ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  81,  comma  4,
 del   decreto   legislativo   25  febbraio  1995,  n.77  (Ordinamento
 finanziario e contabile degli enti locali), modificato  dall'art.  21
 del   decreto  legislativo  11  giugno  1996,  n.  336  (Disposizioni
 correttive del decreto  legislativo  25  febbraio  1995,  n.  77,  in
 materia  di  ordinamento  finanziario e contabile degli enti locali),
 del combinato disposto degli artt.  81, comma 4, e 89, comma 11,  del
 decreto  legislativo  n.  77  del  1995,  e del capo VII (risanamento
 finanziario) dello stesso decreto legislativo (dall'art. 77  all'art.
 99),  promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1996 dal pretore di
 Napoli, sezione  distaccata  di  Pozzuoli,  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  la  s.a.s.  Ideal  Food di Russo Giuseppina e C.  e il
 comune di Procida, iscritta al n. 31 del registro  ordinanze  1997  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 6, prima
 serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 12 novembre 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza emessa il  2  dicembre  1996  nel  corso  di  un
 giudizio  nel  quale un creditore del comune di Procida - ottenuta la
 condanna al pagamento del debito, per capitale ed interessi sino alla
 data  di  entrata  in  vigore  del  d.-l.  17  marzo  1992,  n.   233
 (Disposizioni  urgenti in materia di finanza locale per il 1992), poi
 non convertito, che stabiliva, da un lato, la cessazione delle azioni
 esecutive nei confronti degli enti locali dissestati  e,  dall'altro,
 che  i  debiti  insoluti  non  producessero interessi e rivalutazione
 monetaria dalla data di deliberazione del dissesto - aveva chiesto la
 condanna  del  comune  al  pagamento  degli  ulteriori  interessi   e
 rivalutazione  monetaria, il pretore di Napoli, sezione distaccata di
 Pozzuoli, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale:
     a) dell'art. 81, comma 4, del  decreto  legislativo  25  febbraio
 1995,  n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali),
 modificato dall'art. 21 del decreto legislativo 11  giugno  1996,  n.
 336  (Disposizioni  correttive  del  decreto  legislativo 25 febbraio
 1995, n. 77, in materia di ordinamento finanziario e contabile  degli
 enti  locali),  il  quale  prevede  che, a decorrere dalla data della
 deliberazione di dissesto dell'ente locale  e  sino  all'approvazione
 del  rendiconto della gestione di cui all'art. 89 della stessa legge,
 i debiti insoluti non producono  interessi  e  non  sono  soggetti  a
 rivalutazione monetaria. Il giudice rimettente denuncia la violazione
 degli  artt.    2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e 113 della Costituzione, in
 relazione agli artt. 1224, 1282,  1284  e  2907  del  codice  civile,
 all'art.   55  del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (legge
 fallimentare) ed all'art.  15 della legge 4 dicembre  1956,  n.  1404
 (Soppressione  e  messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e
 di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a  vigilanza
 dello Stato e comunque interessanti la finanza statale);
     b)  degli artt. 81, comma 4, e 89, comma 11, dello stesso decreto
 legislativo n. 77 del 1995, nella parte in cui prevedono l'insolvenza
 dei comuni, e del capo VII  (risanamento  finanziario)  dello  stesso
 decreto  legislativo  (dall'art.  77 all'art. 99), che, presupponendo
 che  il  comune  possa  essere  definitivamente  insolvente  verso  i
 creditori,  lo  assoggettano ad esecuzione collettiva. Questo insieme
 di disposizioni sarebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 23, 24, 41 e
 53 della Costituzione, in relazione agli artt. 2082, 2093 e 2907  del
 codice  civile,  agli artt. 100 e 474 del codice di procedura civile,
 all'art. 1 della legge fallimentare ed all'art.  15  della  legge  n.
 1404 del 1956.
   Il  giudice  rimettente  ha  presente  che  analoghe  questioni  di
 legittimita' costituzionale della disciplina dei crediti insoluti nei
 confronti di enti locali  dissestati,  in  precedenza  sollevate  con
 riferimento  all'art.  21 del d.-l. 18 gennaio 1993, n. 8, sono state
 dichiarate non fondate (sentenze n. 155  e  n.  242  del  1994),  sul
 presupposto  che  la  disposizione  allora denunciata si limitasse ad
 escludere l'opponibilita' della rivalutazione e degli interessi  alla
 procedura avviata con la dichiarazione di dissesto, lasciando integra
 la facolta' dei creditori di azionare i diritti accessori del credito
 nei  confronti  dell'ente  pubblico,  una  volta  cessato lo stato di
 dissesto. Ma lo stesso giudice ritiene che l'art. 81,  comma  4,  del
 decreto  legislativo  n.  77  del  1995,  stabilendo  che interessi e
 rivalutazione per i crediti  insoluti  non  maturano  dalla  data  di
 delibera  del  dissesto sino all'approvazione del rendiconto previsto
 dall'art. 89, farebbe sorgere  nuovamente  i  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale in precedenza proposti e giudicati non fondati.
   Ad avviso del giudice rimettente, la nuova disciplina comprimerebbe
 definitivamente  il  diritto  di  credito che, una volta ammesso alla
 massa passiva, se non soddisfatto non potrebbe comunque  essere  piu'
 esercitato  nei confronti del comune dopo che sia cessato lo stato di
 dissesto. Questo trattamento deteriore rispetto ai creditori di altri
 soggetti, privati o pubblici, non sarebbe giustificato: ne' la natura
 pubblica del debitore  ne'  lo  stato  di  dissesto  potrebbero  dare
 legittimo  fondamento ad una disciplina restrittiva e derogatoria per
 gli accessori del credito, che sarebbe invece imposta dall'art.   81.
 Questa  disposizione  bloccherebbe  gli interessi e la rivalutazione,
 imponendo ai creditori un sacrificio patrimoniale che non subiscono i
 creditori degli enti locali non dissestati e quelli di altri soggetti
 pubblici o privati. Ne risulterebbero tra l'altro violati, ad  avviso
 del  giudice  rimettente,  i  principi  di solidarieta', di capacita'
 contributiva e di eguaglianza sostanziale  (rispettivamente  art.  2,
 art.  53  e  art.  3  della Costituzione). Difatti l'inadempimento da
 parte della pubblica amministrazione costituirebbe un illecito  e  la
 norma  che  lo consente violerebbe garanzie della persona e l'obbligo
 di rimuovere gli ostacoli che ne impediscono lo sviluppo.
   Il giudice rimettente ritiene, inoltre, che  l'art.  81,  comma  4,
 combinandosi  con l'art. 89, comma 11, del decreto legislativo n.  77
 del 1995, che non  consente  l'ammissione  al  passivo  di  ulteriori
 crediti  dopo  l'approvazione del piano di estinzione, determinerebbe
 l'"azzeramento" dei diritti di credito non soddisfatti a seguito  del
 riparto,  prefigurando  una definitiva ed illogica inadempienza della
 pubblica amministrazione, in contrasto con  le  norme  costituzionali
 indicate   come   parametro   per   il   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale.  Il vizio di legittimita'  costituzionale  colpirebbe
 l'intero  complesso  di  norme  sul  risanamento  degli  enti  locali
 dissestati (artt. 77  -  99),  venendo  posta  in  dubbio  la  stessa
 assoggettabilita'   dell'ente   locale  ad  un'esecuzione  collettiva
 fondata sul  presupposto  dell'insolvenza  definitiva  anche  se  nei
 confronti di uno solo dei creditori.
   2.  -  E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  le  questioni  di legittimita' costituzionale
 siano dichiarate inammissibili o infondate nel merito.
   L'Avvocatura  rileva,  in  una  memoria  depositata  in prossimita'
 dell'udienza, che la disciplina legislativa intende dare soluzione al
 grave  problema  della  crisi  finanziaria  degli  enti  locali   che
 presentino    un    elevatissimo    indebitamento    non   altrimenti
 fronteggiabile. La disciplina speciale e' diretta al  risanamento  in
 gravi   situazioni  di  dissesto,  contemperando  gli  interessi  dei
 creditori   e   quelli   dell'ente   locale,   che   deve   garantire
 l'assolvimento  delle  funzioni  indispensabili  e  necessarie per la
 collettivita' che rappresenta.
   Il risanamento della gestione finanziaria viene ottenuto eliminando
 l'indebitamento, mediante il soddisfacimento dei creditori per  mezzo
 di  tutte  le  risorse  a  disposizione dell'ente e con l'aiuto di un
 mutuo a totale carico dello Stato. Inoltre si interviene sulle  cause
 che  hanno  determinato  il  dissesto,  ponendosi  le  condizioni per
 consolidare nel tempo l'equilibrio tra risorse  disponibili  e  spese
 per le funzioni da esercitare.
   Un  organo  straordinario di liquidazione provvede alla rilevazione
 dei debiti e ad elaborare un piano per la  loro  estinzione.  In  tal
 modo si attua una procedura concorsuale, nel suo complessivo impianto
 ritenuta  costituzionalmente  legittima (sentenze n. 149 e n. 155 del
 1994), che non danneggia ma tutela maggiormente i creditori,  perche'
 nella  massa  attiva  rientra  anche  un  mutuo a totale carico dello
 Stato.  Questa procedura soddisfacerebbe i creditori in termini  piu'
 favorevoli delle normali procedure esecutive individuali, che vengono
 estinte per confluire nella procedura concorsuale.
   Il  blocco  degli  interessi  e  della  rivalutazione monetaria dei
 debiti, per il periodo del risanamento, avrebbe una finalita'  e  una
 giustificazione comuni a quelle della procedura fallimentare (art. 55
 del  regio  decreto  n. 267 del 1942); esso non configurerebbe alcuna
 cristallizzazione dei crediti, in  quanto,  come  anche  e'  previsto
 dalla  legge  fallimentare  (art.  120),  i creditori riacquistano il
 proprio  diritto  di  azione  una  volta  chiusa  la   procedura   di
 risanamento.
   L'Avvocatura  ritiene  che  i dubbi di legittimita' costituzionale,
 gia' giudicati non fondati in riferimento all'abrogato  art.  21  del
 d.-l.  n.  8  del  1993  (sentenza  n.  242 del 1994), non sussistano
 neppure in riferimento all'art. 81 del decreto legislativo n. 77  del
 1995,  ispirato  allo  stesso principio. Le due norme non determinano
 una  definitiva  cristallizzazione  dei  crediti,  ma  prevedono  che
 nell'ambito  della  procedura di risanamento e' sospesa la decorrenza
 degli interessi,  si'  da  determinare  con  certezza  e  in  maniera
 definitiva  la  massa  passiva. Anche l'art. 81, comma 4, del decreto
 legislativo n. 77 del 1995 non esclude, difatti,  il  maturare  degli
 interessi  e  della  rivalutazione successivamente all'apertura della
 procedura, ma si limita ad  escludere  la  loro  ammissibilita'  alla
 massa  passiva,  rimanendo integra la facolta' del creditore, cessata
 la  speciale  procedura,  di  azionare  tali  diritti  nei  confronti
 dell'ente pubblico.
   Egualmente   infondata  sarebbe  la  censura  mossa  nei  confronti
 dell'art.  89, comma 11, del decreto legislativo n. 77 del 1995.
   Non vi sarebbe alcuna disposizione che  impedisca  ai  titolari  di
 crediti   non   ammessi,   in   quanto  tardivi,  alla  procedura  di
 risanamento, di poter chiedere la soddisfazione dei propri  interessi
 nei  confronti  dell'ente allorche' sia cessato lo stato di dissesto.
 La limitazione prevista dalla norma denunciata e', difatti,  operante
 unicamente  ai  fini  della  procedura  concorsuale,  che  deve avere
 precisi termini iniziali e finali ed e' destinata  al  riparto  della
 massa attiva.
   Infondate  sarebbero anche, ad avviso dell'Avvocatura, le generiche
 censure mosse agli artt. 77-99 del  decreto  legislativo  n.  77  del
 1995,  prospettando  un  possibile  stato di insolvibilita' dell'ente
 dissestato. Difatti, se al  momento  della  chiusura  della  speciale
 procedura   di  liquidazione  risultino  insoluti  parte  dei  debiti
 ammessi, questi,  cessato  il  dissesto,  vengono  onorati  dall'ente
 locale.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale investono la
 disciplina del risanamento degli enti locali  in  stato  di  dissesto
 finanziario,  dettata dal decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77
 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali).
   Il pretore di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, dubita che:
     a) l'art. 81, comma 4, del decreto legislativo  n.  77  del  1995
 (come modificato dall'art. 21 del decreto legislativo 11 giugno 1996,
 n.  336)  -  il  quale prevede che, dalla data della deliberazione di
 dissesto dell'ente locale  e  sino  all'approvazione  del  rendiconto
 della  gestione  dell'organo  straordinario  di  liquidazione  di cui
 all'art.  89 dello stesso decreto legislativo, i debiti insoluti  non
 producono  interessi  e non sono soggetti a rivalutazione monetaria -
 sia in contrasto con gli artt. 2, 3, 23, 24, 41, 53, 97 e  113  della
 Costituzione;
     b)  gli  artt.  81, comma 4, e 89, comma 11, dello stesso decreto
 legislativo n. 77 del 1995, nella parte in cui prevedono l'insolvenza
 del comune nel pagamento di un debito, e  il  capo  VII  (risanamento
 finanziario)  dello stesso decreto legislativo (dall'art. 77 all'art.
 99), che assoggetta il comune  ad  esecuzione  collettiva,  siano  in
 contrasto con gli artt. 2, 3, 23, 24, 41 e 53 della Costituzione.
   2.  -  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono  tutte
 prospettate sul presupposto interpretativo che, con la  dichiarazione
 di  dissesto  finanziario  di  un  ente locale, i crediti vantati nei
 confronti dell'ente non producano interessi e non siano piu' soggetti
 ad oneri accessori.
   Analoghe  questioni  erano  gia'  state  sollevate  in  riferimento
 all'art.    21  del d.-l. 18 gennaio 1993, n. 8, che allo stesso modo
 prevedeva, in deroga ad ogni altra disposizione, che dalla data della
 dichiarazione di dissesto i debiti  insoluti  non  producessero  piu'
 interessi,  rivalutazione  monetaria  ed  altro.  Ma  le questioni di
 legittimita'  costituzionale  sono  state   giudicate   non   fondate
 (sentenze  n.  149, n. 155 e n. 242 del 1994), perche' era erroneo il
 presupposto  interpretativo  della  pretesa   cristallizzazione   dei
 crediti,  il  blocco  della  rivalutazione  e degli interessi essendo
 destinato ad  operare  solo  in  pendenza  della  speciale  procedura
 concorsuale,   la   quale,   superate   ed  assorbite  le  esecuzioni
 individuali, e' diretta a soddisfare i crediti, posti in  parita'  di
 condizioni,   attraverso  il  riparto  dell'attivo  tra  i  creditori
 ammessi.
   Diversamente dall'opinione  gia'  allora  manifestata  dal  giudice
 rimettente,  si  e'  ritenuto  che  la  disposizione  denunciata  non
 escludesse il maturare sia della rivalutazione  che  degli  interessi
 anche  dopo  che  la  procedura  di liquidazione collettiva era stata
 iniziata,  ma si limitasse ad escludere che gli accessori del credito
 sorti  successivamente  alla  dichiarazione   di   dissesto   fossero
 opponibili  alla procedura stessa venendo ammessi alla massa passiva,
 mentre rimaneva integra la facolta' per i creditori di azionare  tali
 diritti  nei  confronti dell'ente pubblico una volta cessato lo stato
 di dissesto  ed  esaurita  la  procedura  di  gestione  straordinaria
 (sentenza n. 242 del 1994).
   Le  medesime considerazioni valgono ora per l'art. 81, comma 4, del
 decreto legislativo n. 77 del 1995, il cui contenuto non si  discosta
 sostanzialmente  dalla  disciplina precedente. Difatti la novita' del
 testo di  tale  disposizione,  rispetto  a  quello  dell'art.  21  in
 precedenza  considerato, non consiste certo nello stabilire che dalla
 data di  dichiarazione  del  dissesto  i  debiti  insoluti  non  sono
 soggetti  a  rivalutazione  e  interessi,  ma  nella precisazione del
 termine finale, "sino all'approvazione del rendiconto" della gestione
 dell'organo straordinario di liquidazione prevista dall'art. 89 dello
 stesso decreto legislativo.
   L'Avvocatura dello Stato ritiene  che  la  nuova  disposizione  sia
 soltanto piu' precisa e dettagliata della precedente, individuando la
 sospensione  nello  spazio  temporale  occupato  dalla  procedura  di
 risanamento, e cio'  sempre  al  fine  di  determinare  con  certezza
 nell'ambito  di  tale procedura la massa passiva. In definitiva, come
 in  precedenza,  rivalutazione  ed  interessi   maturerebbero   anche
 successivamente  all'apertura  della  procedura,  ma rimarrebbero non
 opponibili ad essa ed esclusi  dall'ammissione  alla  massa  passiva,
 restando  integra  la facolta' del creditore di azionare tali diritti
 nei confronti del comune, esaurita la gestione straordinaria.
   Questa  interpretazione,  compatibile  con  il  testo  normativo  e
 coerente con i principi delle procedure concorsuali, non si presta ai
 dubbi  di  legittimita' costituzionale sollevati e deve dunque essere
 preferita dal giudice nell'individuare il contenuto  normativo  della
 legge  della  quale  deve fare applicazione (cfr. sentenze n. 149 del
 1994 e n.  361 del 1995).
   Le medesime considerazioni valgono per i profili di  illegittimita'
 costituzionale  prospettati in riferimento alle richieste relative ad
 ulteriori crediti nei confronti dell'ente, che non sono ammesse  dopo
 l'approvazione  del  piano  di  estinzione  (artt. 81, comma 4, e 89,
 comma 11). La norma,  in  coerenza  con  le  caratteristiche  di  una
 procedura  concorsuale,  ha  la  finalita'  di determinare in maniera
 certa e definitiva, rispetto alla procedura,  la  massa  passiva,  in
 modo da consentire il pagamento, totale o parziale, dei debiti con la
 massa  attiva.  Ma questo non implica la "estinzione" dei crediti non
 ammessi o residui, i quali, conclusa la  procedura  di  liquidazione,
 potranno essere fatti valere nei confronti dell'ente risanato.
   3.   -   Egualmente  infondata  e'  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale che investe il complesso di disposizioni (artt. da  77
 a  99),  unitariamente  considerate,  che  prevedono  la procedura di
 risanamento degli enti locali mediante la liquidazione  straordinaria
 in caso di dissesto (capo VII del decreto legislativo n. 77 del 1995,
 modificato  dal  decreto  legislativo  n.  336  del 1996). I dubbi di
 legittimita' costituzionale sono basati sull'inesatto presupposto che
 la procedura stessa determini non solo  la  liquidazione  concorsuale
 della massa passiva, ma anche la definitiva estinzione dei crediti, o
 della  parte  di  essi,  rimasti  insoddisfatti. Ma, come esattamente
 rileva l'Avvocatura dello Stato, non e'  questa  la  finalita'  della
 liquidazione  straordinaria  in caso di dissesto dell'ente locale ne'
 questi ne sono gli effetti. Con tale istituto si intende per un verso
 procedere al risanamento  finanziario  dell'ente  locale,  per  altro
 verso  far  fronte  ai  suoi debiti anche con risorse aggiuntive, che
 derivano da un apposito mutuo a carico  dello  Stato,  attivando  una
 procedura  concorsuale  intesa  a realizzare la parita' di condizioni
 tra i creditori.