ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della regione Lombardia  notificato
 il  26  aprile  1997  depositato  in cancelleria il 30 successivo per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito   dell'ordinanza   del
 Ministero   della  sanita',  prot.    n.  600.8./VET/24436/AG/12/635,
 recante "Norme transitorie per la identificazione degli animali della
 specie   bovina   e   bufalina"  nonche'  del  telegramma,  prot.  n.
 600.8./VET/24486/12/AG/578 del direttore  generale  del  Dipartimento
 alimentazione,   nutrizione   e   sanita'  pubblica  veterinaria  del
 Ministero della sanita' ed iscritto al n. 27  del  registro  confitti
 1997.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il giudice relatore
 Riccardo Chieppa;
   Uditi l'avvocato Giuseppe Ferrari per la regione Lombardia.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso notificato il 26 aprile 1997 e  depositato  il  30
 successivo,   la   regione   Lombardia   ha  sollevato  conflitto  di
 attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all'ordinanza del
 Ministero della sanita'    prot.  n.  600.8/VEET/24436/AG/12/635  (26
 febbraio  1997)  intitolata "Norme transitorie per la identificazione
 degli animali della specie bovina e bufalina" pervenuta alla  regione
 il  27  febbraio  1997,  e  alla  nota  telegrafica 21 febbraio 1997,
 pervenuta  il  24  febbraio,  a  firma  del  direttore  generale  del
 Dipartimento  alimentazione  nutrizione  sanita' pubblica veterinaria
 del Ministero della sanita'.
   La ricorrente sottolinea che con d.P.R.  30  aprile  1996,  n.  317
 (Regolamento   recante   norme   per   l'attuazione  della  direttiva
 92/102/CEE relativa all'identificazione e  alla  registrazione  degli
 animali)  e'  stato  disciplinato  il  sistema  di  identificazione e
 registrazione degli animali della specie bovina e bufalina.
   In particolare l'art. 4 del regolamento prevede che per il  tramite
 dell'apposizione  di  marchio  da  parte  dell'azienda  di origine si
 identifichino gli animali delle specie anzidette.
   La disciplina di dettaglio, attuativa  del  regolamento,  e'  stata
 adottata  con  circolare del 14 agosto 1996, n. 11, denominata "Norme
 tecniche di indirizzo per l'applicazione del decreto  del  Presidente
 della Repubblica 30 aprile 1996, n. 317".
   La   circolare,   oltre  a  dettare  ulteriori  prescrizioni  sulla
 punzonatura e marca auricolare, da' vita ad un regime transitorio che
 consente,  fino  all'attuazione  del  sistema  di  identificazione  a
 regime,  la protrazione del sistema vigente al fine di perseguire "il
 contemperamento delle esigenze  della  nuova  disciplina  con  prassi
 preesistenti ed esigenze locali".
   La   regione  ricorrente  sottolinea  come,  nonostante  l'astratta
 invasivita' della descritta normativa, abbia consapevolmente prestato
 acquiescenza,  fidando  nella  "ragionevole  attuazione  della  nuova
 normativa".
   Di  contro,  con  gli atti impugnati, il Ministero della sanita' ha
 fissato il termine ultimo di utilizzazione del sistema di punzonatura
 al 31 dicembre 1997, prescrivendo una serie  di  modalita'  esecutive
 fra  le  quali spicca quella di acquistare i marchi auricolari presso
 l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G.
 Caporale" di Teramo, che viene qualificato come centro di  referenza,
 con il quale i servizi veterinari regionali si dovrebbero rapportare,
 concordando  con  esso, oltre con l'AIMA e il Ministero, le modalita'
 tecniche e la frequenza della trasmissione dei dati.
   L'impugnazione  e'  affidata  ad  un unico motivo, articolato nella
 violazione: degli artt. 11, 97, 117, 118 e  119  della  Costituzione;
 del  d.P.R.  30  aprile  1996,  n. 317 (Regolamento recante norme per
 l'attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa alla identificazione
 e alla registrazione degli animali); del d.lgs. 24  luglio  1992,  n.
 358  (t.u.  delle  disposizioni  in  materia  di  appalti pubblici di
 forniture, in attuazione  delle  direttive  72/62/CEE,  80/767/CEE  e
 88/295/CEE) e di precedenti atti di indirizzo e coordinamento.
   L'argomento  di  fondo  da cui muovono le censure e' che l'utilizzo
 delle marche a punzonatura per il  bestiame  bovino  per  un  periodo
 transitorio previamente non determinato veniva incontro ad un duplice
 e  concorrente  ordine  di esigenze: da un lato, consentiva che, fino
 all'adozione del sistema di identificazione  a  regime,  le  regioni,
 modulando   la   scansione   dei  tempi  tecnici  di  adeguamento  in
 conformita'  alle  realta'  socioeconomiche  locali,   si   vedessero
 riconosciuta  l'attribuzione  del  potere di fissare autonomamente la
 cessazione del regime transitorio; dall'altro, che il  sistema  della
 punzonatura,  con  oneri  economici  minimi  e di semplice esecuzione
 anche per le piccole aziende, avesse ancora margine  di  operativita'
 almeno  nei  termini  e  modalita'  di cui agli atti normativi emessi
 dallo stesso Ministero della sanita', qualificabili, essi  si',  come
 atti di indirizzo e coordinamento.
   D'altra  parte,  secondo  la  ricorrente, l'ingente onere economico
 connesso all'acquisto diretto e alla  distribuzione  da  parte  delle
 Aziende-USL  del  materiale  da  utilizzare dagli allevatori, oltre a
 scontrarsi sul piano  della  coerenza  con  l'avvertita  esigenza  di
 ridurre  i  costi  a  carico  del  fondo  sanitario, impone spese non
 debitamente  autorizzate,  perseguendo  una  logica  di   centralismo
 amministrativo non giustificata.
   Da  ultimo,  rileva  la  regione che l'approvvigionamento presso un
 unico  fornitore,  individuato  con  atto  amministrativo,  senza  il
 rispetto  della  previa  procedura  di  evidenza  pubblica,  viene in
 contrasto con  i  principi  di  fonte  comunitaria  sulla  necessaria
 intermediazione della gara pubblica per le pubbliche forniture di cui
 al d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358.
   2.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
 giudizio  chiedendo  che  il ricorso venga dichiarato inammissibile o
 infondato.
   La difesa erariale ha dedotto  preliminarmente  che  il  denunciato
 conflitto,   per   la   natura  delle  norme  assunte  a  termine  di
 riferimento, non attinge il livello di costituzionalita' proprio  del
 sindacato  esercitato  dalla  Corte:  trattasi di violazioni di norme
 secondarie,  contenute  nel  d.P.R.  n.  317  del  1996   riguardanti
 attivita' tecniche.
   Del  resto, secondo l'Avvocatura, gli atti impugnati non sono altro
 che  la  coerente  esecuzione  di  disposizioni  contenute  nel  gia'
 richiamato  regolamento,  la  cui  finalita' era quella di assicurare
 "l'osservanza di prioritarie misure sanitarie in materia di  malattie
 animali",  in  adempimento  di  specifici  obblighi  comunitari dello
 Stato. Alla medesima stregua  gia'  la  circolare  n.  11  dava  vita
 espressamente  ad  un  regime  transitorio;  di  talche'  la  mancata
 impugnazione di tali  disposizioni,  oltre  a  rendere  evidente  che
 l'esercizio  del  potere  e'  ricompreso nelle attribuzioni spettanti
 allo  Stato,  non  giustificherebbe  sul  piano  logico-giuridico  il
 ricorso avverso misure  attuative,  strumentali  all'operativita'  di
 disposizioni non contestate quanto alla titolarita' del potere.
   Nel  merito,  a  giudizio della resistente, la scelta dell'Istituto
 zooprofilattico   sperimentale   dell'Abruzzo   e   Molise    sarebbe
 espressione  di  discrezionalita'  amministrativa  sugli  standard di
 professionalita',  rimessa  alla   valutazione   dell'amministrazione
 centrale;   mentre   eventuali   costi  aggiuntivi,  lamentati  dalla
 ricorrente, oltre a trovare giustificazione  nell'interesse  pubblico
 prevalente  ad  un  sollecito e sicuro controllo veterinario, possono
 essere fronteggiati attingendo alla  provvista  del  fondo  sanitario
 regionale, la cui gestione e' indistinta.
   3.   -   Nell'imminenza   dell'udienza  la  regione  ricorrente  ha
 controdedotto alla memoria dell'Avvocatura, precisando che  gli  atti
 impugnati  si  configurano sostanzialmente come atti di esercizio del
 potere di indirizzo e coordinamento  privi  dei  necessari  requisiti
 formali  (approvazione  con delibera del Presidente del Consiglio dei
 Ministri),   nonche'   "dell'imprescindibile   fondamento   primario"
 (sentenze n. 45 del 1993; n. 486 del 1992). D'altra parte, a giudizio
 della   ricorrente,   anche  accedendo  all'interpretazione  proposta
 dall'Avvocatura,  si   giunge   ugualmente   alla   declaratoria   di
 invasivita'  degli  atti impugnati:  se ritenuti atti amministrativi,
 difettano  del  necessario  referente  normativo  che   espressamente
 conferisca tale potere.
   In  ordine  alla  questione  afferente  la mancata impugnazione del
 regolamento n. 317 del 1996 e della circolare, costituenti  gli  atti
 prodromici di quelli impugnati, la regione richiama la giurisprudenza
 della   Corte,  contraria  all'indirizzo  sostenuto  dall'Avvocatura,
 laddove ha precisato termini e limiti del conflitto  di  attribuzione
 avente  ad  oggetto  atti  preceduti da altri provvedimenti normativi
 presupposti (sentenza n. 215 del 1996).
                        Considerato in diritto
   1. - La questione sottoposta all'esame della Corte  ha  ad  oggetto
 l'ordinanza  del  Ministero  della  sanita'  datata 26 febbraio 1997,
 riguardante. "Norme transitorie per l'identificazione  degli  animali
 della  specie bovina e bufalina", nonche' la nota telegrafica a firma
 del direttore  generale  del  Dipartimento  alimentazione  nutrizione
 sanita'  pubblica veterinaria del Ministero della sanita', spedita il
 21  febbraio  1997,  nella  parte  in  cui  stabiliscono  il  termine
 perentorio  di cessazione del regime transitorio, di cui al d.P.R. n.
 317 del 1996, di identificazione con  il  sistema  della  punzonatura
 delle  specie  bovine, al 31 dicembre 1997, imponendo oneri economici
 alla regione al fine  di  adeguarsi  al  regime  definitivo,  con  la
 contestuale previsione di un fornitore.
   In  particolare  la  regione ricorrente lamenta la violazione degli
 artt. 11, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, in quanto  gli  atti
 impugnati  esautorerebbero  la  potesta'  normativa ed amministrativa
 della  regione,  il  cui  esercizio  si  renderebbe  necessario   per
 salvaguardare  le  esigenze  delle  aziende  locali in funzione delle
 quali il regime transitorio era diretto; nonche' del d.P.R. 30 aprile
 1996,  n.   317,   che,   prevedendo   un   regime   transitorio   di
 identificazione  delle  specie bovine senza la fissazione del termine
 ad quem di  cessazione,  consentiva  l'esercizio  delle  attribuzioni
 regionali in materia.
   Inoltre  la regione denuncia la violazione del t.u. n. 358 del 1992
 dal  momento  che  la  prescrizione   dell'Istituto   zooprofilattico
 sperimentale  dell'Abruzzo e del Molise, quale unico centro abilitato
 alla fornitura, verrebbe a porsi  in  contrasto,  oltre  che  con  la
 normativa  comunitaria  recepita nel t.u. anzidetto, che prescrive la
 procedura di gara per le forniture pubbliche, con le disposizioni che
 disciplinano l'evidenza pubblica in ambito contrattuale e, da ultimo,
 con gli atti di indirizzo  e  coordinamento  anteriori  che  facevano
 salva la residuale competenza della regione in materia.
   2.  -  Preliminarmente deve escludersi la fondatezza del profilo di
 inammissibilita' del  ricorso  proposto  dalla  difesa  dello  Stato,
 relativo   alla  mancata  impugnazione  dei  provvedimenti  normativi
 presupposti, in quanto, alla luce  dell'indirizzo  delineato  con  le
 sentenze  n.   215 del 1996 e n. 472 del 1995, la pretesa lesione non
 puo' farsi risalire alle  norme  presupposte,  alle  quali  gli  atti
 impugnati  danno attuazione ed esecuzione ulteriore con svolgimento e
 completamento  certamente  autonomo,  non  potendo  gli  stessi  atti
 impugnati configurarsi - per i profili denunciati - come atti di mera
 e necessaria esecuzione.
   Peraltro  deve  escludersi  che  gli  atti impugnati siano idonei a
 comportare una lesione della sfera di  competenza  costituzionalmente
 assegnata  alla  regione (ed e' questo nella specie il profilo che in
 ipotesi  legittimerebbe  la   proposizione   di   un   conflitto   di
 attribuzione da parte della regione stessa), in quanto essi non hanno
 il  contenuto lesivo configurato nel ricorso, essendo suscettibili di
 interpretazione conforme a Costituzione, tale da rendere la norma non
 invasiva della sfera di competenza regionale.
   Ed infatti non  e'  configurabile  negli  atti  impugnati  ne'  una
 prescrizione   di  avvalersi  in  via  esclusiva  di  un  determinato
 Istituto, ne' un onere aggiuntivo finanziario a carico  del  servizio
 sanitario regionale.
   Giova al riguardo chiarire che, in attuazione di un preciso obbligo
 discendente   dalla   direttiva  92/102/CEE,  e'  stata  dettata  una
 disciplina (d.P.R. 30 aprile  1996,  n.  317)  della  identificazione
 degli  animali  attraverso  un meccanismo di apposizione di marchio a
 cura e spese  dell'azienda  di  origine.  Tale  sistema  appare,  con
 particolare  riferimento alla specie bovina e bufalina, circondato da
 apposite garanzie, che assicurano l'osservanza di prioritarie  misure
 sanitarie,  in  adempimento  di  obblighi  comunitari dello Stato. La
 disciplina di dettaglio e' stata, poi, adottata con la  circolare  n.
 11  del  14 agosto 1996, che ha, tra l'altro, dato vita ad una regime
 transitorio che ha consentito la protrazione del sistema  previgente.
 La  individuazione  del  termine  di durata di tale regime non poteva
 certamente essere affidata ad un intervento  delle  singole  regioni,
 dovendo,  invece,  sia  il  sistema  transitorio,  sia  la  dilazione
 dell'entrata  a  pieno  vigore  delle  modalita'  di  identificazione
 definitive,  cessare  - contestualmente alla disponibilita' dei nuovi
 strumenti  identificativi  -  in  maniera  uniforme  per   tutto   il
 territorio  nazionale con atto statale, allo stesso modo in cui erano
 stati pacificamente introdotti con atti dello Stato.
   La scelta dell'Istituto zooprofilattico sperimentale  dell'Abruzzo,
 basata  principalmente sulle "difficolta' incontrate da alcune unita'
 sanitarie", ha carattere meramente indicativo, per quanto riguarda la
 fornitura dei marchi auricolari, di un istituto in grado di  offrire,
 tempestivamente ed in via del tutto transitoria, gli strumenti di cui
 si  tratta  secondo  gli  standards  richiesti,  nell'ambito  di  una
 collaborazione tra Stato e  regioni,  restando  queste  (e  cosi'  le
 Aziende-USL) libere di provvedere direttamente anche attraverso altri
 canali o diversi fornitori di prodotti con identiche caratteristiche,
 come  del  resto  risultava evidente dalla espressa previsione che il
 centro avrebbe provveduto in via transitoria "alla fornitura alle USL
 che facciano richiesta" dei marchi auricolari.
   D'altro canto il centro di  referenza  nazionale  identificato  nel
 centro   operativo  veterinario  di  epidemiologia  programmazione  e
 informazione, attivato presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale
 dell'Abruzzo G. Caporale di Teramo, era stato precedentemente oggetto
 di  una  scelta  organizzativa  statale  effettuata  con  un  decreto
 ministeriale  risalente al 2 novembre 1991, richiamato nelle premesse
 dell'ordinanza impugnata del 26 febbraio 1997.
   Di conseguenza, il profilo della censura relativo alla  indicazione
 di  un unico istituto attiene alla scelta, effettuata dallo Stato, di
 un organo incaricato della funzione di centro di referenza nazionale,
 come  interfaccia  statale  di  carattere  tecnico  ed   informativo,
 nell'ambito  di  competenze tecniche unitarie esclusivamente statali,
 per cui rimane estraneo all'ambito di un  conflitto  di  attribuzione
 tra  Stato  e  regione,  non  potendo interferire la scelta di cui si
 tratta nella sfera di competenza regionale, ne' comunque  menomare  o
 invadere  l'autonomia  regionale:  detta  scelta  ha semplicemente il
 valore     di      conferma      dell'individuazione      dell'organo
 tecnico-amministrativo  affidatario  di  attribuzioni  statali,  come
 esercizio di  mera  attivita'  di  organizzazione  nell'ambito  delle
 attribuzioni   stesse,   in   materia   non   riservata   ad   organi
 costituzionalmente rilevanti in funzione di garanzia dei rapporti tra
 Stato e regioni.
   Ne' puo' ritenersi idonea  a  ledere  la  sfera  costituzionalmente
 garantita  alla  regione  la  previsione delle modalita' di invio dei
 dati all'Istituto, individuato come banca dati  del  Ministero  della
 sanita',  in  quanto  le stesse "modalita' tecniche e la frequenza di
 trasmissione" erano affidate ad una leale collaborazione  tra  organi
 regionali ed organo statale, dovendo essere "concordate" per espressa
 previsione.
   D'altro  canto,  l'eventuale  inosservanza  di  tale  procedura non
 costituisce  certamente  vizio  addebitabile  all'atto  impugnato  in
 questa  sede,  ma  alla  successiva attuazione di esso, attraverso la
 ulteriore attivita'  tecnico-amministrativa,  restando,  estranea  al
 presente conflitto di attribuzione.
   Pertanto,  sotto ogni profilo, il proposto ricorso per conflitto di
 attribuzione e' inammissibile.