ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 486 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 maggio  1997
 dal tribunale di Bari, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 1997
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio  1998  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto  che il tribunale di Bari, premesso che in un procedimento
 penale era stata avanzata richiesta di differimento del  dibattimento
 per  essere  il  difensore  dell'imputato impegnato in altri numerosi
 procedimenti penali fuori del distretto, e che  la  richiesta  doveva
 considerarsi  tempestivamente  proposta,  risultando  che soltanto il
 giorno precedente il difensore era stato investito del  mandato,  ha,
 con  ordinanza  del  14  maggio 1997, denunciato, in riferimento agli
 artt. 112, 24, 25 e 97 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art.
 486 del codice di procedura penale, "nella parte in cui  non  prevede
 la possibilita', per il giudice, di valutare - in caso di impedimento
 dedotto  dal  difensore nominato dall'imputato in data immediatamente
 prossima  a  quella  dell'udienza  in   cui   debba   celebrarsi   il
 dibattimento  -  la  diligenza  e la lealta' del comportamento tenuto
 dall'imputato nella scelta di difensore impedito a  comparire,  e  la
 non strumentalita' di detta nomina a fini dilatori":
     che, secondo il giudice a quo, resterebbe paralizzato l'esercizio
 dell'azione  penale  (art.  112  della  Costituzione),  vulnerato  il
 diritto  di  difesa   del   pubblico   ministero   (art.   24   della
 Costituzione),  compromesse l'attuazione della giurisdizione da parte
 del  giudice  naturale  precostituito  per  legge  ed  il   razionale
 funzionamento della giustizia (artt. 25 e 97 della Costituzione);
     che  nel  giudizio  davanti  a  questa  Corte  e'  intervenuto il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
 dichiarata non fondata;
   Considerato che questa Corte con sentenza n. 178 del 1991, ha  gia'
 affrontato  un'analoga questione, precisando che l'art. 486, comma 5,
 del codice di procedura penale lascia al giudice la  possibilita'  di
 apprezzamento   delle   situazioni   concrete,   secondo   canoni  di
 ragionevolezza, per contemperare  le  diverse  esigenze  in  sede  di
 applicazione   della  norma  adesso  denunciata;  e  che  tale  linea
 interpretativa risulta costante nella giurisprudenza della  Corte  di
 cassazione,  nel  senso  che  il  legislatore ha inteso conciliare le
 esigenze di buona e rapida amministrazione  della  giustizia  con  il
 diritto  dell'imputato  di essere assistito dal difensore di fiducia,
 con  possibilita'  per  il  giudice  di  sindacare  -  con   adeguata
 motivazione  guidata  da  criteri  di logicita' - la "scelta" operata
 rigettando la richiesta di rinvio  se  ricorrono  esigenze  di  buona
 amministrazione  della  giustizia  o  se  la  richiesta di rinvio sia
 dettata da intenti dilatori;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.