ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 110 del decreto
 del   Presidente   della   Repubblica   22   dicembre  1986,  n.  917
 (Approvazione del testo unico delle imposte sui  redditi),  promosso,
 con  ordinanza  emessa il 19 marzo 1997, dalla Commissione tributaria
 regionale di Genova sul ricorso proposto  dalla  Direzione  Regionale
 delle entrate per la Liguria - sezione staccata di Genova - contro la
 Fondazione   Gerolamo  Gaslini,  iscritta  al  n.  553  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 febbraio 1998 il giudice
 relatore Massimo Vari;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza emessa il 19 marzo 1997 (r.o. n. 553 del  1997),
 la  Commissione  tributaria  regionale  di  Genova  - nel corso di un
 giudizio avente ad oggetto la richiesta di rimborso,  avanzata  dalla
 Fondazione  Gerolamo  Gaslini,  delle  maggiori imposte ILOR ed IRPEG
 indebitamente  versate  in  conseguenza  di  "errati  calcoli",   che
 sarebbero stati compiuti in sede di redazione della dichiarazione dei
 redditi  relativa all'anno 1989 - ha sollevato, in relazione all'art.
 3  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art.  110 del d.P.R.  22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del
 testo unico delle imposte  sui  redditi),  nella  parte  in  cui  non
 prevede la possibilita', per gli enti non commerciali, di dedurre dal
 reddito le indennita' per la perdita dell'avviamento corrisposte, per
 disposizione  di  legge,  al  conduttore, in caso di cessazione della
 locazione di immobili urbani adibiti ad  usi  diversi  da  quelli  di
 abitazione.
   2.  -  Il rimettente, premesso che ai sensi dell'art. 134, comma 2,
 del menzionato testo unico, il  reddito  dei  fabbricati  strumentali
 concessi in locazione, non suscettibili di diversa destinazione senza
 radicali  trasformazioni,  come nel caso di specie, va determinato in
 misura pari a quella del canone di locazione  ridotto  di  un  terzo,
 rileva  che  l'art. 110 del medesimo testo legislativo, nell'indicare
 gli  oneri  deducibili  dal  reddito  complessivo  degli   enti   non
 commerciali, non richiama l'art. 10, comma 1, lettera s), riguardante
 le   indennita'   per   perdita   dell'avviamento   corrisposte,  per
 disposizioni di legge, al conduttore.
   Dubita, pertanto, della legittimita'  costituzionale  del  predetto
 art.  110, per la ingiustificata disparita' di trattamento, in ordine
 alla deduzione delle spese in argomento, tra le persone fisiche e gli
 enti commerciali, da una parte,  per  i  quali  e'  ammissibile  tale
 detrazione,  ex  art.  10,  comma 1, lett. h (gia' s), e gli enti non
 commerciali, dall'altra.
   1.2. - E' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per
 chiedere che la questione venga dichiarata inammissibile per  difetto
 di rilevanza e, comunque, infondata nel merito.
   Osserva  l'Avvocatura  che  la  ricorrente  non  ha  esposto  nella
 dichiarazione  dei  redditi  l'indennita'  in   questione,   con   la
 conseguente  preclusione  ad  ottenerne  successivamente  la  chiesta
 deduzione, giusta la  consolidata  giurisprudenza  della  Cassazione,
 secondo   la   quale,  all'infuori  del  caso  dell'errore  materiale
 immediatamente riconoscibile dalla stessa dichiarazione dei  redditi,
 presupposto del rimborso e' la circostanza che i dati esposti restino
 immutati.
   Sotto   altro  profilo,  la  inammissibilita'  discenderebbe  dalla
 circostanza che tanto l'art. 10 del testo  unico  delle  imposte  sui
 redditi,  relativo  alle persone fisiche, quanto l'art. 110, relativo
 agli enti non commerciali,  pongono,  come  condizione  essenziale  e
 ineludibile  per  la deducibilita', che gli oneri sostenuti risultino
 da idonea documentazione allegata alla dichiarazione.
   Nel merito, la difesa erariale ritiene che il  confronto,  operato,
 isolatamente,  tra  la  disciplina degli oneri deducibili dettata per
 gli enti non commerciali e quella dettata per gli enti commerciali  e
 per  le persone fisiche, non tenga conto delle differenze considerate
 dal  legislatore  tributario,  in  riferimento  alla  diversa  natura
 giuridica  dei  soggetti  e  al  diverso modo di calcolare il reddito
 complessivo prodotto dagli stessi.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Con  l'ordinanza  in  epigrafe,  la  Commissione  tributaria
 regionale  di Genova solleva questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  110 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione  del
 testo  unico  delle  imposte  sui  redditi),  nella  parte in cui non
 prevede la facolta', per gli enti non commerciali,  di  dedurre,  dal
 reddito  imponibile,  le  indennita'  per  la perdita dell'avviamento
 corrisposte, per disposizione di legge, al  conduttore,  in  caso  di
 cessazione  della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi
 da quello di abitazione.
   Secondo il giudice rimettente, la predetta  disposizione  contrasta
 con   l'art.   3  della  Costituzione,  per  il  diverso  trattamento
 riservato, in violazione  del  principio  di  uguaglianza  sul  piano
 tributario,  alle  persone  fisiche nonche' agli enti commerciali, da
 una parte, per i quali e' ammissibile tale deduzione,  rispetto  agli
 enti non commerciali, dall'altra, per i quali la deduzione stessa non
 e' consentita.
   2.   -   Va   esaminata,   in  via  pregiudiziale,  l'eccezione  di
 inammissibilita' prospettata dall'Avvocatura dello  Stato,  la  quale
 sostiene l'irrilevanza della questione, risultando dall'ordinanza che
 la  ricorrente  ha  presentato  la  dichiarazione  dei  redditi senza
 indicare l'onere in questione e che,  solo  successivamente,  con  la
 richiesta  di  rimborso, ha invocato la deducibilita' dell'indennita'
 di avviamento corrisposta al conduttore.   La  richiesta  stessa  non
 potrebbe,  percio',  essere  accolta,  dal  momento  che il rimborso,
 secondo la consolidata giurisprudenza della  Cassazione,  ha  il  suo
 presupposto  nella  circostanza,  salvo il caso dell'errore materiale
 immediatamente riconoscibile dalla stessa dichiarazione dei  redditi,
 che i dati esposti restino immutati.
   Non potrebbe, inoltre, essere tralasciato il fatto che tanto l'art.
 10  del  testo  unico  delle  imposte  sui  redditi quanto l'art. 110
 pongono, come condizione essenziale, per la  deducibilita',  che  gli
 oneri risultino da idonea documentazione allegata alla dichiarazione.
   Secondo  costante  giurisprudenza,  il  controllo  che  la Corte e'
 chiamata a svolgere  sulla  valutazione  di  rilevanza  compiuta  dal
 giudice  rimettente,  nel  ritenere  di dover fare applicazione della
 norma al caso sottoposto al suo esame, consiste nella verifica di una
 ragionevole   possibilita'   che   la   disposizione  denunciata  sia
 applicabile nel giudizio a quo.   In questi  limiti,  l'eccezione  va
 disattesa,  non  potendosi  considerare implausibile il postulato dal
 quale muove il giudice tributario, facendo leva  su  un  orientamento
 giurisprudenziale   che,   contrapponendosi   a   quello   richiamato
 dall'Avvocatura, considera la rettifica della dichiarazione possibile
 fino a quando non sia divenuto definitivo il  debito  di  imposta  e,
 quindi, anche in sede contenziosa. Non diversamente, anche in tema di
 documentazione,  si  rinvengono  precedenti giurisprudenziali secondo
 cui  le  carenze  documentali,  verificatesi   in   occasione   della
 presentazione  della  dichiarazione  tributaria,  ben  possono essere
 sanate negli stessi termini di cui sopra.  Di  tale  orientamento  di
 favore,   inteso   a   superare   le  preclusioni  d'ordine  formale,
 costituisce, da ultimo, espressione, sia pure in epoca  successiva  a
 quella   della   fattispecie  oggetto  del  giudizio  principale,  la
 normativa sulla semplificazione in materia tributaria  (decreto-legge
 31 maggio 1994, n. 330, convertito, con modificazioni, nella legge 27
 luglio  1994,  n.  473),  che  ha  addirittura  abrogato  l'onere  di
 allegazione.
   3. - Ancorche' ammissibile in rito, la questione va dichiarata  non
 fondata nel merito.
   Giova,  intanto,  ribadire  il costante generale orientamento della
 giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale il legislatore  gode
 di  ampia discrezionalita' nella previsione della deducibilita' degli
 oneri ai fini della imposizione sui redditi, secondo criteri volti  a
 conciliare  -  sulla  base  di  valutazioni  politico-economiche - le
 esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino, chiamato a
 contribuire ai bisogni  della  vita  collettiva;  esigenze  non  meno
 importanti  di  quelle  della  vita  individuale (sentenze nn. 21 del
 1996, 574 del 1988,  108  del  1983,  143  e  134  del  1982  nonche'
 ordinanze nn. 26 del 1989, 52 del 1988 e 556 del 1987).
   Esaminando,  poi,  la questione dal punto di vista del principio di
 uguaglianza,  che  e'  quello  al  quale  espressamente  si  richiama
 l'ordinanza  nel  lamentare  il  deteriore trattamento degli enti qui
 considerati rispetto alle persone fisiche e agli enti commerciali, si
 tratta di verificare se tale  diversita'  di  regime  appaia  o  meno
 giustificata.  Come  gia'  altra  volta  osservato,  il  principio di
 eguaglianza, implicando un giudizio di relazione in virtu' del  quale
 a  situazioni  eguali  deve  corrispondere  l'identica  disciplina e,
 all'inverso, discipline diverse andranno a  coniugarsi  a  situazioni
 differenziate, postula una valutazione di ragionevolezza delle scelte
 operate  dal  legislatore  nell'omologare  ovvero  nel distinguere le
 varie situazioni.
   4. - Sulla base di una siffatta premessa, va considerato che l'art.
 10, lettera s) - ora lettera h) - del testo unico delle  imposte  sui
 redditi  prevede  espressamente  che,  dal  reddito complessivo delle
 persone fisiche, possa essere  dedotta,  quale  onere  personale,  la
 spesa  sostenuta dal locatore per il pagamento, in caso di cessazione
 del contratto di  locazione,  della  indennita'  per  la  perdita  di
 avviamento commerciale subita dal locatario.
   Di  consimile  vantaggio,  pur  in mancanza di espressa previsione,
 beneficiano anche coloro che siano  titolari  di  reddito  d'impresa,
 derivando   in   tal   caso  la  deducibilita'  della  indennita'  di
 avviamento, quale costo di produzione, dagli stessi principi che,  in
 base  all'art.  52 del T.U.I.R., regolano la tassazione dell'utile di
 bilancio,  a  prescindere  dalla  qualita'  giuridica  del   soggetto
 percettore;  e  cioe' sia che si tratti di persona fisica (v. art. 52
 T.U.I.R.), ovvero di persona giuridica-ente commerciale (v. art. 89 e
 art. 95, comma 1, T.U.I.R., che rinviano all'art. 52 citato),  oppure
 ancora di ente non commerciale che abbia tra i componenti del proprio
 reddito  complessivo  anche  quello  d'impresa  (v.  artt.  108 e 109
 T.U.I.R.).
   5. - Ma, ne' l'una ne' l'altra delle ricordate  situazioni  possono
 utilmente  fungere da tertium comparationis, a sostegno dell'asserita
 illegittimita' della disciplina che non prevede  la  deduzione  della
 spesa  suddetta per gli enti non economici che non svolgano anche una
 attivita' commerciale (v. art. 110 T.U.I.R.).
   Nella diversificazione posta in essere dal legislatore non e'  dato
 ravvisare,   infatti,  alcuna  irragionevolezza,  ne'  rispetto  alle
 persone fisiche, per l'evidente  fondamentale  diversita'  di  natura
 sostanziale  che non puo' non riflettersi anche nel campo tributario,
 ne' rispetto agli enti commerciali, per la peculiarita' delle  regole
 che,  come gia' ricordato, ne disciplinano la tassazione in base alle
 risultanze del bilancio. A riprova ulteriore della non comparabilita'
 delle situazioni sta, inoltre, lo specifico regime  tributario  degli
 stessi   enti   non  commerciali,  oggetto,  invero,  di  particolare
 considerazione da parte del legislatore, al fine di tener conto,  tra
 l'altro,  del  rilievo  sociale  dell'attivita'  dei  medesimi,  come
 dimostra  anche  la  normativa  di  natura   agevolativa,   contenuta
 nell'art.  6  del  d.P.R.   29 settembre 1973, n. 601, che prevede la
 riduzione dell'IRPEG a  meta'  per  gli  enti  appartenenti  a  detta
 categoria  che non abbiano fini di lucro, secondo una tendenza di cui
 e'  ulteriore  conferma  anche  il  recente  decreto  legislativo  di
 riordino  della  disciplina  tributaria  degli  stessi  enti  e delle
 organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (decreto legislativo
 4 dicembre 1997, n. 460), al fine di attuare  un  esteso  ampliamento
 delle agevolazioni fiscali.
   Occorre  soltanto  aggiungere  che  quello  in esame non e' l'unico
 esempio di trattamento differenziato, in materia di deducibilita'  di
 oneri  ai  fini  tributari,  giustificato dalla diversa situazione di
 fatto e di  diritto  nella  quale  si  trovano  i  soggetti  posti  a
 confronto,  alla  stregua  di  criteri che, in altre occasioni, hanno
 gia' portato la Corte a negare la comparabilita'  fra  le  situazioni
 concernenti:    i  redditi  delle societa' semplici rispetto a quelli
 delle altre societa'  di  persone  nonche'  a  quelli  delle  persone
 fisiche  (ordinanza n. 368 del 1987); i redditi delle persone fisiche
 rispetto  agli  utili  delle  persone  giuridiche  e  delle   imprese
 (sentenze nn. 123 e 143 del 1982 e 107 del 1971).