ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 53  del  codice
 di  procedura civile promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1997
 dal Tribunale di Lecce nel procedimento civile vertente tra Di Napoli
 Luigi ed altri e la BancaPopolare Pugliese iscritta  al  n.  198  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Udito nella camera di  consiglio  dell'11  marzo  1998  il  giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
   Ritenuto  che il Tribunale di Lecce, dovendo giudicare sull'istanza
 di ricusazione di un giudice istruttore  dell'ufficio,  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
 3 e 107, terzo comma, della  Costituzione,  dell'art.  53  codice  di
 procedura  civile,  nella  parte  in  cui  tale  norma  prevede che a
 decidere sulla ricusazione di un giudice del tribunale sia sempre  il
 collegio,  anche  se  l'istanza  e'  stata  proposta  in  un giudizio
 affidato alla decisione del giudice istruttore in funzione di giudice
 unico;
     che la norma impugnata, mentre prevede che sulla  ricusazione  di
 un  pretore  sia  chiamato  a  decidere  il presidente del tribunale,
 stabilisce che sulla ricusazione di un giudice  del  tribunale  debba
 decidere il collegio;
     che  siffatta  previsione  pare  al giudice a quo irrazionale, in
 quanto in contrasto con il nuovo rito processuale  civile,  il  quale
 affida  il  giudizio  davanti  al  tribunale, nella maggior parte dei
 casi, ad un giudice monocratico;
     che l'obbligo di decisione collegiale sulla ricusazione, inoltre,
 violerebbe  anche  l'art.  107,  terzo  comma,  Cost., perche' l'art.
 21-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito in legge, con
 modifiche, dalla legge 7  agosto  1992,  n.  356,  ha  introdotto  il
 principio  della reversibilita' delle funzioni tra magistrati, mentre
 l'art. 53 cod.    proc.  civ.  configura  una  sorta  di  distinzione
 gerarchica  tra  i  magistrati,  inaccettabile  dal  punto  di  vista
 costituzionale;
     che il giudice rimettente ha osservato, sotto  il  profilo  della
 rilevanza, che, in caso di accoglimento della questione, la decisione
 sull'istanza di ricusazione dovra' essere affidata al solo presidente
 anziche' al collegio;
     che  nel  giudizio  non  si sono costituite parti private, ne' ha
 prestato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
   Considerato che questa Corte ha in molteplici  occasioni  affermato
 che  il  legislatore  gode  della  piu'  ampia  discrezionalita'  nel
 regolare gli istituti processuali, col solo limite del  principio  di
 ragionevolezza  (v.,  ex plurimis sentenze n. 31 del 1998, n. 451 del
 1997, n. 295 del 1995, nonche' ordinanze n. 424 e n. 7 del 1997);
     che  siffatto  criterio  e'  stato  specificamente  ribadito   in
 relazione  alla  ripartizione  tra i diversi giudici della competenza
 per  materia  e  per   territorio,   non   potendosi   ritenere   che
 l'attribuzione   all'uno   o   all'altro  ufficio  giudiziario  della
 decisione di determinati affari si traduca in  un'irrazionalita'  del
 sistema  od  in  una  disparita'  di trattamento tra cittadini (v. la
 citata ordinanza n. 424 del 1997);
     che il complessivo tenore  della  riforma  del  processo  civile,
 introdotta con la legge n. 353 del 1990 e completata con l'attuazione
 della  delega di cui alla legge 16 luglio 1997, n. 254, dimostra come
 il legislatore abbia perseguito il tendenziale obiettivo di  affidare
 la decisione di primo grado ad un giudice unico;
     che  sotto  questo profilo aver mantenuto la decisione collegiale
 del  tribunale  sulle  istanze  di  ricusazione  dei  magistrati   di
 quell'ufficio non viola in alcun modo il principio di ragionevolezza,
 in  considerazione  sia  della  permanente diversita' tra il processo
 celebrato davanti al pretore rispetto a quello celebrato  davanti  al
 tribunale, sia delle garanzie offerte dalla decisione collegiale, non
 inferiore a quella del presidente;
     che,  come  gia'  rilevato  in precedenti provvedimenti di questa
 Corte (v. le ordinanze n. 424  e  n.  63    del  1997),  va  ribadita
 l'estraneita' dell'invocato art. 107, terzo comma, della Costituzione
 rispetto  alle norme sulla ripartizione della competenza, trattandosi
 di parametro relativo allo status dei giudici;
     che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.