ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della regione Veneto notificato  il
 2 ottobre 1996 depositato in cancelleria l'8 successivo per conflitto
 di  attribuzione  sorto  a  seguito della circolare del Ministero dei
 beni culturali e ambientali - Ufficio centrale per i beni  ambientali
 e  paesaggistici  -  prot.  n. 24450/G2 del 22 luglio 1996, avente ad
 oggetto: "Legge 23 dicembre 1994, n. 724 - art. 39 del  decreto-legge
 25  novembre  1995,  n.  498 - decreto-legge 24 gennaio 1996, n. 30 -
 decreto-legge 25 maggio 1996, n. 285 (Misure urgenti per il  rilancio
 economico  ed  occupazionale  dei  lavori  pubblici  e  dell'edilizia
 privata).  Procedure applicative", iscritto al  n.  26  del  registro
 conflitti 1996.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  25  novembre  1997  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Uditi l'avvocato Fabio Lorenzoni per la regione Veneto e l'avvocato
 dello  Stato  Carlo  Salimei  per  il  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 2 ottobre  1996,  e  depositato  l'8
 ottobre   1996,   la   regione   Veneto  ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione nei confronti dello Stato in  relazione  alla  circolare
 del  Ministero dei beni culturali e ambientali - Ufficio centrale per
 i  beni  ambientali e paesaggistici - prot. n. 24450/G2 del 22 luglio
 1996, pervenuta alla regione ricorrente in data 5  agosto  1996,  con
 nota del commissario di Governo prot. n. 3375/3108 del 2 agosto 1996.
   Con  la  predetta  circolare,  avente ad oggetto "Legge 23 dicembre
 1994, n. 724 - art. 39 - decreto-legge 25 novembre  1995,  n.  498  -
 decreto-legge  24 gennaio 1996, n. 30 - decreto-legge 25 maggio 1996,
 n. 285 (Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei
 lavori pubblici e dell'edilizia privata). Procedure applicative", cui
 era allegato il parere di analogo contenuto dell'Avvocatura  generale
 dello Stato, espresso con nota n. 45938 in data 19 aprile 1996, fatto
 proprio  dallo stesso Ministero, quest'ultimo riteneva necessario che
 le regioni impartissero le opportune disposizioni affinche' venissero
 trasmesse alle Soprintendenze per i beni ambientali ed architettonici
 territorialmente  competenti  tutte  le   pratiche   concernenti   le
 richieste di autorizzazione ai fini ambientali ai sensi dell'art. 32,
 secondo  comma, della legge n. 47 del 1985, come modificato dal d.-l.
 n. 388 del 1996, tacitamente assentite  dalle  regioni  stesse,  onde
 consentire  l'esercizio  del  potere  di annullamento ministeriale ex
 art. 82, nono comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.
   La  ricorrente  eccepisce  preliminarmente  l'illegittimita'  della
 procedura  con  la  quale  e'  stata  emanata la circolare impugnata,
 rilevando che, ai sensi del combinato  disposto  dell'art.  4,  terzo
 comma,  del d.P.R. n. 616 del 1977 e dell'art. 2, comma 3, lettera e)
 della legge n. 400 del 1988, le direttive  da  impartire  tramite  il
 commissario  di Governo per l'esercizio delle funzioni amministrative
 delegate alle regioni devono  essere  deliberate  dal  Consiglio  dei
 Ministri.
   Al  riguardo,  si  evidenzia nel ricorso che le disposizioni di cui
 alla legge  n.  400  del  1988  andrebbero  configurate  quali  norme
 interposte,  nel  senso  che  gli  adempimenti  formali  ivi previsti
 costituirebbero  la  esplicitazione   legislativa   delle   procedure
 attuative del riparto di competenza di cui agli artt. 117 e 118 della
 Costituzione.
   La   regione  Veneto  censura,  poi,  l'estensione  effettuata  con
 circolare, anziche' con legge, del potere di  annullamento,  previsto
 dall'art.    82,  nono  comma,  del  d.P.R.  n. 616 del 1977, ai casi
 disciplinati dall'art. 32, secondo comma, della legge n. 47 del 1985,
 introdotti  con  d.-l.  n.  388  del  1996,   fuori   della   ipotesi
 espressamente prevista dall'art. 12 della legge n. 68 del 1988.
   Rileva, in proposito, la ricorrente che l'art. 82 del citato d.P.R.
 n.   616,  nel  delegare  alle  regioni  le  funzioni  amministrative
 esercitate dagli organi centrali e  periferici  dello  Stato  per  la
 protezione  delle  bellezze naturali, non ha previsto il mantenimento
 in capo al Ministero per i beni culturali ed ambientali di un  potere
 di  annullamento,  da  considerarsi  eccezionale, atteso che l'art. 5
 dello stesso d.P.R.   prevede che  gli  atti  emanati  nell'esercizio
 delle  funzioni  delegate  e  subdelegate  sono  definitivi.  Con  la
 circolare impugnata il Ministero pretenderebbe, osserva  la  regione,
 di   estendere   il   potere   di   annullamento  dell'autorizzazione
 paesaggistica regionale ai provvedimenti di silenzio-assenso previsti
 dalle procedure di condono di cui all'art. 32, secondo  comma,  della
 legge  n.  47  del  1985,  come modificato dal d.-l. n. 388 del 1996,
 incidendo negativamente,  attraverso  una  circolare,  su  competenze
 delegate alle regioni con legge.
   Tale    lesione    di    competenze   assegnate   mediante   delega
 determinerebbe, tanto piu' in una materia strettamente connessa, come
 riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 379
 del 1994,  con  quella  urbanistica,  trasferita  alle  regioni,  una
 violazione costituzionalmente rilevante delle attribuzioni regionali,
 donde la legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione.
   Nel  ricorso  si  pone,  altresi',  l'accento  sulla equiparazione,
 operata  dalla  circolare  al  fine  dell'esercizio  del  potere   di
 annullamento,  dell'istituto  del  silenzio-assenso  al provvedimento
 formalmente rilasciato dall'ente delegato, equiparazione che potrebbe
 operare, ad avviso della regione Veneto, solo a fini di impugnativa.
   In  tal  modo,  anziche'  aversi  il  semplice  espletamento  della
 potesta'  concorrente  in  materia,  si  avrebbe  una duplicazione di
 attivita', contraria sia al principio  di  leale  collaborazione  tra
 Stato  e  regioni,  sia  al  necessario  coordinamento  tra  potesta'
 concorrenti.
   Del resto, l'estensione del potere di annullamento di cui si tratta
 non sarebbe - sempre secondo la regione - conforme al dettato di  cui
 all'art. 20 della legge n. 241 del 1990.
   Tale  norma  riguarderebbe,  infatti,  l'annullamento  come  potere
 esercitato in via di autotutela ed  a  tempo  indeterminato,  mentre,
 nell'ipotesi  di  cui  all'art. 82, nono comma, del d.P.R. n. 616 del
 1977 il potere ministeriale di annullamento va esercitato  nel  breve
 arco  temporale di sessanta giorni, sicche' non sarebbe qualificabile
 come atto di  autotutela  amministrativa,  bensi'  come  annullamento
 eccezionale  previsto  in via straordinaria da una norma di legge, e,
 come tale, non applicabile in via analogica.
   Infine, si osserva nel  ricorso  che  la  procedura  oggetto  della
 direttiva  ministeriale  creerebbe,  in contrasto con l'art. 24 della
 Costituzione,  il   problema   della   individuazione   del   giudice
 amministrativo  di  fronte  al  quale  impugnare l'eventuale silenzio
 ministeriale sull'istanza trasferita dall'autorita' delegata.
   In tal caso,  infatti,  i  controinteressati  si  troverebbero  nel
 dubbio  se  impugnare  il  silenzio  dell'autorita' delegata o quello
 successivo   ministeriale,   con   conseguente    incertezza    sulla
 giurisdizione.
   2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituito il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri con patrocinio dell'Avvocatura generale
 dello  Stato,  che  ha  concluso  per  la   inammissibilita'   o   la
 infondatezza del ricorso.
   Si  osserva  anzitutto  nell'atto  di costituzione che la circolare
 impugnata non costituisce  un  atto  di  indirizzo  e  coordinamento,
 limitandosi  a  chiarire la estensione del potere di annullamento che
 la legge attribuisce allo  Stato.  Ne'  l'interpretazione  che  della
 legge  fornisce  la circolare discenderebbe, secondo l'Avvocatura, da
 un procedimento analogico, non versandosi in una fattispecie priva di
 disciplina.  Ed infatti, si sottolinea nell'atto di costituzione,  e'
 la  legge  ad  assegnare  il  valore di parere favorevole al silenzio
 serbato dalla regione  e  ad  attribuire  allo  Stato  il  potere  di
 annullamento dei pareri favorevoli.
   Pretestuosa  sarebbe,  infine, l'argomentazione secondo la quale il
 potere di annullamento in ordine al  silenzio-assenso  finirebbe  per
 comportare  un  riesame  dell'intera questione piuttosto che del solo
 provvedimento, atteso che, come gia' sottolineato,  e'  la  legge  ad
 assegnare  il  valore  di  provvedimento  positivo  al  comportamento
 costituito dalla mancata emanazione di un espresso atto di assenso  o
 di diniego.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  regione Veneto ricorre per conflitto di attribuzione nei
 confronti dello Stato avverso la circolare  del  Ministero  dei  beni
 culturali  ed  ambientali,  Ufficio  centrale per i beni ambientali e
 paesaggistici, (prot. n. 24450/G2 del  22  luglio  1996),  avente  ad
 oggetto:  "Legge 23 dicembre 1994, n. 724. Art. 39 - decreto-legge 25
 novembre 1995, n. 498 -  decreto-legge  24  gennaio  1996,  n.  30  -
 decreto-legge  25 maggio 1996, n. 285 (Misure urgenti per il rilancio
 economico  ed  occupazionale  dei  lavori  pubblici  e  dell'edilizia
 privata).  Procedure applicative", la quale afferma la necessita' che
 le  regioni  impartiscano le opportune disposizioni affinche' vengano
 trasmesse alle Soprintendenze per i beni ambientali ed architettonici
 competenti per territorio le istanze di autorizzazione ambientale  ai
 sensi  dell'art.    32,  secondo  comma,  della legge n. 47 del 1985,
 tacitamente assentite dalle regioni stesse,  al  fine  di  consentire
 l'esercizio  del  potere di annullamento ministeriale di cui all'art.
 82, nono comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.
   Secondo la regione, la suindicata circolare violerebbe  la  propria
 sfera   di   attribuzioni   costituzionalmente  garantita,  ponendosi
 anzitutto in contrasto con gli artt. 117 e  118  della  Costituzione,
 nonche' con le norme interposte di cui agli artt. 4, terzo comma, del
 d.P.R.   n. 616 del 1977 e 2, comma 3, lettera e), della legge n. 400
 del 1988, il cui combinato  disposto  prevede  che  le  direttive  da
 impartire  tramite  il  commissario  di Governo per l'esercizio delle
 funzioni delegate alle regioni siano  deliberate  dal  Consiglio  dei
 Ministri.    La  normativa  impugnata,  poi, sempre in violazione del
 riparto di competenze tra Stato e regioni, estenderebbe il potere  di
 annullamento    dell'autorizzazione    paesaggistica   regionale   ai
 provvedimenti di silenzio-assenso previsti dalle procedure di condono
 edilizio di cui all'art. 32, secondo comma, della  legge  n.  47  del
 1985, come modificato dal d.-l.  n. 388 del 1996, fuori della ipotesi
 espressamente prevista dall'art.  12 della legge n. 68 del 1988. Cio'
 in  difformita'  anche dal disposto di cui all'art. 20 della legge n.
 241 del 1990, non trattandosi di  un  potere  esercitato  in  via  di
 autotutela  ed  a tempo indeterminato, ma di un potere da esercitarsi
 in  un  breve  arco   temporale   (sessanta   giorni),   e,   quindi,
 qualificabile   come   annullamento   eccezionale   previsto  in  via
 straordinaria da una legge, e, come  tale,  non  applicabile  in  via
 analogica.
   La  circolare  in  questione,  inoltre,  violerebbe il principio di
 leale collaborazione tra Stato e regioni, in quanto determinerebbe il
 completo riesame della  istanza  di  autorizzazione  ambientale  gia'
 rivolta  dal privato alla regione, non configurandosi il riconosciuto
 potere ministeriale di annullamento come potere di caducazione di  un
 provvedimento  conclusivo  di una istruttoria gia' compiuta dall'ente
 delegato.
   Infine, sarebbe  violato  l'art.  24  della  Costituzione,  per  la
 incertezza  sulla  giurisdizione  che nascerebbe, in caso di silenzio
 ministeriale, dal dubbio se l'eventuale impugnazione debba riguardare
 l'inerzia   dell'autorita'   delegata   ovvero   quella    successiva
 ministeriale.
   2.   -   Il   ricorso   deve   ritenersi   ammissibile  in  quanto,
 indipendentemente  dal  problema  della  difendibilita'  in  sede  di
 conflitto  delle  funzioni  regionali  delegate,  certamente esistono
 attribuzioni della regione ricorrente nella materia  della  circolare
 impugnata  alla  luce dei principi affermati dalla Corte con sentenza
 n. 302 del 1988. Infatti la tutela del  paesaggio  e  delle  bellezze
 naturali,  per di piu' in occasione di sanatoria-condono edilizio, e'
 affidata ad un sistema di intervento pubblico basato su  un  concorso
 di  competenze  statali e regionali, in una attuazione legislativa di
 equilibri diversi, con l'osservanza in ogni caso del principio di una
 equilibrata concorrenza e  cooperazione  tra  le  due  competenze  in
 relazione  ai  momenti  fondamentali  della  disciplina  stabilita  a
 protezione del paesaggio (sentenza n.  302 del 1988).
   3. - Nel merito, il ricorso e' infondato.
   3.1. - Il primo motivo di  ricorso  attinente  alla  procedura  per
 l'emanazione  dell'atto  impugnato  e' privo di fondamento, in quanto
 parte dall'errato presupposto che la circolare del Ministero dei beni
 culturali e ambientali 22 luglio 1996 abbia il contenuto di  un  atto
 di  indirizzo  e  coordinamento,  e  cioe'  costituisca esercizio del
 potere dello Stato  di  porre  vincoli  all'attivita'  amministrativa
 delle  regioni  a  tutela  delle  esigenze  di carattere unitario. La
 circolare si  e'  invece  limitata  a  fornire,  in  uno  spirito  di
 collaborazione, l'interpretazione che alla legge aveva dato un parere
 dell'Avvocatura  generale dello Stato con conseguenti precisazioni in
 ordine alle procedure applicative, in caso di  condono  edilizio  per
 abusi  ricadenti in zona vincolata ai fini paesistico-ambientali, per
 quanto riguarda il potere attribuito al Ministero di annullamento dei
 pareri favorevoli rilasciati dalle regioni.
   Il parere, richiamato nella circolare, non coinvolge il contenuto e
 i modi di esercizio dell'attivita' amministrativa in materia delegata
 alla regione, ma riguarda il potere di annullamento  attribuito  allo
 Stato  e  il  suo ambito nelle diverse ipotesi di silenzio regionale,
 senza  alcun  vincolo  innovativo  per   l'attivita'   amministrativa
 regionale.
   Dal   predetto   parere   il  Ministero  ha  tratto  argomento  per
 sottolineare,  con  la  predetta  circolare,  la  necessita'  che  le
 regioni,  in  caso  di silenzio-assenso (suscettibile di formarsi per
 abusi  di  carattere  minore,  cioe'  non  comportanti   aumento   di
 superficie  e  di volume), trasmettano alle Soprintendenze per i beni
 ambientali e architettonici competenti  tutte  le  istanze  relative,
 corredate  dalla  documentazione,  di  fronte  al riconosciuto potere
 ministeriale di annullamento, e ha dichiarato di rimanere  in  attesa
 di notizie sulle disposizioni che i presidenti delle regioni vorranno
 impartire.
   Pertanto  deve  escludersi  la  necessita' della speciale procedura
 propria  degli  atti  di  indirizzo  e  coordinamento  ai  sensi  del
 combinato  disposto  dell'art.  4, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del
 1977 e dell'art.  2, comma 3, lettera e),  della  legge  n.  400  del
 1988.
   3.2. - Egualmente infondati sono gli altri profili di ricorso.
   In  ordine  alle  procedure  ed  attribuzioni delle regioni e dello
 Stato nelle diverse ipotesi di sanatoria-condono edilizio relative  a
 opere   in   zona  sottoposta  a  vincolo  paesistico-ambientale,  va
 affermato un potere autonomo del Ministro  per  i  beni  culturali  e
 ambientali,   da   esercitarsi  con  l'osservanza  del  principio  di
 equilibrata concorrenza e cooperazione  delle  competenze  statali  e
 regionali.  Come  la regione non puo' rimanere estromessa del tutto o
 essere relegata in una  posizione  assolutamente  secondaria  -  alla
 stregua  di quanto ha ribadito la Corte con la citata sentenza n. 302
 del 1988, in occasione dell'esame dell'art. 12 del  d.-l.  n.  2  del
 1988   -  allo  stesso  modo  sul  piano  costituzionale  non  esiste
 possibilita' che lo Stato venga del tutto estromesso  con  privazione
 del potere di annullamento - pacificamente riconosciutogli in caso di
 provvedimento  formalmente  rilasciato  dalla regione - nella ipotesi
 (sostanzialmente  coincidente  ai  fini  della  tutela  dei   vincoli
 suddetti)  di  parere  espresso  attraverso  il  silenzio-assenso, in
 relazione al valore provvedimentale assegnato  ex  lege  al  silenzio
 nelle ipotesi minori.
   Infatti,  questo  esaminato  e'  un  tipico  caso che rientra nella
 regola, ritenuta esistente da questa Corte  in  quanto  alle  regioni
 spettano  attribuzioni  a  tutela  del paesaggio (sentenze n. 302 del
 1988 e n.  151 del 1986), secondo cui, nell'ambito del  principio  di
 cooperazione,  le competenze statali devono essere esercitate solo in
 caso di mancato esercizio di quelle regionali o in  quanto  cio'  sia
 reso  necessario  per  il  raggiungimento  dei  fini essenziali della
 tutela. Questo a  maggiore  ragione  si  impone  nelle  pur  limitate
 ipotesi  in  cui  l'inerzia  regionale  sia stata procedimentalizzata
 quanto  agli  effetti.  E,  dunque,   il   potere   di   annullamento
 ministeriale  in  siffatte  ipotesi  non  viene  riconosciuto  in via
 analogica,  attraverso  l'atto  impugnato,   come   sostenuto   dalla
 ricorrente.  E'  piuttosto  il valore di silenzio-assenso, attribuito
 all'inerzia  dell'amministrazione  in  caso  di   abusi   minori,   a
 comportare  che  la  stessa inerzia debba essere sottoposta al regime
 proprio - assoggettamento al potere ministeriale  di  annullamento  -
 dei  pareri favorevoli rilasciati dalle regioni in relazione ad abusi
 edilizi ricadenti in zona vincolata.
   3.3. - Ne' alcun pregio puo'  attribuirsi  alla  censura  sollevata
 dalla  regione Veneto per contrasto con l'art. 24 della Costituzione,
 invocato sotto  il  profilo  della  incertezza  sulla  giurisdizione,
 determinata  -  in  caso di silenzio ministeriale - dal dubbio se sia
 questo a dover essere impugnato ovvero quello serbato  dalla  regione
 in  ordine  alla richiesta di parere ex art. 32, secondo comma, della
 legge n. 47 del 1985. Al mancato esercizio del potere di annullamento
 ministeriale non puo' essere, invero,  attribuito  alcun  significato
 giuridicamente rilevante, ne' idoneita' ad essere oggetto di autonoma
 impugnativa,  non  configurandosi  nei confronti del Ministro - salvo
 che  questi  abbia  dato  inizio  di  ufficio   alla   procedura   di
 annullamento  -  un  obbligo  di provvedere alla cui inosservanza sia
 assegnato un certo valore, alla stregua  di  quanto  invece  previsto
 nelle   ipotesi   di   silenzio  della  regione.  Solo  all'eventuale
 provvedimento positivo del Ministro saranno, quindi,  applicabili  le
 regole  che  assicurano la tutela giurisdizionale nei confronti degli
 atti della pubblica amministrazione.