ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  degli  artt.  2,  secondo
 comma,  n. 2, della legge 5 agosto 1978, n. 457 (Norme per l'edilizia
 residenziale pubblica) e 22, primo comma, lettera  e),  in  relazione
 alla  successiva  lettera  f)  ed all'art. 2, primo comma, lettera d)
 della legge Regione Lombardia  5  dicembre  1983,  n  91  (Disciplina
 dell'assegnazione   e  della  decadenza  degli  alloggi  di  edilizia
 residenziale pubblica), promossi con  n.  4  ordinanze  emesse  il  3
 ottobre 1996 dal Tar per la Lombardia rispettivamente iscritte ai nn.
 693,  694,  695  e 696 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  43,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1997.
   Visti  gli  atti  di  intervento  della  Regione  Lombardia  e  del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  7  aprile  1998  il  giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto   che   il   tribunale  amministrativo  regionale  per  la
 Lombardia, adito in quattro diversi  giudizi  per  l'annullamento  di
 altrettanti  provvedimenti  di decadenza dall'assegnazione di alloggi
 di edilizia residenziale pubblica emanati dal sindaco del  comune  di
 Milano,  con  quattro  ordinanze  del  3  ottobre  1996, di contenuto
 pressoche'  identico,  ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt.  2, secondo comma, numero 2, della legge 5
 agosto  1978,  n.  457 (Norme per l'edilizia residenziale pubblica) e
 22, primo comma, lettera e) in relazione alla successiva  lettera  f)
 ed all'art. 2, primo comma, lettera d), della legge Regione Lombardia
 5   dicembre  1983,  n.  91  (Disciplina  dell'assegnazione  e  della
 decadenza  degli  alloggi  di  edilizia  residenziale   pubblica)   e
 successive  modifiche,  in  riferimento  agli artt. 3, 115, 117 e 118
 della Costituzione;
     che, ad avviso del  Tar  rimettente,  l'art.  2,  secondo  comma,
 numero  2,  della  legge n. 457 del 1978 si pone in contrasto con gli
 artt.  115, 117 e 118 della Costituzione, in quanto attribuisce ad un
 organismo governativo il potere di fissare "principi  direttivi"  che
 vincolano  il legislatore regionale, senza stabilire criteri in grado
 di limitare ed orientare la discrezionalita'  dell'esecutivo  in  una
 materia trasferita alle regioni;
     che,  secondo  i  giudici  a quibus, la norma regionale censurata
 reca vulnus anche all'art. 3 della Costituzione, in quanto, recependo
 i  criteri  stabiliti   dal   Comitato   interministeriale   per   la
 programmazione     economica    (Cipe),    prevede    la    decadenza
 dall'assegnazione dell'alloggio  per  il  caso  di  godimento  di  un
 reddito  immobiliare  che superi una determinata soglia, diversamente
 da quanto disposto qualora l'assegnatario sia titolare di redditi  di
 natura  diversa,  nonostante  la  natura  immobiliare del reddito non
 costituisca di per se' un significativo indice di ricchezza;
     che, osserva infine il  tribunale  amministrativo  regionale,  le
 norme  regionali  violano  gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in
 quanto prevedono la decadenza anche  quando  il  reddito  non  derivi
 dalla  titolarita' di diritti reali su "alloggi" discostandosi in tal
 modo  dai  criteri  dettati  dal Cipe nella deliberazione 19 novembre
 1981, i quali esprimono, ex art. 2, secondo comma,  n.  2,  legge  n.
 457,  del  1978,  un "principio direttivo" che vincola il legislatore
 regionale;
     che il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in  tre
 dei quattro giudizi con il patrocinio  dell'Avvocatura generale dello
 Stato,  ha  chiesto,  negli  atti  di  costituzione  e  nelle memorie
 depositate in prossimita' della camera di consiglio, che la questione
 sia  dichiarata  inammissibile,  ovvero  infondata,  e  comunque  sia
 ordinata  la  restituzione degli atti, affinche' il Tar proceda ad un
 nuovo esame della rilevanza, tenendo conto  della  deliberazione  del
 Cipe del 13 marzo 1995;
     che  in  tutti  i giudizi e', altresi', intervenuto il Presidente
 della Giunta regionale della Lombardia che, negli atti di  intervento
 e  nelle memorie depositate in prossimita' della camera di consiglio,
 ha  chiesto  che   la   questione   sia   dichiarata   manifestamente
 inammissibile,  dato  che i giudici rimettenti non hanno esaminato se
 le   modifiche   introdotte   nella   disciplina   sulla    decadenza
 dall'assegnazione  degli  alloggi  di  edilizia residenziale pubblica
 influiscano sulla questione stessa e comunque  ha  insistito  perche'
 essa sia rigettata, in quanto infondata.
   Considerato  che  i  giudizi  riguardano  un'identica  questione e,
 quindi, vanno riuniti, per essere decisi contestualmente;
     che i giudici a quibus dubitano della legittimita' costituzionale
 della norma della legge regionale lombarda denunziata sostenendo che,
 in relazione ai criteri stabiliti nella  deliberazione  Cipe  del  19
 novembre  1981,  essa  si porrebbe in contrasto sotto diversi profili
 con l'art. 3 della Costituzione, nonche' con gli artt. 115, 117 e 118
 della Costituzione;
     che il Cipe, con la deliberazione 13 marzo 1995, ha dettato nuovi
 criteri  generali  per  l'assegnazione  degli  alloggi  di   edilizia
 residenziale  pubblica,  innovando  parzialmente  la  disciplina  dei
 relativi  requisiti  e  dei  casi  nei  quali   l'assegnazione   puo'
 costituire oggetto di annullamento o di revoca;
     che,  benche'  la  modificazione  dei  criteri per l'assegnazione
 degli alloggi e  per  l'adozione  dei  suddetti  atti  estintivi  sia
 intervenuta    anteriormente   alla   pronunzia   dell'ordinanza   di
 rimessione, il Tar non ha preso in esame  tale  ultima  deliberazione
 del  Cipe e, conseguentemente, non ha esplicitato se il mutamento del
 quadro di riferimento abbia  eventualmente  inciso,  ed  entro  quali
 limiti, sulla fattispecie sottoposta al suo esame;
     che  la  mancanza  di  ogni specificazione al riguardo si risolve
 nella assoluta carenza di motivazione in  ordine  alle  ragioni  che,
 secondo  i  giudici  a  quibus,  inducono  comunque a far ritenere la
 perdurante rilevanza della questione,  secondo  quanto  affermato  da
 questa Corte in fattispecie identica (ordinanza n. 402 del 1997);
     che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.