ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 8,
 della legge 23 dicembre 1994, n.  724  (Misure  di  razionalizzazione
 della  finanza pubblica) promosso con ordinanza emessa il 28 novembre
 1996 dal pretore di Grosseto, sezione distaccata di  Massa  Marittima
 nel  procedimento  penale  a  carico  di  Valsecchi Pieralba ed altro
 iscritta al n. 77 del registro  ordinanze  1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  10, prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 1 dicembre 1997 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso  del  procedimento  penale  a  carico  di  Valsecchi
 Pieralba,  imputata del reato di cui agli artt. 20, lettera c), della
 legge 28 febbraio 1985, n. 47 e 1-sexies della legge n. 431 del 1985,
 per aver eseguito  opera  abusiva  in  area  assoggettata  a  vincolo
 paesaggistico,  il  pretore  di Grosseto, sezione di Massa Marittima,
 con ordinanza del 28 novembre  1996,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art.  39, comma 8, della legge 23 dicembre  1994,
 n.  724  (Misure  di razionalizzazione della finanza pubblica), nella
 parte in cui non prevede la sospensione del  procedimento  penale  in
 presenza  di impugnazione in via giurisdizionale del provvedimento di
 diniego sulla richiesta di condono.
   Secondo  il   giudice   rimettente,   l'omessa   previsione   della
 sospensione   in   pendenza   dell'impugnazione  giurisdizionale  del
 provvedimento di diniego della richiesta di condono, oltre ad  essere
 affetta  da  irragionevolezza  perche'  imporrebbe  al  giudice  - in
 carenza di rimedi processuali che consentano la  disapplicazione  del
 provvedimento  di diniego (illegittimo) - di emettere una sentenza di
 condanna, in violazione del principio del  libero  convincimento  del
 giudice, pur nell'eventualita' dell'illegittimita' amministrativa del
 provvedimento,  contrasterebbe  con  il  principio di uguaglianza nei
 confronti di imputati per gli stessi fatti che  abbiano  ottenuto  da
 amministrazioni diverse provvedimenti di accoglimento o diniego della
 domanda di sanatoria.
   2.  - Nel giudizio di legittimita' costituzionale e' intervenuto il
 Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri   con   il   patrocinio
 dell'Avvocatura  generale dello Stato, sottolineando che la Corte con
 le sentenze n. 370 del  1988  e  n.  270  del  1996  ha  riconosciuto
 dapprima  la  piena  conformita'  ai  principi  costituzionali  della
 sospensione dell'azione penale limitata alla durata del  procedimento
 amministrativo   di   sanatoria;   di   seguito   l'estensione  della
 sospensione fino all'esaurimento del giudizio avverso i provvedimenti
 di diniego del condono innanzi al tribunale amministrativo regionale.
   Con quest'ultima decisione la Corte, osservando che  la  scelta  di
 estendere   la   sospensione  dell'azione  penale  fino  al  giudizio
 amministrativo  rientra  nell'ambito   della   discrezionalita'   del
 legislatore,   ha   espressamente   riconosciuto   la  ragionevolezza
 dell'art. 7, nono comma, del d.-l.   27 marzo  1985,  n.  88  che  ha
 modificato  l'art.  22  della  legge  n.  47  del  1985,  laddove  ha
 delimitato il  periodo  di  sospensione  fino  alla  definizione  del
 giudizio innanzi al giudice amministrativo di primo grado.
   Anche  se  questa  disposizione nei successivi decreti-legge non e'
 stata piu' riprodotta, secondo l'Avvocatura generale dello Stato deve
 essere confermato l'orientamento seguito dalla Corte nel senso che il
 rapporto tra procedimento di sanatoria e azione penale rientra  nella
 discrezionalita'  del  legislatore,  che  puo'  liberamente  valutare
 opportuna l'una o l'altra soluzione. Cio' in quanto la previsione  di
 strumenti processuali acceleratori, volti a ridurre il pericolo della
 prescrizione  dell'azione  penale,  nonche'  la  diversa posizione di
 coloro i quali abbiano ottenuto il  provvedimento  amministrativo  in
 sanatoria,  rispetto  ai  destinatari  del  provvedimento  di diniego
 (anche   potenzialmente   illegittimo),   costituiscono   altrettanti
 argomenti   per   ritenere  infondata  la  prospettata  questione  di
 costituzionalita'.
                        Considerato in diritto
   1. - La questione sottoposta all'esame della Corte ha  per  oggetto
 l'art.  39,  comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di
 razionalizzazione della finanza pubblica), nella  parte  in  cui  non
 prevede la sospensione dell'azione penale, per violazione degli artt.
 20,  lettera  c),  della  legge  28 febbraio 1985, n. 47 e 1-sexies -
 rectius: del d.-l. 27 giugno 1985,  n.  312  introdotto  in  sede  di
 conversione  con  la  legge  8  agosto  1985,  n.  431  - in pendenza
 dell'impugnazione in via giurisdizionale del provvedimento di diniego
 nella richiesta di condono edilizio e di autorizzazione paesaggistica
 per opere abusive in zona sottoposta a vincolo paesistico.
   I profili  dedotti  riguardano  la  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione  per  irragionevolezza,  poiche'  la norma imporrebbe al
 giudice di emettere una sentenza  di  condanna  pur  in  presenza  di
 un'eventuale   illegittimita'  amministrativa  del  provvedimento  di
 diniego e per disparita' di trattamento  fra  imputati  dello  stesso
 reato,  in  quanto  il  corso  del  procedimento  penale dipenderebbe
 dall'amministrazione che concede o meno il provvedimento richiesto.
   2. - La questione non e' fondata.
   Preliminarmente deve  essere  posto  in  rilievo  che  il  comma  8
 dell'art.    39  della  legge  n.  724 del 1994 ha esteso l'ambito di
 applicabilita' del condono edilizio ai reati connessi "per interventi
 edilizi nelle zone e fabbricati  sottoposti  a  vincolo"  (culturale,
 paesaggistico  e  ambientale)  previsti dalle leggi 1 giugno 1939, n.
 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 e dal d.-l.  27  giugno  1985,  n.  312
 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.
   Il  meccanismo del condono-oblazione e della conseguente estinzione
 di  questi  ultimi  reati  non  e'  tuttavia  ne'   automatico,   ne'
 semplicemente  subordinato al verificarsi dei soli presupposti propri
 del  condono  edilizio:  cioe'  temporali,  relativi  all'ultimazione
 dell'opera  abusiva (entro il 31 dicembre 1993), soggettivi, inerenti
 al richiedente, o oggettivi, rapportati  alla  volumetria  realizzata
 (v.   sentenza  n.    302  del  1996),  sia,  infine,  procedimentali
 articolati nella presentazione della domanda nel  termine  prescritto
 dopo  avere  interamente  corrisposto  la  somma  dovuta  a titolo di
 oblazione (cfr. combinato disposto degli artt. 38 e 39 della legge 28
 febbraio 1985, n. 47, con le integrazioni apportate dal decreto-legge
 n. 146 del 1985, convertito, con modificazioni, in legge n.  298  del
 1985, e dell'art. 39, comma 1, della legge n.  724 del 1994).
   La  estinzione  dei  reati per la violazione del vincolo culturale,
 paesaggistico o ambientale in occasione "di  interventi  edilizi"  si
 puo' produrre, per effetto del condono, in base all'art. 38, comma 8,
 della  legge  n.  724 del 1994, solo quando - come ulteriore elemento
 assolutamente indispensabile - sia stata  rilasciata  la  concessione
 edilizia  o  l'autorizzazione in sanatoria, che rimane tuttavia a sua
 volta  subordinata  al  conseguimento  delle   autorizzazioni   delle
 amministrazioni  preposte  alla  tutela  degli  anzidetti vincoli. In
 altri termini la valutazione positiva dell'opera realizzata da  parte
 dell'autorita'   preposta  alla  tutela  del  vincolo  ha  valore  di
 presupposto inderogabile sia per il  rilascio  della  concessione  (o
 autorizzazione)   edilizia  in  sanatoria,  sia  per  il  verificarsi
 dell'effetto estintivo per i reati attinenti ai vincoli.
   Diversamente, per i reati edilizi e per gli altri  reati  connessi,
 relativi all'abitabilita', alle opere in cemento armato o a struttura
 metallica  e  alle  opere in zona sismica, tassativamente specificati
 con le integrazioni del secondo comma dell'anzidetto  art.  38  della
 legge  n.  47  del  1985,  l'effetto estintivo derivante dalla intera
 corresponsione dell'oblazione opera anche nel caso in  cui  le  opere
 non  possano  conseguire  la sanatoria (art. 39 della legge n. 47 del
 1985, che pone in rilievo che si tratta di reati contravvenzionali).
   Cio'  conferma  che  la  definizione  agevolata  delle   violazioni
 edilizie  e  degli  illeciti  connessi (art. 38, secondo comma, della
 legge n.  47 del 1985; art. 39, comma 1, della legge n. 724 del 1994)
 si scinde in due aspetti, separati quanto agli effetti e  spesso  non
 coincidenti,  della  oblazione-condono  rispetto  alla concessione in
 sanatoria.
   Invece  il  legislatore  del  1994  nell'allargare   l'ambito   del
 condono-sanatoria  agli  altri  reati  connessi  per  violazione  dei
 vincoli  (culturali,  paesaggistici  e  ambientali)  ha  condizionato
 l'effetto   estintivo   al  conseguimento  della  autorizzazione  (in
 sanatoria) prevista dalla disciplina del singolo vincolo,  e  insieme
 al   rilascio   della  concessione  (o  autorizzazione)  edilizia  in
 sanatoria,  che  a  sua  volta  resta   subordinata   alla   predetta
 autorizzazione attinente al vincolo.
   Risulta   evidente   che   la   scelta  del  legislatore  e'  stata
 ragionevolmente condizionata,  in  senso  restrittivo  e  con  rigore
 procedimentale, dal particolare rilievo dei beni protetti dai vincoli
 suindicati,  al fine, quale esigenza costante della legge sul condono
 edilizio, "di realizzare un  contemperamento  dei  valori  in  gioco,
 quelli  del  paesaggio"  (e  della  cultura),  "della  salute,  della
 conformita' dell'iniziativa economica privata  all'utilita'  sociale,
 della  funzione sociale della proprieta' da una parte, e quelli, pure
 di  fondamentale  rilevanza   sul   piano   della   dignita'   umana,
 dell'abitazione  e del lavoro dall'altra" (sentenze n. 302 del 1996 e
 n. 427 del 1995).
   La tutela dei beni culturali (patrimonio storico e artistico),  non
 a  caso, e' nel testo costituzionale contemplata insieme a quella del
 paesaggio-ambiente,  come  espressione  di   principio   fondamentale
 dell'ambito  territoriale  in  cui  si  svolge la vita dell'uomo e si
 sviluppa la persona umana.
   Del resto, come questa Corte (ordinanza n. 169 del  1996)  ha  gia'
 avuto  occasione  di  puntualizzare, la fattispecie presa in esame ai
 fini dell'effetto estintivo del reato, dal comma 8 dell'art. 39 della
 legge n. 724 del 1994 si riferisce per quanto riguarda  i  reati  per
 violazione  dei vincoli surrichiamati, alle sole infrazioni meramente
 formali; cioe' mancanza di autorizzazione in ipotesi  (esclusiva)  di
 opera sostanzialmente conforme (in base a specifica valutazione) alle
 esigenze di tutela, tanto da potere successivamente essere oggetto di
 sopravvenuta autorizzazione specifica in sanatoria.
   In  definitiva  l'estinzione  dei reati conseguenti alla violazione
 dei vincoli costituisce una autonoma scelta  legislativa,  per  nulla
 irragionevole,  determinandosi  l'effetto  del condono-sanatoria solo
 quando l'autorita' preposta al vincolo, mediante una  valutazione  di
 compatibilita'  con  le  esigenze  sostanziali  di tutela del vincolo
 medesimo, abbia ritenuto l'opera gia' eseguita (senza autorizzazione)
 suscettibile di conseguire l'autorizzazione  in  sanatoria  e  quando
 l'autorita'    edilizia    abbia   rilasciato   la   concessione   (o
 autorizzazione)  edilizia  in  sanatoria.  Il  legislatore  per   gli
 anzidetti  reati  ha  voluto che gli effetti dell'oblazione-condono e
 della sanatoria debbano coincidere, di modo che  non  possano  essere
 dissociati, anche nel momento in cui si verificano, a maggiore tutela
 dei beni protetti dai vincoli.
   3.  -  Questa differenziazione, anche temporale rispetto al condono
 edilizio, degli effetti estintivi sui reati connessi  per  violazioni
 dei  vincoli  suindicati  ha  comportato una diversa problematica dei
 rapporti tra procedura amministrativa di condono e processo penale  e
 amministrativo.
   In  base  all'art. 44 della legge n. 47 del 1985 e poi in forza del
 richiamo contenuto nell'art. 39, comma 1, della legge n. 724 del 1994
 - interpretato come rinnovazione delle disposizioni  del  condono  di
 cui  ai  capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive
 modificazioni ed integrazioni  (ordinanza  n.  169  del  1996)  -  la
 sospensione  temporanea  dei  procedimenti ha prodotto gli effetti in
 via generale ed automatica (con il semplice legame  di  attinenza  al
 capo  della  sanatoria)  per  il  periodo  transitorio  dalla data di
 entrata in vigore delle norme sul  condono  fino  alla  scadenza  dei
 termini per la domanda.
   Successivamente  per  le  singole  fattispecie in conseguenza della
 presentazione   della   domanda   di    condono-sanatoria,    purche'
 accompagnata   dall'attestazione   di   versamento   anche   parziale
 dell'oblazione,  si  e'  prodotta  la  conseguente  sospensione   del
 procedimento penale e del procedimento per le sanzioni amministrative
 (art.  38,  primo  comma, della legge n. 47 del 1985), che si protrae
 fino al termine  implicitamente  stabilito  della  conclusione  della
 procedura di condono-sanatoria.
   Per  "i reati contravvenzionali, di cui all'art. 38" della legge n.
 47 del 1985, il legislatore  ha  fatto  discendere  l'estinzione  del
 reato  dalla  semplice  "effettuazione dell'oblazione" "integralmente
 corrisposta" derivante dall'"intera mediatrice fattispecie" (sentenza
 n. 369 del 1988), anche "qualora le opere non possano  conseguire  la
 sanatoria"   (combinato  disposto  dell'art.  38,  secondo  comma,  e
 dell'art. 39 della legge n. 47 del 1985).
   Invece  per  gli  altri  reati,  connessi  con  interventi  edilizi
 abusivi,   relativi   alle   violazioni   di  vincoli  paesaggistici,
 ambientali e culturali (art. 38, comma 8,  della  legge  n.  724  del
 1994)  non  e'  prevista  una  specifica sospensione del procedimento
 penale, qualora la domanda di sanatoria abbia avuto esito negativo in
 via amministrativa  e  sia  sorta  contestazione  avanti  al  giudice
 amministrativo  sulla  legittimita'  del  rifiuto. Nello stesso tempo
 l'effetto estintivo per gli anzidetti reati,  attinenti  ai  vincoli,
 non  deriva  dal  pagamento  dell'intera oblazione (relativa al reato
 propriamente edilizio), ma  solo  -  come  gia'  sottolineato  -  dal
 rilascio  della autorizzazione (in sanatoria) da parte dell'autorita'
 preposta al vincolo e della concessione edilizia.
   4. - Sul piano costituzionale non si pone per il legislatore,  come
 soluzione  obbligata,  la sospensione del procedimento penale, quando
 sia pendente avanti ad un altro giudice una  controversia  che  debba
 risolvere  una  questione  su un atto, pregiudiziale alla definizione
 del primo processo. Anzi in sede di disciplina positiva si e'  andato
 affermando  il  principio  della  separazione  dei  giudizi  e  della
 autonomia ed indipendenza delle giurisdizioni civile,  amministrativa
 e  tributaria  da un lato e penale dall'altro, con le sole previsioni
 di ipotesi derogatorie tassativamente previste da legge,  ritenendosi
 di  privilegiare,  anche  in  sede  penale,  l'esigenza  di sollecita
 definizione del processo.
   Il  legislatore  puo'  discrezionalmente  -  con  il  limite  della
 ragionevolezza   -   prevedere   come   ulteriore  eccezione  che  si
 soprassieda dal corso dell'azione penale  fino  alla  definizione  di
 controversia  giurisdizionale  amministrativa, fermi tutti poteri del
 giudice penale di autonoma valutazione (sentenza n. 270  del  1996  a
 proposito  della  diversa fattispecie di accertamento di conformita',
 in ordine all'art. 7, comma 9, del d.-l. 27 marzo 1995,  n.  88,  poi
 non  convertito, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 2,
 comma 61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662).
   Trattasi tuttavia  di  scelta  tutt'altro  che  obbligata,  che  in
 relazione  alla  natura  e  alla finalita' dei vincoli tutelati dalle
 anzidette norme incriminatrici, il legislatore  con  le  disposizioni
 denunciate non ha inteso concedere.
   Del  resto la mancata previsione di apposita ed eccezionale ipotesi
 di sospensione del  processo  penale  non  comporta  obbligo  per  il
 giudice  penale  a  procedere,  in ogni caso, giungendo alla condanna
 dell'imputato per i reati a tutela del vincolo,  anche  in  pendenza,
 avanti   al  giudice  amministrativo,  di  giudizio  sul  rifiuto  di
 autorizzazione in sanatoria.
   Il  giudice  penale  puo',  infatti,  esercitare  tutti  i   poteri
 processuali relativi alla scansione del procedimento, anche in ordine
 alle  verifiche  istruttorie,  ai  tempi  delle varie fasi, fino alla
 eventuale  applicazione,  ove  ne  sussistano  i  presupposti,  della
 sospensione  del  dibattimento  a  tempo  relativamente indeterminato
 (art. 479 cod. proc. pen.), con effetti sospensivi del decorso  della
 prescrizione.
   In  realta'  la  norma come formulata comporta un vantaggio per gli
 interessati prevedendo un ampliamento dell'effetto estintivo ad altri
 reati connessi (non contemplati nell'originario condono edilizio  del
 1985),  ma  nello  steso  tempo con la sua configurazione comporta un
 incentivo indiretto a che gli stessi interessati si attivino per  una
 sollecita    definizione    della    domanda    volta   ad   ottenere
 l'autorizzazione in sanatoria, sia  in  sede  amministrativa  che  in
 quella  giurisdizionale amministrativa, avanti alla quale e' prevista
 la facolta' di tutela contro il silenzio-rifiuto decorsi  centottanta
 giorni dalla domanda (art. 2, comma 44, della legge 23 dicembre 1996,
 n. 662).
   5.   -  Neppure  si  configura  una  violazione  del  principio  di
 eguaglianza, in quanto  diversa  e'  la  posizione  di  chi  ha  gia'
 ottenuto  in  sanatoria  l'autorizzazione  richiesta  dalla norma che
 prevede il vincolo, rispetto a colui che non l'abbia  ottenuta  o  si
 sia  visto  opporre  un  rifiuto,  ancorche' contestato in altra sede
 giurisdizionale.
   Sullo stesso piano e' stata sottolineata  la  discrezionalita'  del
 legislatore nel fissare, una volta individuata la causa estintiva del
 reato,  gli  effetti  e i limiti temporali di essa, in relazione allo
 stato dell'azione penale (ordinanze n. 219 del 1997; nn.  294  e  137
 del 1996; v. anche ordinanza n. 56 del 1998).
   6.  -  Infine  la  determinazione di particolari e limitati effetti
 estintivi della oblazione e del diniego di sanatoria, quali stabiliti
 in via esclusiva e tassativa dagli art. 38, terzo comma, e  39  della
 legge  n.  47  del  1985 per i reati contravvenzionali previsti dallo
 stesso art. 38, non esclude una soluzione divergente per  la  diversa
 (per  presupposti  e  tempi)  e distinta previsione di estinzione dei
 reati  in  violazione  di  vincoli,  quale  contemplata  dalla  norma
 denunciata.  Infatti l'estinzione di detti reati e' conseguenza della
 regolarizzazione    in    sanatoria    -   sotto   il   profilo   sia
 edilizio-urbanistico sia del vincolo - con il rilascio delle relative
 autorizzazioni e concessioni, di modo  che  non  puo'  escludersi  la
 possibilita'   che  l'estinzione  produca  ulteriori  effetti  quando
 intervenga dopo pronuncia di condanna.  Del resto, in caso  di  norma
 che  "ha  esteso  gli effetti estintivi della oblazione per sanatoria
 edilizia anche alle contravvenzioni punite dall'art. 20  della  legge
 antisismica  2  febbraio 1974, n. 64", sono intervenute decisioni nel
 senso che quando sia stata pronunciata condanna definitiva, l'effetto
 estintivo non concerne il reato, stante la preclusione del giudicato,
 ma si trasferisce alla esecuzione della pena (Cass. 24 marzo 1993, n.
 228).
   Infatti  l'intervento  del  legislatore deve essere interpretato in
 logica  conseguenza  della  attribuzione  ampliativa  degli   effetti
 estintivi,  da  parte della norma impugnata, al condono-sanatoria sul
 connesso  reato  in  violazione  di  vincoli,  quando  interviene  il
 rilascio  della  concessione  o autorizzazione edilizia in sanatoria,
 subordinata in modo inderogabile  alla  autorizzazione  in  sanatoria
 dell'autorita' preposta al vincolo.
   Anche  nella  ipotesi  del  conseguimento  della  sanatoria  in via
 amministrativa che intervenga dopo la condanna, si devono pur  sempre
 produrre  effetti  di  estinzione del reato relativo ai vincoli (art.
 39, comma 8) che si sottolinea e' fuori dello schema e dei limiti dei
 particolari effetti estintivi stabiliti dagli artt.  38  e  39  della
 legge n. 47 del 1985.
   Cio'  in  quanto  per  gli  anzidetti  reati  non  e'  prevista una
 sospensione necessaria del processo penale,  mentre  l'estinzione  e'
 configurabile  solo  dopo  la  definizione  in  senso  positivo della
 sanatoria in sede amministrativa che puo' intervenire anche in  esito
 alla tutela avanti il giudice amministrativo.
   Il  legislatore  ha  subordinato  l'estinzione  del  reato  a  tali
 valutazioni  e  adempimenti  di  autorizzazione  in  sanatoria,   che
 degradano  l'illecito  in una violazione meramente formale, in quanto
 la  sopravvenuta  valutazione  positiva  dell'autorita'  preposta  al
 vincolo  presuppone  l'accertamento  della compatibilita' sostanziale
 dell'intervento edilizio con il  vincolo  stesso  in  relazione  allo
 stato  dei  luoghi  (argomentando  anche dall'art. 2, comma 10, della
 legge 27 dicembre 1997, n. 449).