ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e
 2, della legge 26 novembre 1992, n. 468 (Misure urgenti  nel  settore
 lattiero-caseario),  promosso  con  ordinanza emessa il 5 maggio 1996
 dal tribunale di Casale Monferrato - sezione agraria nel procedimento
 civile vertente tra la Marusca IV s.s. e Armanno Guaschino,  iscritta
 al  n.  1221  del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 45,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1996;
   Visto  l'atto  di costituzione della Marusca IV s.s. nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 28 ottobre 1997 il giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
   Uditi gli avvocati Giuseppe F. Ferrari, Massimo  Luciani  e  Sergio
 Panunzio  per  la  Marusca  IV  s.s.  e  l'avvocato dello Stato Oscar
 Fiumara per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Con ordinanza emessa il  5  maggio  1996  nel  corso  di  un
 giudizio  promosso  dal proprietario di un fondo rustico per ottenere
 dall'affittuario il risarcimento del danno  derivante  dall'abbandono
 dell'allevamento  di  bestiame  lattifero in precedenza esistente, il
 tribunale  di  Casale  Monferrato  -  sezione  agraria  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1 e 2,
 della legge 26 novembre 1992, n.  468  (Misure  urgenti  nel  settore
 lattiero-caseario),  in  riferimento  agli  artt.  3,  42  e 44 della
 Costituzione.
   Nel  contesto  della  disciplina  emanata  in  applicazione   della
 normativa comunitaria per regolare le quote della produzione di latte
 bovino  assegnate  ai  singoli produttori, la disposizione denunciata
 prevede (al comma 1) che la titolarita' di ciascuna quota  spetta  al
 produttore  nella  sua  qualita' di conduttore dell'azienda agricola,
 fatte  salve  le  diverse  pattuizioni  tra  le  parti.   La   stessa
 disposizione  stabilisce  inoltre (al comma 2) che il conduttore puo'
 cedere o affittare, totalmente  o  parzialmente,  anche  per  singole
 annate,  la  quota  latte  senza alienare l'azienda agricola, purche'
 l'azienda  del  produttore  acquirente  sia  ubicata  nella  medesima
 regione e si trovi nella stessa categoria di territorio.
   La  pretesa  fatta valere nel giudizio principale si fonda su di un
 contratto di affitto stipulato nel 1933, che obbligava il  conduttore
 a tenere nel fondo vacche lattifere, pena il risarcimento dei danni e
 la  risoluzione  del  contratto.  Da diversi anni l'affittuario aveva
 abbandonato l'allevamento di  bestiame,  nonostante  il  proprietario
 avesse ricostruito ed attrezzato, nel 1977, la stalla.
   Il  tribunale  di  Casale  Monferrato ritiene di dover liquidare il
 danno cagionato al proprietario del fondo per il  depauperamento  del
 bestiame  e, in caso di ripristino, per la perdita della quota latte,
 che viene assegnata sulla base della produzione nell'anno precedente.
 Lo stesso tribunale ritiene, tuttavia, che la disposizione denunciata
 avrebbe  attribuito  all'affittuario  la  facolta'   di   tenere   il
 comportamento  che  ha  causato  il danno, consentendogli di cedere o
 affittare, totalmente o parzialmente, la quota latte senza che  venga
 alienata l'azienda agricola, con l'effetto di privare il proprietario
 dell'effettiva  ricchezza del fondo. Ad avviso del giudice rimettente
 questa disciplina determinerebbe, in contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione,   una   irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
 proprietario e  conduttore;  violerebbe,  inoltre,  l'art.  42  della
 Costituzione, sottraendo al proprietario del fondo dato in affitto la
 facolta',  tipica  del diritto di proprieta', di sfruttare e disporre
 della   cosa   propria,    determinando    effetti    sostanzialmente
 espropriativi senza indennizzo; contrasterebbe, infine, con l'art. 44
 della  Costituzione,  che consente di imporre obblighi e vincoli alla
 proprieta' terriera privata solo al fine di conseguire  il  razionale
 sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, giacche'
 non  si  terrebbe  in  alcun  modo  conto  degli  investimenti che il
 proprietario del fondo ha  fatto  per  adibirlo  all'allevamento  del
 bestiame, mentre l'affittuario percepirebbe l'indennita' concessa per
 l'abbandono della produzione lattiera.
   2.  -  Si  e'  costituita  in giudizio la societa' proprietaria del
 fondo,  chiedendo  l'accoglimento  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale.
   L'inadempimento    dell'obbligo,   contrattualmente   assunto   dal
 conduttore del fondo, di mantenere un determinato  numero  di  vacche
 lattifere, rischierebbe di privare il proprietario della possibilita'
 di allevare, in futuro, bestiame da latte, per la perdita della quota
 di  produzione ammessa in attuazione della disciplina comunitaria. Ne
 deriverebbe un pregiudizio per il proprietario  del  fondo,  che  pur
 avendo  predisposto per l'allevamento apposite strutture, destinate a
 permanere nella sua titolarita' al termine del rapporto  di  affitto,
 verrebbe,   di   fatto,   privato  della  possibilita'  di  un  utile
 sfruttamento del fondo, giacche' la quota  latte  e'  determinata  in
 base alla produzione negli anni precedenti.
   La  parte  privata  ritiene  che  al  proprietario sia riservato un
 trattamento deteriore  rispetto  all'affittuario,  giacche'  verrebbe
 sacrificato, senza alcuna giustificazione, il suo diritto di godere e
 disporre    del   bene.   Inoltre   avrebbe   effetti   espropriativi
 l'attribuzione all'affittuario dell'intera  indennita'  concessa  per
 l'abbandono,   anche   senza  il  consenso  del  proprietario,  della
 produzione di  latte,  mentre  non  tener  conto  degli  investimenti
 effettuati  dal  proprietario  contrasterebbe  con  le  finalita'  di
 conseguire il razionale sfruttamento del suolo e  di  stabilire  equi
 rapporti  sociali,  le  sole  che  consentono di imporre vincoli alla
 proprieta'.
   3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
 dichiarata infondata.
   L'Avvocatura  ricorda  che la disciplina comunitaria del settore si
 basa sull'attribuzione individuale del  quantitativo  di  riferimento
 per la produzione di ciascuna azienda (regolamento CEE n. 3950 del 28
 dicembre  1992). La titolarita' della quota latte e' attribuita a chi
 esercita effettivamente l'attivita' produttiva, anche se  non  e'  il
 proprietario   del   fondo.   Il   produttore  e',  difatti,  l'unico
 destinatario della disciplina diretta ad eliminare lo squilibrio  tra
 domanda  ed  offerta  nel  settore lattiero; disciplina che impone il
 pagamento di una somma per la quantita' di prodotto  commercializzata
 in eccesso rispetto alla quota latte attribuita.
   La  legge  n.  468  del  1992, seguendo l'impostazione comunitaria,
 avrebbe  previsto  l'attribuzione  della  quota  latte   al   singolo
 produttore,  nella  qualita'  di  conduttore  dell'azienda  agricola.
 Essendo, tuttavia, riconosciuto alle  parti  il  potere  di  pattuire
 diversamente  rispetto  alla previsione legislativa la cui disciplina
 e'  da  intendere,  altrimenti,  da  loro   accettata   non   sarebbe
 configurabile   una  violazione  del  principio  di  eguaglianza  nel
 trattamento delle parti stesse e,  di  conseguenza,  verrebbero  meno
 anche  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale in riferimento agli
 artt. 42 e 44 della Costituzione.
   4. - In prossimita' dell'udienza la parte privata ha depositato una
 memoria per ribadire e precisare  gli  argomenti  svolti  a  sostegno
 della rilevanza e della fondatezza della questione.
   La memoria ribadisce, in particolare, che la disciplina legislativa
 denunciata,  prendendo  in  considerazione la titolarita' della quota
 latte indipendentemente dalla proprieta'  del  fondo,  determinerebbe
 una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  proprietari ed
 affittuari, giacche'  ignorerebbe  completamente  la  situazione  del
 conduttore che si avvalga di strutture predisposte dal proprietario e
 destinate  a permanere nella disponibilita' di quest'ultimo una volta
 cessato il rapporto di affitto.
   L'attribuzione   all'affittuario   dell'intera    indennita'    per
 l'abbandono della produzione lattiera dell'azienda, senza considerare
 in   alcun   modo   gli  investimenti  effettuati  dal  proprietario,
 determinerebbe un vincolo alla proprieta' terriera privata che non e'
 diretto, come invece richiede l'art. 44  della  Costituzione  perche'
 possa  essere  imposto,  a  conseguire  il razionale sfruttamento del
 suolo ed a stabilire equi rapporti sociali. La rinuncia  alla  futura
 utilizzazione   delle  strutture  produttive  esistenti  dipenderebbe
 esclusivamente dalla decisione di chi, come l'affittuario-gestore, se
 ne avvale solo in via temporanea. Sarebbe, in tal modo,  leso  l'equo
 contemperamento  di  rapporti, inteso come equilibrio sostanziale tra
 le  diverse  categorie  interessate,  giacche'   l'affittuario   puo'
 abbandonare  la  produzione  lattiera  senza  il consenso, anzi senza
 sentire  affatto  il  proprietario;  con  un  esito   sostanzialmente
 espropriativo,  in quanto le conseguenti limitazioni incidono in modo
 determinante sul godimento del bene da parte del proprietario.
   La disposizione denunciata  non  troverebbe  giustificazione  nella
 disciplina  comunitaria  che attribuisce al produttore la titolarita'
 della   quota   latte,   perche'   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  non  riguarderebbe  tale titolarita', ma il potere di
 disporne senza il consenso  del  proprietario,  conseguendo  il  solo
 conduttore  ogni  vantaggio  economico. Nella disciplina comunitaria,
 inoltre, le quote sarebbero sempre collegate all'azienda  e,  quindi,
 al  fondo  al  cui  trasferimento, salvo specifiche circostanze, sono
 legate.
   La  parte   privata   ritiene   che   l'incostituzionalita'   della
 disposizione  denunciata  non  sarebbe  evitata, come invece sostiene
 l'Avvocatura dello Stato, dalla possibilita' di  diverse  pattuizioni
 tra  le  parti,  proprio  perche'  il  problema  non riguarderebbe la
 titolarita' della quota, bensi' l'esercizio del  potere  di  disporne
 senza  il  consenso del proprietario, anche quando quest'ultimo abbia
 effettuato investimenti per predisporre le strutture necessarie  alla
 produzione.
   Ad  avviso  della  parte  privata, il contrasto con la Costituzione
 potrebbe essere risolto con il radicale annullamento  dei  primi  due
 commi  dell'art. 10 della legge n. 468 del 1992, oppure dichiarandone
 la illegittimita' costituzionale nella parte  in  cui  non  prevedono
 che,   per  gli  atti  di  disposizione  della  quota  da  parte  del
 conduttore, sia richiesto il  consenso  del  proprietario  che  abbia
 fornito le strutture necessarie per la produzione lattiera.
                        Considerato in diritto
   1.  -    La  questione  di  legittimita'  costituzionale investe la
 disposizione che nel  contesto  delle  misure  urgenti  adottate,  in
 applicazione   della   normativa  comunitaria,  per  disciplinare  la
 produzione del latte destinato alla commercializzazione prevede  che,
 fatte salve le diverse pattuizioni tra le parti, la titolarita' della
 quota  latte  spetta  al produttore, nella sua qualita' di conduttore
 dell'azienda agricola, e stabilisce, inoltre, che il conduttore  puo'
 cedere  o  affittare,  totalmente  o  parzialmente, anche per singole
 annate, la quota latte senza  alienare  l'azienda  agricola,  purche'
 vengano  rispettate le condizioni stabilite dalla stessa disposizione
 (art. 10, rispettivamente commi 1 e 2, della legge 26 novembre  1992,
 n. 468).
   Il  tribunale  di Casale Monferrato - sezione agraria, nel corso di
 un giudizio promosso dal proprietario di un fondo rustico, attrezzato
 per l'allevamento di bestiame da latte, per ottenere il  risarcimento
 del    danno    derivante    dalla   perdita,   per   responsabilita'
 dell'affittuario,  del  diritto  alla  assegnazione  della  quota  di
 produzione  del  latte  per  la  commercializzazione, ha ritenuto che
 l'attribuzione al conduttore del potere  di  cedere  o  affittare  la
 quota  latte privi il proprietario dell'effettiva ricchezza del fondo
 e determini: a)  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
 proprietario   e   conduttore,   in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione;  b)  un  effetto  espropriativo  senza  indennizzo,  in
 violazione  dell'art.  42  della  Costituzione,  venendo sottratta al
 proprietario una facolta' di godimento e di utilizzazione del  fondo;
 c)  un  contrasto  con  le  finalita',  indicate  dall'art.  44 della
 Costituzione, di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e  di
 stabilire  equi  rapporti sociali, giacche' sarebbero privilegiate le
 scelte transeunti dell'affittuario, cui  e'  attribuita  l'indennita'
 concessa  per  l'abbandono  della  produzione  di  latte,  mentre non
 sarebbero considerati gli investimenti  effettuati  dal  proprietario
 per attrezzare il fondo per l'allevamento di bestiame lattifero.
   2.  -  La  questione  non  e'  fondata,  non  essendo condivisibile
 l'interpretazione  posta  a   base   del   dubbio   di   legittimita'
 costituzionale.
   L'attribuzione  della  titolarita'  della quota latte al conduttore
 dell'azienda agricola  e'  prevista  nel  contesto  delle  norme  che
 disciplinano    la    produzione    del    latte    destinato    alla
 commercializzazione, per contenerla nei limiti quantitativi stabiliti
 in sede comunitaria. Il meccanismo di  limitazione  della  produzione
 opera  mediante l'assegnazionea ciascun produttore di un quantitativo
 di riferimento della produzione annuale, superato il  quale  egli  e'
 tenuto al pagamento di una somma, a titolo di prelievo supplementare,
 rapportata  alla quantita' eccedente la quota latte assegnata. In tal
 modo viene sanzionata sul piano economico,  ed  e'  quindi  resa  non
 conveniente, la produzione che eccede il quantitativo predeterminato.
 Le   esigenze   di   ristrutturazione   del  settore  possono  essere
 perseguite, ma con modalita' tali da  non  determinare  eccedenze  di
 produzione:  agli  operatori e' attribuita la facolta', a determinate
 condizioni, di trasferire  indipendentemente  dall'azienda  la  quota
 latte ad altri produttori.
   Il  sistema  di contenimento della produzione nei limiti prefissati
 ha, come punto centrale di  riferimento,  il  produttore:  a  lui  e'
 assegnata  la  quota  di  produzione;  egli  e'  soggetto al prelievo
 supplementare, per la produzione eccedente tale quota; lo stesso  e',
 quale  titolare  della  quota  latte,  legittimato  a  cederla  o  ad
 affittarla, totalmente o parzialmente.
   Il produttore, individuato nel conduttore dell'azienda agricola, e'
 dunque l'unico destinatario della disciplina dei limiti  quantitativi
 posti  alla  produzione ed e' il solo responsabile degli obblighi che
 ne derivano. In conformita' all'impostazione delle norme comunitarie,
 e' considerato produttore l'imprenditore agricolo,  indipendentemente
 dal  titolo  che  e'  alla base della conduzione del fondo e, quindi,
 senza  che  rilevi  sul  piano  esterno,   della   disciplina   della
 produzione,   il  rapporto  interno  tra  imprenditore-affittuario  e
 proprietario.  La disciplina considerata non e', dunque, destinata  a
 dettare  una  nuova,  seppur parziale, regolamentazione dei contratti
 agrari e non altera i reciproci poteri  e  doveri  intercorrenti  tra
 proprietario  ed  affittuario,  il  quale  ultimo e' responsabile nei
 confronti del primo per l'eventuale inadempimento. L'affittuario puo'
 prendere tutte le iniziative richieste dalla razionale  utilizzazione
 del  fondo; puo' apportare miglioramenti e procedere a trasformazioni
 coerenti con i programmi regionali di sviluppo  o  con  la  vocazione
 colturale  della zona; risponde, tuttavia, oltre che della violazione
 delle pattuizioni  contrattuali,  dell'eventuale  depauperamento  del
 fondo,   quale  potrebbe,  in  ipotesi,  derivare  dalla  dismissione
 dell'allevamento che vada oltre il periodo della gestione  attribuita
 all'affittuario,  ovvero quando l'allevamento stesso, con la relativa
 assegnazione della quota latte,  non  sia  ripristinato  prima  della
 estinzione  del  rapporto  e  della  riconsegna  del  fondo. Inoltre,
 ricorrendone le condizioni, l'inadempimento potra' dare  titolo  alla
 risoluzione del rapporto.
   In   definitiva,   la  disposizione  denunciata,  regolamentando  i
 quantitativi di produzione e la legittimazione a compiere gli atti ad
 essa relativi, non tocca il rapporto tra proprietario ed  affittuario
 del  fondo  rustico  e  non  determina,  pertanto, gli effetti lesivi
 ipotizzati nell'ordinanza di rimessione.