ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 10 aprile 1981, n. 142 (modifiche ad alcune norme relative alle convenzioni tra coniugi), promosso con ordinanza emessa il 10 marzo 1997 dal tribunale di Udine nel procedimento civile vertente tra Todone Mario e Vorano Armida iscrita al n. 305 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1997; Udito nella camera di consiglo del 25 marzo 1998 il giudice relatore Fernando Santosuosso. Ritenuto in fatto 1. - Il tribunale di Udine, investito della richiesta di autorizzazione al mutamento della convenzione matrimoniale stipulata da due coniugi in data 14 settembre 1977, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Il giudice a quo osserva innanzitutto che il provvedimento in questione deve ritenersi una vera e propria autorizzazione, e non soltanto una semplice omologazione delle decisioni concordate dai coniugi in relazione al regime patrimoniale della famiglia. Tanto premesso, il rimettente nota che la norma impugnata, mentre ha eliminato per l'avvenire l'obbligo di autorizzazione del giudice al mutamento delle convenzioni matrimoniali, l'ha invece mantenuto per quelle stipulate prima dell'entrata in vigore della norma stessa; tale diversita' di trattamento, introdotta sulla base del solo dato temporale, si palesa del tutto irragionevole. In punto di rilevanza il Tribunale precisa che il requisito sussiste perche' nel caso specifico si tratta di richiesta di modifica di una convenzione stipulata nel 1977, e percio' soggetta ad autorizzazione sulla base della norma sospettata di incostituzionalita'. 2. - Non si sono costituite parti private, ne' ha prestato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Udine dubita che l'art. 2 della legge 10 aprile 1981, n. 142, stabilendo il mantenimento della previa autorizzazione del giudice per il mutamento delle sole convenzioni matrimoniali stipulate prima dell'entrata in vigore della legge stessa, sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto crea un'irragionevole diversita' di trattamento tra situazioni in tutto identiche, basata esclusivamente sull'elemento temporale (data della stipulazione). 2. - La questione non e' fondata. Questa Corte ha in piu' occasioni ribadito che il legislatore, nel dettare norme transitorie, gode della piu' ampia discrezionalita', con l'unico limite costituito dal rispetto del principio di ragionevolezza (cfr. sentenze n. 168 del 1985, n. 136 del 1991 e n. 378 del 1994). Nel caso specifico, non si tratta neppure della creazione di un vero e proprio regime transitorio - la cui caratteristica e' quella di cessare ad un determinato momento - quanto della scelta del legislatore di mantenere due regimi, tra loro differenziati, sulla base dell'elemento discriminante costituito dal fatto che i rapporti siano stati posti in essere anteriormente o successivamente dall'entrata in vigore della legge n. 142 del 1981. Mentre infatti l'obbligo della preventiva autorizzazione del giudice e' stato eliminato per l'avvenire, il medesimo e' stato mantenuto soltanto per il mutamento, successivo al matrimonio, delle convenzioni stipulate prima dell'entrata in vigore della legge stessa. 3. - Siffatta scelta compiuta dal legislatore va scrutinata, secondo l'unico parametro indicato nell'ordinanza di rimessione, in base al criterio della ragionevolezza, per verificare se esistano le violazioni lamentate dal Tribunale di Udine. Ad avviso della Corte, pur essendo pacifico che il mantenimento della preventiva autorizzazione per la modifica delle precedenti convenzioni matrimoniali non ha eliminato del tutto i dubbi interpretativi che si agitavano prima dell'entrata in vigore della legge n. 142 del 1981 (dubbi che emergono anche dai lavori parlamentari), e' altrettanto sicuro che lo sdoppiamento del regime autorizzatorio previsto dalla citata legge non viola l'invocato parametro costituzionale. La norma impugnata non si limita a distinguere le due situazioni sulla base del semplice elemento diversificatore costituito dal fluire del tempo, ma, seguendo il normale criterio secondo cui le modificazioni legislative non intervengono che per l'avvenire, si fa carico di recepire gradualmente le innovazioni che la coscienza collettiva e' andata maturando nel corso degli anni. Invero la necessita' dell'autorizzazione del giudice per la modifica delle convenzioni matrimoniali trovava il proprio fondamento, culturale e sociale prima ancora che giuridico, in un determinato assetto che la famiglia italiana ha mantenuto fino ad un certo momento storico. In questo contesto il provvedimento del giudice costituiva una garanzia sia per la base economica della famiglia, sia per la tutela del coniuge piu' debole. La permanenza dell'autorizzazione per il mutamento delle convenzioni anteriormente stipulate, quindi, si giustifica anche per il principio dell'affidamento riposto dalle parti nella tendenziale immutabilita' del regime convenzionale adottato, risolvendosi cosi' in un bilanciato e corretto punto di equilibrio nel passaggio dal vecchio al nuovo regime, rispettoso dei diritti acquisiti e della graduale evoluzione della coscienza sociale in materia. 4. - Cosi' esclusa l'esistenza delle lamentate censure, la proposta questione dev'essere dichiarata non fondata.