiunge l'Avvocatura, potrebbe  tuttavia  essere
 letta   nel   senso  di  richiedere  che,  in  relazione  al  delitto
 perseguibile d'ufficio, siano state quanto meno avviate indagini dopo
 la iscrizione della notizia di reato, cosi' da profilare la  concreta
 lesione  dell'interesse  alla  riservatezza: una lettura, questa, che
 potrebbe  essere  assecondata  da  una  interpretazione  conforme   a
 Costituzione da parte della Corte, nel senso specificamente enunciato
 di  disattendere  l'interpretazione  troppo  rigida  della  Corte  di
 cassazione.
   Peraltro, ha concluso l'Avvocatura, la norma impugnata,  oltre  che
 funzionale  alla  tutela della riservatezza della vittima, pare anche
 volta a soddisfare  l'interesse  dello  Stato  al  perseguimento  dei
 reati,   nelle   ipotesi   in   cui  quest'ultimo  interesse  diviene
 predominante rispetto al primo: il che avverrebbe proprio nel caso in
 cui il reato contro la liberta' sessuale sia connesso ad altri  reati
 rilevanti  (come  si desume dalla procedibilita' di ufficio), i quali
 non cessano di "esistere nella loro storicita' per il fatto di essere
 estinti prima dell'esercizio dell'azione penale".
   3. - Ha spiegato atto di costituzione la parte privata, la quale ha
 chiesto dichiararsi l'illegittimita' costituzionale  dell'art.    542
 cod.  pen.  per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, con
 riserva di presentare successiva memoria, che peraltro non  e'  stata
 presentata.
                        Considerato in diritto
   1.   -   Il   tribunale   di   Bolzano  sottopone  a  scrutinio  di
 costituzionalita' l'art. 542, terzo comma, n. 2, del  codice  penale,
 nella parte in cui esclude la perseguibilita' a querela per i delitti
 richiamati  nel  primo  comma  dello  stesso  articolo se il fatto e'
 connesso con  un  altro  delitto  per  il  quale  si  deve  procedere
 d'ufficio,  anche  nell'ipotesi  in  cui  - secondo l'interpretazione
 costantemente  offerta  dalla  giurisprudenza   di   legittimita'   -
 quest'ultimo  delitto  sia estinto gia' prima che l'azione penale sia
 stata esercitata.
   Ritiene,  infatti,  il  giudice  rimettente,  che,  nel   caso   di
 connessione   con  un  reato  estinto,  la  persona  offesa  vedrebbe
 compromesso il proprio diritto alla riservatezza - a salvaguardia del
 quale starebbe, appunto, la procedibilita' a querela - senza  potersi
 a  tal fine evocare alcun valido argomento sulla cui base distinguere
 l'ipotesi dedotta rispetto al caso in cui manchi totalmente il  reato
 connesso.  Da  cio'  scaturirebbe, dunque, un palese contrasto con il
 principio sancito dall'art. 3 della Carta fondamentale.
   2. - La questione non e' fondata.
   Va  preliminarmente  osservato  che  la   rilevanza   del   quesito
 sottoposto  all'esame  della  Corte  non puo' ritenersi in alcun modo
 svilita  dalla  intervenuta  abrogazione  dell'art.  542  del  codice
 penale,  ad  opera  dell'art.  1 della legge 15 febbraio 1996, n. 66,
 recante  norme  contro  la  violenza  sessuale,  avendo  il   giudice
 rimettente delibato, seppure in forma implicita, l'applicabilita' nel
 suo  complesso  al  caso  di  specie  della  disciplina anteriormente
 vigente, in virtu' dei principi che  regolano  la  successione  delle
 leggi  in  materia  penale,  ed  in  considerazione  del fatto che la
 previsione  oggetto  di  impugnativa  risulta  -  per  quel  che  qui
 interessa   -   testualmente  identica  a  quella  dettata  dall'art.
 609-septies, quarto  comma,  n.  4,  del  codice  penale,  introdotto
 dall'art.  8  della citata legge n. 66 del 1996. Del pari corretto si
 rivela, poi, il richiamo  del  giudice  a  quo  al  diritto  vivente,
 essendo  numerose  e  distribuite  nell'arco  di  un lungo periodo le
 pronunce della Corte di cassazione secondo le quali l'estinzione  del
 reato connesso non incide sulla procedibilita' di ufficio del delitto
 contro  la  liberta'  sessuale,  pure  nell'ipotesi  -  si  e' talora
 sottolineato - in  cui  la  causa  estintiva  sia  intervenuta  prima
 dell'esercizio dell'azione penale. Occorre peraltro rilevare che tale
 orientamento,  sul  quale  il  giudice  rimettente  fonda, come si e'
 detto, l'oggetto  stesso  delle  proprie  censure,  non  puo'  essere
 isolato    da    quell'altra    nutrita    serie    di   affermazioni
 giurisprudenziali  che,  circoscrivendo  entro  confini   del   tutto
 peculiari  il vincolo di connessione dal quale scaturisce la modifica
 del regime di  procedibilita',  ne  individuano  la  relativa  ragion
 d'essere,  offrendo  di tale regime una giustificazione plausibile e,
 dunque, immune da rilievi sul piano costituzionale.   Si  e'  infatti
 ritenuto che la connessione cui si riferisce il terzo comma dell'art.
 542   cod.   pen.   in   relazione   alla   particolare   ipotesi  di
 perseguibilita' di ufficio dei reati ivi  indicati,  e'  solo  quella
 materiale  e  non  anche  processuale,  seppur  considerata  nel piu'
 ristretto ambito delineato dall'art. 12 cod. proc. pen. rispetto alla
 disciplina  dettata  dall'art.  45  dell'abrogato  codice  di   rito,
 giacche'  la  ratio  di tale disposizione deve individuarsi nel venir
 meno dei motivi, posti a base  della  perseguibilita'  a  querela  di
 questi  reati, ed in particolare dell'esigenza della riservatezza, in
 quanto l'indagine investigativa sul delitto perseguibile  di  ufficio
 comporta  necessariamente  l'accertamento  degli  altri e, quindi, la
 diffusione  della  notizia.    Pertanto,  in  base  a   tale   ratio,
 l'estensione  della  perseguibilita'  di  ufficio  puo'  ravvisarsi o
 perche' i reati sono stati commessi nello  stesso  arco  temporale  -
 quando  l'uno e l'altro sono stati effettuati con la stessa azione od
 omissione  oppure  ancora  quando  uno  sia  stato  posto  in  essere
 nell'atto  di  consumarne  un altro o in occasione di questo - ovvero
 per eseguire od  occultare  un  altro  reato  ovvero  per  conseguire
 l'impunita' di un diverso delitto (Cass., Sez. III, 9 luglio 1996, n.
 3014).  Si  e'  pure  puntualizzato  che,  in tema di reati contro la
 liberta' sessuale, il reato e'  perseguibile  di  ufficio  ogni  qual
 volta  sia  connesso, sia pure solo dal punto di vista investigativo,
 con altri delitti perseguibili di ufficio:  in  tali  casi,  infatti,
 poiche'  sul  fatto di violenza sessuale l'attivita' istruttoria deve
 puntare l'attenzione in relazione a reati  perseguibili  di  ufficio,
 non permane alcuna ragione per tutelare, attraverso la procedibilita'
 a  querela, la riservatezza della persona offesa (Cass., Sez. III, 25
 maggio 1995, n. 1965).
   La medesimezza  dell'alveo  investigativo  relativo  ai  due  reati
 adeguatamente  giustifica,  pertanto,  la  regula  iuris  in punto di
 procedibilita',  senza  che  l'eventuale  intervento  di  una   causa
 estintiva in ordine al reato ab origine perseguibile di ufficio possa
 fungere  da  elemento  idoneo  ad  incrinare,  sempre  e comunque, la
 ragionevolezza dell'intero  costrutto.  Anche  a  voler  prescindere,
 infatti,  dalla  rinunciabilita'  di  talune  cause  estintive,  come
 l'amnistia e la prescrizione (v.  sentenza n. 175 del 1971 e  n.  275
 del  1990),  e'  del  tutto  evidente che l'esigenza di indagini - e,
 dunque, il correlativo disvelarsi del connesso reato contro la  sfera
 sessuale - ben puo' postularsi anche in ipotesi nelle quali ricorrano
 cause  estintive,  proprio  al  fine  di individuare con esattezza il
 fatto  storico  nella  sua  integralita',  onde  consentire  una  sua
 corretta   qualificazione   giuridica  e  permettere  la  conseguente
 delibazione in ordine alla sussistenza dei presupposti  perche'  quel
 delitto  -  come  accertato  -  possa  in  concreto essere dichiarato
 estinto.