ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma  5,
 della  legge  della  regione  Emilia-Romagna  16  marzo  1995,  n. 13
 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 14 marzo 1984, n.  12,
 in  materia  di  assegnazione,  gestione,  decadenza e disciplina dei
 canoni degli alloggi di  edilizia  pubblica,  come  modificata  dalla
 legge  regionale  2 dicembre 1988, n. 50, e ulteriori modificazioni),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  29  gennaio 1997 dal pretore di
 Rimini, nel procedimento civile vertente tra Luigia Makuc e il comune
 di  Rimini,  iscritta  al  n.  205  del  registro  ordinanze  1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 17, prima
 serie speciale, dell'anno 1997;
   Udito nella camera di consiglio del  28  gennaio  1998  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti;
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Il pretore di Rimini, nel procedimento di opposizione avverso
 il provvedimento del sindaco di detta citta',  che  aveva  dichiarato
 decaduto  dall'assegnazione  di  un alloggio di edilizia residenziale
 pubblica il beneficiario della medesima, in  quanto  non  lo  avrebbe
 abitato  stabilmente,  con  ordinanza  del  28  gennaio 1997, solleva
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5, della
 legge della regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13 (Modifiche  e
 integrazioni alla legge regionale 14 marzo 1984, n. 12, in materia di
 assegnazione,  gestione,  decadenza  e  disciplina  dei  canoni degli
 alloggi di edilizia pubblica, come modificata dalla legge regionale 2
 dicembre 1988, n. 50, e ulteriori modificazioni), nella parte in  cui
 stabilisce  che  "contro  il  provvedimento del sindaco si applica la
 procedura prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 11 del d.P.R.  30
 dicembre  1972,  n.  1035"  in riferimento agli artt. 108 e 117 della
 Costituzione.
   2.   -   Nel   giudizio    pretorile,    la    parte    ricorrente,
 pregiudizialmente,  ha  sostenuto la giurisdizione del giudice adito,
 sul rilievo che il provvedimento impugnato inciderebbe su un  proprio
 diritto soggettivo.
   Il comune di Rimini, in persona del sindaco pro-tempore ha, invece,
 eccepito  il difetto di giurisdizione, deducendo che, a seguito della
 dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 23 della  legge  della
 regione  Emilia-Romagna  14  marzo  1984,  n. 12 (sentenza n. 727 del
 1988), mancherebbe la norma attributiva della potestas  judicandi  al
 pretore. In contrario, a suo avviso, neppure potrebbe essere invocato
 l'art.  11,  tredicesimo  comma, del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035
 dato che la disposizione disciplina una fattispecie diversa da quella
 oggetto del giudizio ed e' inapplicabile per analogia, in  quanto  ha
 natura di norma eccezionale.
   3.  -  Il pretore di Rimini, nell'ordinanza di rimessione, premette
 che proprio la norma denunziata radica  la  sua  giurisdizione  sulla
 controversia  ed esplicita le argomentazioni che inducono a ritenerne
 l'applicabilita', nonostante la legge regionale che la reca sia stata
 emanata successivamente al  deposito  del  ricorso,  e  quindi  fanno
 ritenere rilevante la questione di legittimita' costituzionale.
   In  ordine  alla  non manifesta infondatezza, il giudice rimettente
 osserva che l'art. 11, tredicesimo comma, del decreto del  Presidente
 della  Repubblica  n.  1035  del  1972,  stabilisce che l'opposizione
 avverso il provvedimento di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio
 di   edilizia   residenziale   pubblica   adottato   dal   presidente
 dell'Istituto  autonomo case popolari deve essere proposta innanzi al
 pretore del circondario in cui e' ubicato l'immobile.
   La norma regionale impugnata, stabilendo analogo  principio  per  i
 provvedimenti di decadenza adottati dal sindaco, violerebbe gli artt.
 108  e  117  della  Costituzione, dato che la regione non ha potesta'
 legislativa   nella   materia    della    giurisdizione,    che    e'
 inderogabilmente  riservata  al  legislatore  statale. Inoltre, a suo
 avviso, la violazione di entrambi i parametri costituzionali  neppure
 e' esclusa dalla circostanza che la disposizione censurata stabilisce
 la  giurisdizione  del  pretore  attraverso  il  richiamo della norma
 statale.
   4. - Le parti del processo principale non si  sono  costituite;  la
 regione Emilia-Romagna non ha spiegato intervento.
                         Considerato in diritto
   1.   -   La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata
 dall'ordinanza in epigrafe investe l'art. 22, comma  5,  della  legge
 della regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13, nella parte in cui
 prevede  che  contro  il  provvedimento  del  sindaco  che dispone la
 decadenza dall'alloggio di edilizia residenziale pubblica "si applica
 la procedura prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 11 del  d.P.R.
 30  dicembre  1972,  n.  1035",  che,  a sua volta, stabilisce che il
 suddetto provvedimento e' impugnabile innanzi "al pretore  del  luogo
 nel cui mandamento" e' situato l'alloggio.
   Secondo  il  giudice    a  quo  la  norma regionale impugnata - che
 peraltro riproduce l'art. 23 della legge della regione Emilia-Romagna
 14 marzo 1984, n. 12, gia' dichiarato, con sentenza n. 727 del  1988,
 costituzionalmente   illegittimo   -  richiamando  il  dettato  della
 disposizione  statale,  intende  "legiferare  in  materia  di  tutela
 giurisdizionale  di  diritti  ed interessi legittimi", violando cosi'
 gli artt. 108 e 117 della Costituzione, in  quanto  non  rientrerebbe
 nelle    competenze    regionali    la   disciplina   della   materia
 giurisdizionale, riservata alla legge dello Stato.
   2. - La questione e' fondata.
   Secondo la costante e consolidata giurisprudenza di  questa  Corte,
 concernente  proprio  disposizioni molto spesso identiche a quella in
 esame, il legislatore regionale non puo' emanare norme che  prevedano
 rimedi  giurisdizionali,  ovvero  dispongano  in  ordine  a  poteri o
 facolta' dell'autorita'  giudiziaria,  in  quanto  l'art.  108  della
 Costituzione   riserva   la  materia  della  giurisdizione  e  quella
 processuale alla competenza del  legislatore  statale  (tra  le  piu'
 recenti,  le  sentenze nn. 390 del 1996, 76 e 459 del 1995, 303 e 457
 del 1994, 210 del 1993). La violazione  di  tale  parametro,  d'altra
 parte,  non  puo' neppure essere esclusa, secondo quanto affermato da
 questa Corte in fattispecie identica a quella ora  in  esame,  "sulla
 base  del  rilievo  che la norma regionale impugnata si e' limitata a
 fare rinvio alla normativa statale contenuta nell'art. 11, comma  13,
 del  d.P.R.  30 dicembre 1972, n.  1035, perche' le regioni in nessun
 caso possono emanare leggi in materie soggette  a  riserva  di  legge
 statale,  comportando  cio'  un'indebita novazione della fonte con la
 forza e le conseguenze che ne derivano" (sentenza n.  457  del  1994,
 nonche' sentenze nn. 210 del 1993, 203 e 615 del 1987).
   Nel  quadro  di  tali  principi, pertanto, la norma censurata viola
 l'art. 108 della Costituzione, disciplinando una materia, che  e'  al
 di  fuori  delle  competenze  regionali  fissate  dall'art. 117 della
 Costituzione.