ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   degli   artt.
 669-terdecies, commi 1 e 4, e 669-septies, comma  3,  del  codice  di
 procedura  civile,  promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1997
 dal tribunale di Modena sul reclamo proposto dalla Nuova Siria s.n.c.
 contro Rossi Olinto  ed  altra,  iscritta  al  n.  375  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 28 gennaio 1998 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   Nel corso di  un  procedimento  di  reclamo  avverso  un  ordinanza
 pretorile  che aveva disposto il rigetto del provvedimento cautelare,
 con compensazione delle spese giudiziali,  il  tribunale  di  Modena,
 adito dalla parte vincitrice avverso la sola statuizione delle spese,
 con  ordinanza  emessa  il  26  febbraio  1997,  ha  sollevato  -  in
 riferimento agli artt.   3 e 24 della  Costituzione  -  questione  di
 legittimita' costituzionale:
     1) dell'art. 669-terdecies, comma 1, cod. proc. civ., nella parte
 in  cui,  stabilendo  che e' ammesso reclamo contro lrquote ordinanza
 con  la  quale  e'  stato  concesso  o  rigettato  un   provvedimento
 cautelare,  non  prevede altresi' la reclamabilita' del provvedimento
 con il  quale  siano  state  compensate  le  spese  del  procedimento
 cautelare;
     2)  dell'  art.  669-terdecies,  comma  4, cod. proc. civ., nella
 parte in cui non stabilisce che sul  reclamo  il  collegio  pronuncia
 ordinanza  non  impugnabile con la quale conferma, modifica, o revoca
 il provvedimento cautelare, "ovvero la compensazione delle spese  del
 procedimento cautelare";
     3)  "in  alternativa", dell'art. 669-septies, comma 3, cod. proc.
 civ.,  nella  parte  in  cui  non  stabilisce   l'opponibilita'   del
 provvedimento  ex  art.  645  cod.  proc.  civ., oltre che in caso di
 condanna alle spese anche in quello di compensazione delle stesse.
   A parere del giudice a quo, sarebbe esclusa "per  diritto  vivente"
 l'ammissibilita' di un reclamo contro la sola statuizione sulle spese
 (non  congiunto  cioe' ad un reclamo del provvedimento cautelare), ed
 inoltre la opponibilita' ex art. 645 cod. proc. civ.  della  condanna
 alle  spese,  prevista  dal successivo art. 669-septies, comma 3, non
 potrebbe estendersi analogicamente  alla  compensazione  delle  spese
 stesse.   Tale   ultima   notazione   renderebbe  rilevante,  "almeno
 indirettamente", la  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 citato  art.  669-septies,  la  cui  eventuale  addizione  nel  senso
 richiesto  consentirebbe  di  superare  i   dubbi   di   legittimita'
 costituzionale  concernenti  la  non reclamabilita' del provvedimento
 che ha compensato le spese.
   Osserva il rimettente che la lacuna normativa  da  lui  individuata
 comporterebbe  una  duplice irragionevolezza, sul piano sostanziale e
 su  quello  processuale:  sia  la  condanna   alle   spese   sia   la
 compensazione   delle   stesse  "negano  la  sussistenza  di  diritti
 soggettivi e importano diminuzioni patrimoniali"; entrambe  sono  poi
 "contenute  in  una  statuizione  di  natura  decisoria e destinata a
 diventare definitiva".
   Sarebbe   altresi'   ravvisabile   una  disparita'  di  trattamento
 (incompatibile con il principio di equivalenza dei mezzi  processuali
 dalla  stessa  Corte costituzionale affermato) tra la posizione della
 parte vincitrice nel  merito  ma  insoddisfatta  dalla  compensazione
 delle  spese, priva di qualsiasi rimedio impugnatorio, e quella della
 parte insoddisfatta dalla condanna alle spese, che invece disporrebbe
 pur sempre del citato rimedio dell'opposizione    ex  art.  645  cod.
 proc. civ.
                         Considerato in diritto
   1.  - Secondo il tribunale di Modena, l'art. 669-terdecies, commi 1
 e 4, cod. proc. civ. risulterebbe lesivo degli artt.  3  e  24  della
 Costituzione,  sotto il duplice profilo dell'irragionevolezza e della
 disparita'  di  trattamento  nonche'  con  riferimento  al  principio
 dell'equivalenza  nell'attribuzione  dei mezzi processuali, in quanto
 non prevede l'esperibilita' del reclamo avverso l'ordinanza resa ante
 causam, con la quale,  nel  negare  il  provvedimento  cautelare,  si
 dichiari altresi' la compensazione delle spese giudiziali. La censura
 e'  correlativamente  estesa  all'omessa previsione, tra i poteri del
 collegio che decide sul reclamo ai sensi del citato  comma  4,  della
 possibilita'  di  confermare  o  modificare il provvedimento anche in
 ordine alla compensazione delle spese.
   Il giudice a quo lamenta in  sostanza  il  difetto  di  un'autonoma
 reclamabilita'  del  provvedimento  con  riguardo  alla compensazione
 delle spese, e censura "in alternativa" - ma prospettando in  effetti
 una  ipotesi  subordinata  -  l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc.
 civ., nella parte in cui  non  estende  anche  alla  declaratoria  di
 compensazione  delle  spese giudiziali l'opponibilita' della condanna
 alle spese stesse.
   2. - La censura concernente l'art. 669-septies, comma 3, cod. proc.
 civ. e' manifestamente inammissibile.
   Il giudice a quo, infatti, si trova a dover  decidere  in  sede  di
 reclamo e non gia' di opposizione, e si duole quindi di un deficit di
 tutela  in  un a'mbito processuale diverso da quello introdotto dalla
 norma impugnata. Donde l'irrilevanza della questione.
   3.1.  -  Riferita  la  censura  -  che  il  giudice  a  quo  motiva
 unitariamente, prendendo in contemporanea considerazione le due norme
 denunciate  -  al  solo art. 669-terdecies, diventa agevole osservare
 che non e' configurabile una disparita' di trattamento fra  le  parti
 del  processo,  le  quali astrattamente sono poste sullo stesso piano
 con riguardo  al  problema  della  reclamabilita'  del  provvedimento
 emesso dal giudice cautelare di primo grado.
   3.2.  - Ne' puo' dirsi che, se interpretata nel senso - accolto dal
 rimettente, in contrasto peraltro con la prevalente  dottrina  e  con
 parte  della  giurisprudenza  -  dell'irreclamabilita'  della  (sola)
 compensazione delle spese processuali, la  norma  sia  irragionevole.
 Al contrario, essa sarebbe da considerare del tutto coerente con quel
 sistema  dalla  cui ricostruzione, nei sensi appresso indicati, detta
 irreclamabilita' discenderebbe.
   3.2.1. - Attraverso l'istituto del reclamo il legislatore ha inteso
 introdurre, secondo quanto piu' volte rilevato da questa Corte (cfr.,
 da ultimo, sentenza n. 421 del 1996), un generale mezzo di  controllo
 dell'operato del giudice della cautela, affidato a un giudice diverso
 e collegiale.
   Quest'ultimo  e'  quindi  investito del complessivo contenuto della
 domanda cautelare ed e' titolare dei  medesimi  poteri  conferiti  al
 primo  giudice;  per  cui  il  giudizio che s'instaura a se'guito del
 reclamo e' destinato a svolgersi sull'intero thema decidendum oggetto
 del  procedimento  cautelare,  del  quale  il  momento  del   reclamo
 costituisce    la   prosecuzione.   L'integrale   devoluzione   della
 controversia al giudice collegiale implica che  il  provvedimento  da
 questi  adottato  venga  a  sostituire  del tutto quello reclamato, e
 comporta altresi' che il secondo  giudice  non  sia  limitato,  nella
 propria  cognizione  e  nella dotazione degli strumenti decisori, dai
 motivi dedotti dalle parti reclamanti. Con la conseguenza che sarebbe
 inconfigurabile un giudizio di reclamo circoscritto ad un solo  punto
 della   decisione   secondo   l'ottica   propria   del   giudizio  di
 impugnazione, qual e' viceversa quella sottesa alla prospettazione. E
 dunque  contrasterebbe  con  la  logica   stessa   dell'istituto   un
 intervento  additivo  che lo piegasse alle caratteristiche del doppio
 grado distogliendolo da quelle, sue tipiche, che lo  connotano  quale
 sviluppo  ulteriore  -  seppure  in  una  sede  diversa  - dell'unico
 procedimento cautelare. Se non e' possibile scindere un  profilo  del
 provvedimento  per  farne  il  solo  oggetto  della  modifica o della
 revoca, deve a fortiori escludersi che possa normativamente  isolarsi
 a  tal  fine  il  capo  concernente  la compensazione delle spese per
 renderlo reclamabile autonomamente prescindendo dal merito.
   3.2.2. - Che  se  poi  si  volesse  invece  muovere  dalla  diversa
 premessa  interpretativa,  secondo cui riveste carattere impugnatorio
 il rimedio previsto dall'art.  669-terdecies,  comma  1,  cosi'  come
 risulta  a  seguito  della  sentenza di questa Corte n. 253 del 1994,
 allora verrebbe  meno  ogni  ragione  per  non  condividere  l'avviso
 espresso - nell'unico precedente sinora reso in materia - dal giudice
 della  legittimita',  secondo cui la parte rimasta anche parzialmente
 soccombente in ordine alla pronuncia  accessoria  sulle  spese  ha  a
 disposizione  il mezzo del reclamo (Cass. 27 settembre 1996, n. 8516,
 che solo in ragione di cio' ha dichiarato  inammissibile  il  ricorso
 straordinario  ex  art.  111 della Costituzione). Ma cosi' resterebbe
 eliso il problema stesso che sta alla base della sollevata  questione
 di costituzionalita'.
   3.3.  -  La  norma, comunque interpretata, non viola neppure l'art.
 24  della  Costituzione,  poiche'  la   compensazione   delle   spese
 giudiziali  -  affidata,  per  regola  generale,  alla sussistenza di
 giusti motivi - non rappresenta in alcun modo  ostacolo  alla  difesa
 dei propri diritti.
   Del  resto  il rimettente, senza negare cio', adduce a sostegno del
 prospettato dubbio  d'incostituzionalita'  una  ragione  tutt'affatto
 diversa,   riportando   il  rilievo  di  questa  Corte,  secondo  cui
 "l'equivalenza  dell'attribuzione  di  mezzi  processuali  esperibili
 dalle  parti  e'  in  un rapporto di necessaria strumentalita' con la
 garanzia di azione e difesa sancite dall'art. 24 (sentenza n. 253 del
 1994)". Ma omette di considerare che tale argomento veniva utilizzato
 per trarne la conseguenza che una distribuzione squilibrata dei mezzi
 di tutela, riducendo la possibilita' di una delle parti di far valere
 le proprie ragioni, condiziona impropriamente a danno  di  essa  e  a
 favore  della  controparte  l'andamento  del  processo. Il che non si
 verifica invece nella presente specie, essendo  unico  per  tutte  le
 parti   il   sistema  di  reclamabilita'  previsto  dalla  denunciata
 normativa.