ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22,  comma  36,
 della  legge  23  dicembre  1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione
 della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il  14  maggio
 1997  dal  pretore  di  Rovigo sui ricorsi riuniti proposti da Pavani
 Iros contro la Pozzati Verniciature S.r.l. iscritta  al  n.  460  del
 registro  ordinanze  1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice
 relatore Annibale Marini;
   Ritenuto che  nel  corso  di  un  giudizio  avente  ad  oggetto  il
 pagamento  della  retribuzione  e il trattamento di fine rapporto, il
 pretore di Rovigo, in funzione di giudice del lavoro,  con  ordinanza
 del  14  maggio  1997 ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 36
 della  Costituzione  -  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure
 di razionalizzazione della finanza pubblica);
     che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, la norma censurata avrebbe
 introdotto "per gli emolumenti di natura retributiva ... spettanti ai
 dipendenti privati" la regola della non cumulabilita' degli interessi
 legali  con  la  rivalutazione   monetaria   e   avrebbe,   pertanto,
 tacitamente abrogato l'art. 429, terzo comma, del codice di procedura
 civile;
     che  la  disposizione  denunciata comporterebbe una disparita' di
 trattamento tra i  lavoratori  subordinati  e  gli  altri  lavoratori
 compresi  nell'elenco  di cui all'art. 409, nn. 2 e 3, del cod. proc.
 civ. ai quali si continuerebbe ad applicare, diversamente dai  primi,
 la   opposta   regola  della  cumulabilita'  di  interessi  legali  e
 rivalutazione monetaria;
     che sarebbe altresi' violato l'art. 3 della  Costituzione,  anche
 sotto  il  profilo  del  principio  di  ragionevolezza,  in quanto si
 discriminerebbero i crediti di natura retributiva, esclusi dal cumulo
 di interessi e rivalutazione,  rispetto  ai  crediti  di  natura  non
 retributiva quali, ad esempio, rimborsi spese, indennita', premi, per
 i quali il cumulo continuerebbe ad operare;
     che la disposizione censurata violerebbe, infine, l'art. 36 della
 Costituzione,  in  quanto  il  cumulo  di  interessi  e rivalutazione
 risponderebbe a precise finalita' protettive del lavoratore  e  della
 sua  famiglia  compensando  il  lavoratore  del  danno  derivante dal
 ritardo nel pagamento della retribuzione e dal  diminuito  potere  di
 acquisto della moneta;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri chiedendo che la questione venga  dichiarata  manifestamente
 infondata;
   Considerato che la questione di costituzionalita' risulta sollevata
 muovendo  dalla  asserita  applicabilita'  della  norma  censurata al
 rapporto di lavoro privato e cioe'  da  una  premessa  interpretativa
 tutt'altro che pacifica in dottrina ed in giurisprudenza;
     che per giurisprudenza di questa Corte, in linea di principio, le
 leggi  non  si  dichiarano  costituzionalmente illegittime perche' e'
 possibile darne interpretazioni incostituzionali (e  qualche  giudice
 ritenga  di  darne),  ma perche' e' impossibile darne interpretazioni
 costituzionali (sentenza n. 356 del 1996);
     che il giudice a quo, in assenza  di  un  diritto  c.d.  vivente,
 avrebbe  dovuto  necessariamente porsi il problema della possibilita'
 di una lettura conforme a Costituzione alternativa a  quella  accolta
 nell'ordinanza   di   rimessione,   e   solo  successivamente,  nella
 constatata impossibilita' di pervenire a  siffatta  diversa  lettura,
 avrebbe  potuto sollevare la questione di costituzionalita' (sentenza
 n. 307 del 1996);
     che il giudice a quo non solo  non  prospetta  possibili  letture
 alternative  della  disposizione  denunciata, ma si astiene anche dal
 motivare in ordine alla scelta interpretativa operata;
     che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.