ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 156 del d.lgs.
 28 luglio 1989, n. 271  (Norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie  del  codice di procedura penale), promosso con ordinanza
 emessa il 7 aprile 1997  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  la  pretura  di  Modena,  iscritta  al  n.  644  del registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di  consiglio  dell'11  marzo  1998  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso la
 pretura di Modena, dopo aver premesso di essere  stato  investito  di
 una  richiesta  di  archiviazione  in relazione alla quale la persona
 offesa ha proposto opposizione, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  primo  comma,  e  24,  secondo  comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 156 del d.lgs.  28
 luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie del codice di procedura penale), nella parte in  cui  non
 prevede  che,  nel  procedimento  davanti  al  pretore,  il  pubblico
 ministero  debba   notificare   l'opposizione   alla   richiesta   di
 archiviazione  formulata  dalla  persona  offesa - ovvero almeno dare
 notizia dell'avvenuta proposizione dell'opposizione  -  alla  persona
 sottoposta  alle  indagini  preliminari, con contestuale avvertimento
 che,  nel  termine  di  dieci  giorni   dalla   notificazione   della
 opposizione  -  o  dalla  comunicazione  della sua proposizione -, la
 persona sottoposta alle indagini puo'  prendere  visione  degli  atti
 depositati  presso  la  procura della Repubblica e presentare proprie
 deduzioni  difensive,  anche  con  richiesta  motivata  di   indagini
 preliminari  su fatti e circostanze ad essa favorevoli, nonche' nella
 parte in cui non dispone che, qualora sia stata proposta  opposizione
 alla  richiesta di archiviazione, il pubblico ministero trasmetta gli
 atti al giudice per le indagini  preliminari  dopo  la  presentazione
 delle  deduzioni  difensive  della  persona  sottoposta  ad indagini,
 ovvero dopo la scadenza del termine  concesso  per  la  presentazione
 delle   sue  deduzioni,  analogamente  a  quanto  stabilito,  per  il
 procedimento davanti al tribunale, dall'art. 126 del medesimo  d.lgs.
 n. 271 del 1989;
     che  a parere del giudice a quo la disciplina censurata determina
 una  palese  disparita'  di  trattamento  tra  la  persona  offesa  e
 l'indagato,  in  quanto,  mentre  alla  persona  offesa e' consentito
 replicare alla richiesta di archiviazione del  pubblico  ministero  a
 tutela  del proprio interesse al perseguimento del reato del quale e'
 stata vittima, la  persona  nei  cui  confronti  si  e'  proceduto  a
 indagini  non  e'  posta  in condizione di contrastare quanto dedotto
 dall'opponente;
     che l'impossibilita' di conoscere e di contrastare  l'opposizione
 si  risolve  anche,  ad  avviso  del  rimettente,  in una lesione del
 diritto di difesa per l'indagato "nella fase cruciale della  chiusura
 delle   indagini   preliminari",  giacche'  a  questi  devono  essere
 assicurate garanzie non inferiori a quelle  riconosciute  alla  parte
 lesa.
   Considerato  che  questa  Corte  ha  avuto modo di affermare che il
 problema dell'archiviazione sta nell'evitare  il  processo  superfluo
 senza  eludere  il principio di obbligatorieta' dell'azione penale ed
 anzi controllando caso per caso la legalita' dell'inazione, onde  far
 si'  che  i  processi  concretamente non instaurati siano solo quelli
 risultanti  effettivamente  superflui,  sicche'  gli   strumenti   di
 verifica  del  giudice  in ordine all'attivita' omissiva del pubblico
 ministero  devono  essere  articolati  in  modo tale "da fornirgli la
 possibilita' di contrastare le inerzie e le lacune  investigative  di
 quest'ultimo  ed  evitare che le sue scelte si traducano in esercizio
 discriminatorio dell'azione (o inazione) penale" (v. sentenza  n.  88
 del 1991);
     che   essendo,   dunque,   il   controllo  del  giudice  volto  a
 salvaguardare nel procedimento di archiviazione il pieno rispetto del
 principio di obbligatorieta'  dell'azione  penale  e  dei  valori  di
 legalita'  ed  uguaglianza  che  esso  coinvolge, ne deriva che anche
 l'opposizione della persona offesa non puo'  non  risultare  iscritta
 nel  medesimo  alveo  finalistico,  sicche'  le  relative deduzioni e
 prospettive  di  ulteriori   indagini   -   ora   profilabili   anche
 nell'archiviazione pretorile a seguito della sentenza n. 445 del 1990
 -  si  configurano come strumenti di tutela dell'offeso negli stretti
 limiti in cui cio' risponda alla funzione di verifica che il  giudice
 e'  chiamato  ad  esercitare  a  salvaguardia  del  precetto  sancito
 dall'art. 112 della Carta fondamentale;
     che  pertanto,  avendo  l'ordinamento  configurato  lo   ius   ad
 loquendum dell'opponente come istituto strumentalmente correlato alla
 ratio  del  controllo  giurisdizionale  costituzionalmente imposto in
 sede di  archiviazione,  nessuna  assimilabilita'  puo'  prospettarsi
 rispetto  alla posizione della persona gia' sottoposta alle indagini,
 essendo  quest'ultima  portatrice  di  diritti  non   coinvolti   dal
 parametro che quel controllo mira a presidiare;
     che,  quindi,  stante  l'evidente  eterogeneita' delle situazioni
 poste a raffronto, la disciplina  oggetto  di  impugnativa  non  puo'
 ritenersi  in  contrasto con il principio di uguaglianza, cosi' come,
 di riflesso, nessuna violazione appare subire il diritto  di  difesa,
 considerato   che,   attesa   la  peculiare  natura  e  funzione  del
 procedimento  di  archiviazione,  l'eventuale  "contraddittorio"  con
 l'opponente  non  puo'  certo  configurarsi alla stregua di soluzione
 costituzionalmente obbligata;
     che,  infine,   neppure   evocabile   e'   il   diverso   modello
 procedimentale  stabilito  nel  caso di opposizione alla richiesta di
 archiviazione per i reati di competenza del tribunale o  della  corte
 di  assise,  in quanto, come questa Corte ha piu' volte rilevato, nel
 procedimento pretorile il principio di "massima  semplificazione"  di
 cui  alla  direttiva  n. 103 della legge-delega n. 81 del 16 febbraio
 1987 consente di giustificare, insieme con l'esclusione  dell'udienza
 preliminare,  anche  l'assenza  del  rito  camerale  nell'ipotesi  di
 opposizione della persona offesa  alla  richiesta  di  archiviazione,
 prevedendo "per questa fase del procedimento la sola contrapposizione
 tra  due  atti  formali quali la richiesta di archiviazione formulata
 dal pubblico ministero e  l'opposizione  a  tale  richiesta  avanzata
 dalla   parte  interessata  alla  prosecuzione  delle  indagini"  (v.
 ordinanza n. 291 del 1993 e sentenza n. 123 del 1993);
     che di conseguenza la questione proposta deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.