ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 marzo 1997 dal pretore di Napoli - sezione distaccata di Marano, iscritta al n. 608 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997; Udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che con ordinanza emessa in data 19 marzo 1997 il pretore di Napoli - sezione distaccata di Marano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 108 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilita' per il difensore designato di ufficio in assenza del codifensore di fiducia dell'imputato, di richiedere termine per la difesa"; che a parere del giudice a quo risulterebbe violato l'art. 3 della Costituzione, perche' l'evidenziata lacuna normativa determina una irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad altre situazioni analoghe, quali quella del difensore designato a norma dell'art. 97 del codice di procedura penale in caso di rinuncia del difensore di fiducia, nonche' quella del difensore d'ufficio dell'imputato nei confronti del quale si procede con il rito direttissimo; che di conseguenza violato sarebbe anche il principio sancito dall'art. 24, secondo comma della Carta fondamentale, in quanto il non aver previsto la possibilita' per il difensore designato in sostituzione di richiedere termine per la difesa, "finisce per non assicurare la possibilita' ovvero il diritto dell'imputato ad avere una difesa effettiva e non meramente simbolica". Considerato che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla identica questione sollevata dal medesimo giudice con precedente ordinanza, ha disatteso la fondatezza di simili censure (v. sentenza n. 450 del 1997), osservando che la "semplice assenza, non sorretta da un legittimo impedimento, e' istituto del tutto diverso da quello dell'abbandono della difesa, e, a maggior ragione, da quello della rinuncia", cosi' come del tutto diversa e' la figura del sostituto del difensore "da quella del nuovo difensore designato nelle ipotesi di rinuncia, revoca, incompatibilita' e abbandono di difesa"; che improprio si rivela poi l'assumere come tertium comparationis il sistema previsto per i termini a difesa nel giudizio direttissimo", trattandosi di situazione "incomparabile con quella del giudizio ordinario, che si svolge dopo che vi sono state numerose occasioni di contatto con il giudice e di conoscenza degli atti di causa sin dalla fase delle indagini preliminari"; che, infine, neppure violato e' l'art. 24 della Costituzione, in quanto il principio di effettivita' della difesa in giudizio viene ad essere adeguatamente salvaguardato "proprio perche' si conservano i diritti e le facolta' propri dell'assistenza difensiva in capo all'unico soggetto chiamato ad esercitarli: il difensore che l'imputato o l'ufficio hanno originariamente designato come tale"; che, pertanto, non essendo stati addotti argomenti nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.